Per il secondo anno “Relazionésimo” è stato protagonista in città. Dopo la fiera, è toccato alla Basilica Palladiana. Due luoghi fondamentali e simbolici. Uno per il commercio e l’industria, per quell’oro che è simbolo tangibile ed intangibile della produttività cittadina, e l’altro per la storia, per le arti, per l’eterno palladiano e per essere centro fisico e intellettuale. E per il secondo anno si vociferava in città su questa oscura manifestazione, poco compresa ma ben visibile. La domanda era: ma che cos’è Relazionésimo? E la risposta, quasi sempre, conteneva in sé un dubbio, e recitava più o meno così: è un contenitore ma non ha contenuti. Ora che la mostra in Basilica chiude, vogliamo provare a raccontarla col senno del poi, per vedere se quel che si mormora ha diritto di pensiero.
Iniziamo dalle basi. La cartella stampa spiega il progetto a monte così: “Relazionésimo è un progetto d’impresa che esprime l’esigenza di armonia, equilibrio e bellezza nella complessità contemporanea. È la risposta al rischio di una disumanizzazione della vita delle persone e delle organizzazioni a fronte della quale s’intende avviare un nuovo agire sociale, culturale ed economico che affermi l’importanza delle relazioni come motore di sviluppo trasversale a tutte le sfere dell’attività umana. Lo scopo è stimolare concretamente la nascita di un «movimento umano, culturale ed economico, che affermi l’importanza delle relazioni come modello ispiratore e educativo del “vivere felici””. In sostanza il tema è: le relazioni sono a serio rischio ma dalle relazioni dipende tutto, però l’uomo non è più al centro e quindi, torniamo alle relazioni! Nulla di trascendentale. Però c’è un però. E si chiama “declinazione”. Infatti anche il solo concetto di “fare rete” è strabusato e ormai un cliché, ma rimane vivo perché, a Vicenza in special modo, non diventa mai realtà. Quindi la questione della pretestuosità dell’oggetto tematico, viene subito a mancare. In teoria esporre nei modi più eterogenei una visione di arte, lavoro e scienza, sviluppate dalla forza delle relazioni e di un mondo interconnesso e quindi con l’essere umano in risalto, può essere una vetrina di collaborazioni e possibilità. Ma in pratica?
Al centro della mostra, o almeno di una parte della mostra, vi è la figura di Luca Pacioli. Lasciato in ombra dagli altri grandi della sua epoca, Luca Pacioli fu in realtà una delle menti più brillanti e famose del Rinascimento: studiò con Piero della Francesca, conobbe il Bramante e insegnò a Leonardo da Vinci. La sua opera più famosa, la De Divina Proportione, è stata il best seller che ha contribuito a diffondere in Europa le applicazioni della sezione aurea che vediamo esplicitate (o nascoste) nei più celebri capolavori del Rinascimento. Si da il caso che quest’opera sia conservata qui, in Biblioteca Bertoliana. Pacioli fu un esempio tra i più limpidi dell’uomo rinascimentale. In lui, pitagorismo, platonismo e teologia coesistono in modo perfetto. Tutti i saperi sono connessi fra loro, non esistono speculazioni fini a sé stesse: ogni elemento è utile a comprendere l’architettura divina di cui l’uomo è pilastro fondante. Evidente come, in questo, sia perfetto testimonial per Relazionésimo. Il frate toscano inventò anche un carattere tipografico, il “Pacioli” appunto ma fu anche il padre della partita doppia, il metodo di tenuta delle scritture contabili, che si chiama così perché prevede che ogni operazione venga registrata due volte. Fosse stata una grande mostra su Pacioli sarebbe stata sicuramente molto interessante. Ma forse non abbiamo abbastanza documenti per un’intera esposizione su di lui o forse non rientrava nell’idea di Ombretta Zulian e Ketty Panni (madri di Relazionésimo) e del curatore Rolando Bellini, che hanno invece (come già in fiera l’anno scorso) proposto un’insieme di aspetti e riflessioni in modo da rendere la complessità e la vastità delle forme di relazione, con il risultato di voler forse troppo e di stringere forse poco.
L’obbiettivo di base è sicuramente divulgativo. Far riflettere le persone su aspetti del quotidiano e sulla natura, sulla matematica, la geometria, l’economia. Ma il progetto tutto pare un grande campionario di idee, senza una precisa direzione. Esempio ne è la presenza di Michelangelo Pistoletto. Il pittore e sculture, autore dei “Quadri Specchianti”, porta in mostra il “Terzo Paradiso”, sorta di “manifesto” del suo pensiero, che rappresenta un simbolo in cui il primo paradiso è la natura, il secondo il mondo artificiale e il terzo la sintesi tra i due, ovvero la possibilità di un mondo in cui la natura e la tecnologia possono coesistere in equilibrio. Si tratta di una rielaborazione del segno matematico dell’infinito. Inoltre Pistoletto è stato “scelto” per quanto fatto a Biella, con Cittadellarte. Anche qui, tecnica al servizio dello sviluppo, speculazione filosofica atta a cambiare le prospettive. Dietro l’angolo arriva il moderno troppo moderno e il pubblico è chiaramente invitato a farsi un selfie e rendere il tutto instagrammabile. In mezzo alcuni video a modo loro “disturbanti” che giocano con i concetti di “armonia” e distruzione della stessa. Un bignami di buoni propositi che la cartella stampa definisce “un viaggio iniziatico che, toccando temi e spunti classici – dalla sezione aurea alle proporzioni – li rende attuali nella forma dell’esperienza estetica”.
Un plauso convinto va al progetto di Gabbiani & Associati per l’allestimento e in particolare a Marcella Gabbiani. Molto bello il lavoro grafico di Davide Librellotto. Non c’è che dire, l’abito è elegante, centrato, attrattivo. Tutto ci porta a pensare che Relazionésimo andrà avanti e che l’obiettivo di unire impresa, scienza, arte e filosofia, sarà esposto in nuove forme. Il dubbio iniziale rimane però, perché se è verissimo che le relazioni sono da difendere, è altrettanto vero che nelle relazioni dovrebbero fluire contenuti che “portino a terra” quel che aleggia nel mondo delle idee.