UN CIOCCOLATINO PER ANNA JARVIS

La “festa della mamma” è celebrata in moltissimi paesi del mondo. L’hanno inventata gli americani, ma la sua prima versione non ebbe molto successo, si chiamava Mother Day For Peace, e fu proposta al congresso alla fine dell’800 da Julia Ward, una attivista per i diritti umani – cosa rara per una donna nell’America sciovinista di fine 800 – famosa per la sua vanità. La giornata della madre fu elaborato dalla Ward, precursore del movimento pacifista e abolizionista, come un atto di riflessione politica-sociale contro la guerra e come una riflessione sulla condizione della donna. La madre, simbolo della generazione e della vita, la donna che con il suo sforzo generava, contrapposto all’idiozia dei conflitti che negava la vita e ciò che la vita produceva. La guerra, atto puramente maschile che era anche guerra sociale, con la figura femminile relegata al ruolo più o meno di schiava nell’America, ma anche in tutto il mondo, di fine 800. Naturalmente la Ward ha potuto arrivare a queste conclusioni e a portarle nell’ambito politico sociale americano del tempo grazie al suo status: newyorkese, figlia di un banchiere di Wall Street e di una poetessa, poetessa a sua volta, le se aprivano porte – e quindi accesso alla consapevolezza – che per la maggior parte delle sue coetanee restavano chiuse a tripla mandata. Sia come sia, il progetto fu un fallimento. L’estabilishment americano, al tempo, ci stava prendendo gusto con i soldatini di carne da mandare al macello e piaceva un sacco a tutti lasciare le donne a casa a sfornare figli. Qualche anno più tardi diedero comunque un piccolo contentino alla causa, ma mettendoci dentro un buona dose di sentimentalismo, cosa che piaceva tanto all’american spirit del tempo. Poi successe quello che succede sempre in questi casi e che succede pure ora: commercio e apologia della famiglia. E dire che, qualche decennio prima della Ward – le cui idee, a onor del vero, soffrivano un po’ di velleitarismo – un’altra attivista americana, Ann Reeves Jarvis una tipa veramente tosta e dalla quale la stessa Ward prese i concetti, ebbe la coraggiosa idea di proporre una giornata di lutto per tutte le madre che avevano perso i figli in guerra. Ann spese molto tempo della sua vita a mettere assieme donne praticamente analfabete e sottomesse per cercare di migliorare le indecenti condizioni igieniche della working class dell’epoca, sopratutto in relazione alla mortalità infantile. La figlia di Ann, Anna Jarvis, sempre tenendo ben presente questi concetti, alla morte della madre, organizzò il primo Mother’s Day a livello nazionale, il 10 maggio 1908. Lo fece con l’intenzione di sottolineare l’importanza di un rapporto intimo con la propria madre. Un momento di riflessione sulla vita e sulla trasmissioni di saperi tra madre e figlia (sopratutto) e tra madre e figlio. Il singolo che si interfaccia con il singolo che l’ha generato, al di là di ogni convenzione sociale. Quindi questa donna, figlia di una coraggiosa attivista per i diritti umani, riuscì nell’impresa impossibile di far mettere a nudo gli americani senza sentimentalisti patetici? Certo che no. Il successo iniziale di questa festa si trasformò ben presto in un business. Il commercio, sfruttando la sensibilità verso la lacrima (il ricordo della madre morta – in realtà assolutamente funzionale ad un discorso più profondo per Anna Jarvis) ufficializzò 5 anni dopo la festa. La festa della mamma, divenne “feste delle mamme”, non più una cosa “intima”, ma generica. La madre divenne mamma, divenne categoria commerciale. Anna Jarvis non ebbe figli e morì combattendo fino all’ultimo respiro contro la commercializzazione della sua idea.
I commercianti di fiori e di cioccolatini cominciarono a leccarsi i baffi e se li stanno ancora leccando. Ancora adesso, anche se, a causa della crisi, le povere mamme mangiano meno cioccolatini, questa festa è ancora un business da svariati milioni di euro. Fioristi e produttori di bigne, di spumanti e di cioccolata un po di festa la fanno ancora. I maschi si ricordano che la mamma gli puliva il culetto e poi, da grandi, stirava le loro camice nella classica famiglia italiana; le donne mettono via un po’ di rancore atavico verso le loro genitrici, i mariti guardano con orgoglio grembi gonfi e compagne che hanno generato la loro prole. La festa delle mamme, appunto, dove tutti entrano, anche i detrattori, anche chi se ne fotte. In Italia, poi, c’è naturalmente anche la solita religione cattolica. Istituzionalizzata negli anni ’50 da un senatore ex partigiano e antifascista (sic!) Raul Zaccari, in collaborazione con Giacomo Pallanca, allora presidente dell’Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia, la festa mostrò per questo, fin da subito il suo aspetto commerciale. Quando vogliono gli italiani sono molto pratici e negli affari di bottega mica devono chiedere niente a nessuno. Zaccari era anche cattolico e propose la cosa alla chiesa italiana la quale, in un batter d’occhio mise l’accento per celebrare la mamma non dal punto di vista biologico ma prettamente religioso. D’altra parte Maria Vergine era un testimonial perfetto per la cosa. E il tutto funziona ancora adesso.

Aprile 2024

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