Mancano nuovi artigiani. Un grido d’allarme che sempre più spesso viene lanciato dalle categorie d’impresa. Nel Veneto che pure è terra tradizionalmente di artigiani e di piccolissime imprese, i giovani non vogliono fare i falegnami, gli elettricisti, gli idraulici, i saldatori, i manutentori. Non parliamo di fare i muratori. Preferiscono altre strade per realizzarsi.
Di questo problema ne hanno parlato recentemente ad un convegno nella marca trevigiana.
Dati su dati. Per capire in sintesi che nel Veneto da un lato ci sono molti sessantenni che escono dal mondo del lavoro e vanno in pensione con livelli bassi di istruzione, spesso solo con la terza media. Contemporaneamente c’è un numero (inferiore di un terzo) di ventenni che tentano di entrare nel mondo del lavoro con lauree e specialistiche non richieste e faticano a trovare una collocazione. Comunque quando (e se) trovano lavoro sono male retribuiti ed hanno contratti precari.
Nel mezzo ci sono le aziende che cercano invano operai con specializzazione e artigiani che non trovano collaboratori.
Una volta la tuta blu era un obiettivo ambito da molte famiglie, oggi lavorare come operaio è considerato una sorta di insuccesso sociale.
Recentemente l’Unione Artigiani di Treviso ha organizzato un corso di qualche mese per 10 saldatori che garantiva l’assunzione a tempo indeterminato e, dicono, ben retribuito. Solo 4 ragazzi, peraltro tutti di origine straniera, si sono iscritti. Di questi solo 2 hanno finito il corso.
I giovani si sentono attratti da lauree che poi difficilmente riescono a utilizzare e a trasformare in professione. L’orientamento nelle scuole superiori forse non funziona, forse le famiglie spingono verso l’Università per orgoglio, forse i giovani si fanno prendere da corsi di laurea che fanno sognare.
Il risultato è che, sommando l’inverno demografico a specializzazioni universitarie fuori del contesto socio economico, le imprese non trovano addetti ed i giovani non trovano lavoro. Un cortocircuito assurdo. Pericoloso. Frustrante.
Ridare una dignità culturale e sociale ai lavori manuali sarebbe un esercizio necessario per evitare di perdere una generazione di ragazzi e di far scappare le aziende in giro per il mondo alla ricerca di addetti.
A chiedere una politica migratoria controllata non è tanto la sinistra ideologica che tanti criminalizzano, ma il mondo dell’impresa e dell’economia. Questo magari sembra un’altra storia, ma invece è un capitolo dello stesso libro che racconta le emergenze italiane.