SAMMY BASSO. L’EPICA DELLE PICCOLE COSE

Sammy Basso nel corso degli anni è diventato un esempio, un modello, un simbolo, verrebbe da dire “un influencer” se non fosse che il termine non sappiamo bene cosa davvero voglia dire. Il punto è che Sammy ha messo a disposizione del prossimo la sua esperienza di vita, fornendo una sorta di specchio attraverso il quale sondare e pesare valori e significati. Ma quando si riduce (sarebbe meglio dire eleva) ad icona una persona, ci si dimentica spesso che è pur sempre un essere umano con le sue passioni, i suoi sogni, le sue debolezze e la sua intima delicatezza. In una recente intervista, ha detto che il senso della vita è “fare la differenza”. Di certo ci sono molte cose che in lui hanno fatto la differenza, e ne “Il viaggio di Sammy” se ne vedono tante. Il concetto di viaggio si sposa bene alla sua avventura, che tale è la sua vita, in quanto catalogo di avvenimenti, susseguirsi di somme di incontri, scoperte, conquiste. Come nel viaggio dei viaggi, l’Odissea, che è una serie di peripezie, avventure e disgrazie, di una vita travagliata ma unica, eccezionale ed eroica. Ecco, l’eroismo, tema fondante dell’epica, Sammy lo conosce bene, perché lo vive talmente ogni giorno che ormai non ci fa quasi più caso. E di eroi è ovviamente colmo il suo libro “Antenorea– il consigliere di Priamo” (Ronzani Editore).

Sammy, come nasce l’amore per Omero?

Iliade e Odissea mi piacciono fin da piccolo, da quando alle medie iniziai a studiarle. Io ero già un appassionato di Tolkien e nella mia mente immaginavo questi personaggi che si scontrano e battagliano e il fatto che ci fossero degli Dei molto umani che ne fanno una per colore a me entusiasmava. Dopo, crescendo, da una parte ho capito che il mito è una summa di tanti valori e pensieri che l’uomo antico portava dentro e che poi sono gli stessi dubbi e le stesse domande e le stesse certezze, anche se poche, dell’uomo di oggi. E in ogni caso io sono ossessionato dalla storia dei popoli in generale quindi quelle storie per me sono davvero il massimo.

Achei o troiani?

Senza nessun dubbio il tifo è per i troiani perché mitologicamente sono i nostri progenitori e poi perché mi piace stare dalla parte dei vinti anche se non hanno sempre ragione. Essere dalla parte dei deboli va bene, ci mancherebbe, ma non vuol dire abbiano sempre tutti gli aspetti positivi. I troiani sono stati sconfitti con l’inganno perché in guerra capita e da buon italiano tifo per loro.

Esiste un eroismo nella vita di ogni giorno, una sorta di epica anche nelle piccole cose, sei d’accordo?

Assolutamente. L’epica delle piccole cose esiste perché l’epica è legata molto all’interiorità e racconta storie che scavano nel profondo. Si parla sempre di eroi ma gli antichi stessi sapevano che gli eroi, di fatto, non esistono e non esiste nemmeno il bene totale. Guarda Achille per esempio: era eroe ma tutt’altro che eroico.

Il concetto di guerra descritto nel tuo libro è certamente molto affascinante ma oggi, con guerre strazianti anche qui in Europa, come ti approcci tu da uomo a questi dolori?

Io mi reputo fortunato a non aver vissuto mai guerre come queste, che ci toccano da molto vicino, però ho provato ad immedesimarmi con chi le sta vivendo e col mio libro voglio anche dare un messaggio che può fare del bene visto che si parla di guerra ma viene nominata più volte la pace. A volte mi chiedo: se io fossi in guerra perché dai piani alti mi ordinano di farla, cosa farei? Come mi comporterei? Cos’è diverso tra obbedire e fare quello che è giusto? Probabilmente nessuno è innocente, siamo solo più fortunati. Evidente rimane il fatto che ogni uomo ha una coscienza e devi capire sempre dov’è il confine. Quando penso alla “banalità del male” descritta dalla Arendt vedo questi soldati in guerra, oggi, che fanno festa perché hanno ammazzato un ucraino ad esempio e ti chiedi: come fanno? Non hanno alternative, questo è il punto, sono soldati in guerra che devono sopravvivere e festeggiano le vittorie anche se sono costate carissimo. Si fa presto a parlare dal divano. La complessità della guerra è enorme, infinita. Io mi chiedo cosa voglia dire la parola pace. E’ assenza di guerra o è qualcosa di più? Si parla di cessate il fuoco ora per Ucraina e Palestina. Ok, è una cosa buona ovviamente ma ben lungi da dire che sia la soluzione del problema. In guerra fai delle scelte che non saranno mai giuste o sbagliate del tutto perché portano a far morire della gente. Girala come vuoi, da vincitore o da vinto, la guerra è una tragedia.

Il protagonista del tuo libro (che avrà due seguiti, a partire dal prossimo ottobre) è, fin dal titolo, Antenore. Cosa ci ha lasciato visto che noi veneti siamo tutti figli suoi?

Di Antenore e del suo viaggio il mito non ne parla. Sappiamo che arriva in Veneto e fonda Padova e la stirpe dei veneti. Cosa ci è rimasto? Si dice fosse un consigliere e una persona onesta. Era per la pace e contro la guerra con gli Achei ma allo stesso tempo faceva cosa era giusto fare per Troia. I veneti si sono sempre sentiti discendenti di Antenore soprattutto in antichità, i romani ci riconoscevano fratelli per questo motivo e Venezia si definiva la continuità di Roma. Apollo conferiva il dono del buon senso ad Antenore e a pensarci bene noi siamo in effetti un popolo di pragmatici. A me piacerebbe fossimo però qualcosa anche oltre a questo.

Quali sono i pregi e difetti nostri secondo te?

Pregio dei veneti è proprio il buon senso, se c’è una cosa da fare la si fa. Ma questo, per assurdo, è anche il nostro difetto, perché pensiamo più alle cose pratiche che alle ideali e abbiamo poco pensiero strutturato nel futuro.

Tu quanto ti senti veneto?

Io mi sento cento per cento veneto anche se mi riconosco parte di tanti popoli perché da appassionato di storia e di dna ho fatto studi sulla mia famiglia, ma sono veneto, parlo in veneto, penso in veneto e il mio modo di fare è veneto, non è meglio o peggio ma mi ha definito. Anche nel modo di lavorare, di fare le robe sempre in ambito inclusivo perché facciamo parte di una moltitudine.

Mia curiosità. Nel tuo viaggio in America hai conosciuto uno dei miei miti: Matt Groening. Com’è stato?

Allora abbiamo un mito in comune! Matt Groening è una persona fantastica. Solitamente è molto schivo e non si fa nemmeno fotografare però mi aveva visto fare il first pitch (la cerimonia del primo lancio negli incontri di baseball) invitato dai Saint Luis Cardinals e quando ha saputo che sarei stato in visita agli studi della Fox è arrivato. Mi ha fatto vedere come nascono i Simpsons con gente pluri laureata ad Harvard che ha cibo spazzatura sul tavolo e mangiano e bevono mentre creano questi capolavori. Mi ha poi fatto firmare un poster dove tutti coloro che hanno prestato la propria immagine o voce alla serie lasciano l’autografo. Io sono tra Lady Gaga e Micheal Jackson!!

Vivere a Villaga

Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna.

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