Basilica Agorà d’arte

Quel che si trova in Basilica Palladiana fino al 4 febbraio non è una mostra, o almeno non lo è nel senso classico del termine. Intorno alle opere di Caravaggio, Van Dyck e Sassolino, si è costruito un vero progetto culturale, un’opportunità unica di visita consapevole calata in un concetto, quello del tempo, la cui complessità è da sempre oggetto di studi e riflessioni filosofiche e scientifiche. Non è una novità. Altri luoghi hanno ospitato esposizioni anche solo di UN quadro, per attirare l’attenzione su un particolare dipinto molto famoso che, reso unico protagonista e con i riflettori dell’attenzione sol per sé, diventava così naturale strumento di marketing perfetto per il turismo culturale. Ma qui abbiamo qualcosa di più complesso e più profondo e dai significati (e usi) multipli.

Innanzitutto la declinazione tematica. Nel “San Girolamo” di Caravaggio, il dipinto si divide in due grandi campi di colore, che rappresentano la vita e la morte, il passato e il presente. Caravaggio descrive Girolamo come un anziano curvo sui libri delle Sacre Scritture, così ci appare più uno studioso che un penitente eremita quale fu. L’uomo infatti è concentrato nel suo lavoro di spiegazione critica del testo biblico, al fine di comprenderne a fondo il significato e divulgarlo a tutti i fedeli. La testa di San Girolamo, intenta alla lettura e all’interpretazione, si oppone simbolicamente alla vanità dei beni terreni, rappresentata dal teschio.

A fianco “Le quattro età dell’uomo” di Anton Van Dyck, dove il passare degli anni viene fermato sulla tela. Il soggetto del dipinto è facilmente riconoscibile: il bambino dormiente simboleggia l’infanzia, mentre la maturità e la giovinezza sono rappresentate da un vigoroso uomo armato e da una giovane donna che si rivolge a lui porgendo con gesto seducente delle rose; l’uomo curvo e canuto alle loro spalle è simbolo invece della vecchiaia. I due quadri, ci parlano del tempo, di quello che conserviamo studiandolo, di quello che cresciamo, di quello che ci ricorda come tutto sia destinato a terminare. Nella loro perfetta estetica e nel loro drammatico equilibrio, sono porte aperte sullo sgomento dell’essere destinati alla morte ma la riflessione vera che pongono è invece sulla vita, sul tempo che ci passa accanto e dentro. Già, perché esiste soprattutto il tempo percepito, quello emotivo e la terza, strepitosa opera, esposta in Basilica chiude il cerchio, anche simbolicamente.

Già unire lavori distanti di secoli è un lavoro sul tempo e sull’arte nel tempo, avere poi scelto questo capolavoro di Sassolino è probabilmente il vero valore aggiunto di questa operazione culturale. Il cerchio rosso che si muove lentamente e trattiene il colore ma non completamente, visto che a terra cadono copiose gocce materiche che poi vengono riposte l’indomani sull’opera, è la summa della filosofia della mostra. Quando si esce e si torna in Piazza dei Signori, i commenti vanno quasi tutti principalmente su “No Memory Without Loss”. Il tempo scorre, e con esso i ricordi, i fatti, le persone, che poi mutano o si perdono ma tutto e tutti rimangono per forza nel giro eterno dell’esistenza che non concede tregua.

Questa è la differenza tra progetto culturale e una mostra spot. Qui si delinea una visione e gli incontri/conferenze che sviluppano il tema dal punto di vista filosofico, storico, musicale, sono intelligentissime aggiunte che diventano una sorta di breve “corso di laurea” sul senso del tempo. Ecco che la Basilica così diventa agorà elevata, una seconda piazza, in cui si studia, si sviluppano relazioni, si vive una dimensione intima ed intellettuale. Poter andare gratuitamente a visitare la mostra e a partecipare alle conferenze è un regalo all’animo. Poter passare il tempo anche solo ad immergersi nei meandri sintattici delle opere esposte è puro otium, che poi era il sublime passare “il tempo” dei latini. Questa mostra/non mostra, ripensa la Basilica, e diventa esempio per il futuro. A volte bastano le idee.

P.S. perdonate la pubblicità diretta ma vi invitiamo alla conferenza del 12 gennaio alle ore 18, che si intitola Il tempo nella musica: misura, scansione, battito vitale e sarà curata da chi vi scrive.

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