ESSERE STAGISTA OGGI

Che abbia ragione Beppe Severgnini quando dice che l’Italia è una Repubblica fondata sullo stage? Lo stage come pratica lavorativa ha una storia che risale a diversi secoli fa, sebbene il concetto moderno sia emerso nel corso del XX secolo. Nel Medioevo, gli apprendisti venivano spesso impiegati in botteghe artigiane per apprendere un mestiere specifico. Questa forma di apprendistato può essere considerata una delle prime incarnazioni dello stage, sebbene fosse più lunga e strutturata rispetto agli stage moderni. Tuttavia, il concetto moderno di stage si è sviluppato principalmente nel corso del XX secolo, con l’aumento dell’industrializzazione e della specializzazione del lavoro. Durante la seconda metà del XX secolo, le università e le aziende hanno iniziato a collaborare per offrire opportunità agli studenti di acquisire esperienza pratica nel campo dei loro studi. Questo ha portato alla diffusione degli stage come parte integrante dell’istruzione superiore e dello sviluppo professionale. Negli ultimi decenni, gli stage sono diventati sempre più comuni in molti settori, non solo nelle professioni tecniche e scientifiche, ma anche in ambiti come il business, il giornalismo, le arti e il settore pubblico. Le organizzazioni vedono gli stage come un modo per reclutare nuovi talenti, offrendo agli stagisti l’opportunità di mettere in pratica le loro competenze e di valutare il loro adattamento all’ambiente lavorativo. Tuttavia, c’è stato anche un dibattito su questioni come la retribuzione degli stage, la loro equità e la loro efficacia nel fornire un’esperienza formativa significativa.

L’universo “stage” è complesso e in un palese momento di crisi. Stefano Dal Pra Caputo, ricercatore sociale e consigliere comunale di maggioranza a Vicenza, ha studiato a fondo la situazione e ha finito per pubblicare il libro “Non chiamatelo stage!” in cui apre una riflessione sugli stage extracurriculari a distanza di oltre 25 anni dalla loro introduzione. “Uno stage non è un contratto di lavoro – ci dice Stefano – e qui c’è un primo elemento su cui tanti si confondono, lo stage non è un contratto a tempo determinato o indeterminato e nemmeno una forma di apprendistato che prevede diritti come malattia e ferie. Lo stage è un rapporto formativo. Allo stagista viene dato un rimborso spese che è davvero minimo e varia da regione a regione. Da noi in Veneto è sui 450 euro per il full time e 350 per il part time. Il rimborso tiene conto di tutto, non hai altro. Esistono comunque varie tipologie: stage curriculare, che è più legato al periodo formativo (diploma o percorso universitario) o stage extracurriculare che di fatto è aperto a tutti al di là di titolo di studio e di età e può essere svolto in quasi tutti i settori in un tempo delimitato dalla legge. Un vicentino che ha fatto per 40 anni il barista, ad esempio, può intraprendere un nuovo lavoro attraverso lo stage extracurriculare”.

Fu Tiziano Treu (governo Prodi, 1997) con la legge che porta il suo nome, a provare a far dialogare meglio il mercato del lavoro con la formazione. I propositi erano buoni ma il punto debole, a distanza di 27 anni, è che in molti casi lo stage non diventa poi posto di lavoro. Ma c’è un ulteriore aspetto ancor più negativo. Ed è quello che avviene quando lo stagista va a sostituire altri lavoratori dipendenti nel lavoro che svolgevano. “Ci sono aziende che utilizzano lo stage per formare una persona e tenerla poi in organico con contratto di apprendistato – prosegue Dal Pra Caputo – ma in moltissimi casi, in settori come ristorazione o turismo, gli stagisti di fatto sono sostituzioni di lavoratori dipendenti. Il tasso di conversione in questi settori è molto basso. Se nell’industria si parla di un 30% nei servizi scendiamo al 10%”. Vuol dire che di 100 persone che fanno uno stage extracurriculare, solo 10 vengono assunte dall’azienda stessa.

Il vicentino nel 2023 ha avuto 5 mila stagisti. Un dato in diminuzione e questo in parte è un bene perché vuol dire teoricamente che le aziende utilizzano meno gli stage e assumono di più, anche perché c’è carenza di dipendenti. Inoltre da parte dei giovani sembra ci sia una maggiore consapevolezza che li fa magari contrattare singolarmente con l’azienda per volere di più dello stage. Per Stefano Dal Pra Caputo però “chi si lamenta ha ragione e questo si spiega facilmente con i dati demografici. Col centro studi CISL Vicenza abbiamo dimostrato che nei prossimi 15 anni mancheranno 50 mila lavoratori in provincia perché c’è una fascia di gente tra i 53 e i 68 anni che tra 15 anni andrà in pensione e c’è una quota molto più bassa che oggi ha tra i 3 e i 18 anni che tra 15 anni avrà tra i 18 e i 33. I giovani quindi hanno più potere di scelta anche individuale e possono di fatto scegliere tra un lavoro che gli chiede i weekend e gli porta in tasca uno stipendio medio o basso e un lavoro che, anche a parità di denaro, gli dà più libertà. L’altro tema vero è che in alcuni particolari settori le retribuzioni sono basse. La pandemia inoltre ha cambiato la percezione di alcuni lavori e del fattore tempo e ha accelerato dinamiche già in essere. Il paradosso è che negli ultimi 15 anni si è passati da una legge che liberalizzava in toto le aperture domenicali a una situazione odierna in cui il mercato si è autoregolamentato e i supermercati fanno fatica a trovare personale alla domenica. In futuro sarà sempre più importante trovare il “giusto equilibrio” per garantire i servizi da un lato e dall’altro garantire le nuove esigenze di chi lavora.”.

Rispetto alla legge Treu, che era buona e aveva un senso nel ’97, oggi il mercato del lavoro è completamente cambiato a livello demografico e anche in termini di sensibilità. La mentalità un tempo era “più lavoro meglio sto” ora no. E domani? “Innanzitutto bisognerebbe intervenire sugli abusi – chiude Stefano – e si deve fare sempre di più e incentivare l’apprendistato che è un contratto a tutti gli effetti e che prevede uno sgravio importante per l’azienda a cui allo scadere segue contratto a tempo indeterminato”. Alla fine si parla pur sempre di esperienza che, come diceva Camus, è qualcosa che non puoi creare ma sei costretto a subire. Quindi almeno auguriamoci se ne possa trarre un briciolo di saggezza.

Stefano Dal Pra Caputo

Aprile 2024

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