Si è parlato molto nei giorni scorsi della mancata festa in piazza la sera del 31. Unica città capoluogo in Veneto a non offrire intrattenimento per la fine dell’anno. Poco male, qualcuno avrà pensato, almeno ci si risparmia il caos notturno e si evitano orde di ubriachi. In realtà dietro ad un semplice vuoto organizzativo, vi è la metafora di una città che non sa che veste darsi. Placida canonica assonnata e quindi in cui non far troppo rumore o progetto di un futuro universitario e moderno in cui anche far festa deve essere norma? La Vicenza “da bere” è solo quella dei tanti bar o è anche quella di uno spirito nuovo, di una città più giovane e attiva? Non sembri un quesito banale e capzioso: una comunità si riconosce da come convive, da come interpreta la visione d’assieme del vivere comune. Se si parla di innovazione, di nuove biblioteche intelligenti, di polo universitario, di investimenti in cultura a sottolineare le “invenzioni” che migliorano il mondo, diventa stridente il silenzio del 31 dicembre, perché si manifesta come metafora della reale situazione cittadina. Quel che è successo riguarda la politica e quindi non accalora troppo. Mera questione contabile e probabile disattenzione e incuria. Una brutta figura, sia chiaro. Però ci fosse anche stata la festa non è che questi ragionamenti sarebbero mutati. Il capoluogo è meno vivo della sua provincia. Meno di Thiene dove si teneva una vigilia festante, meno di Bassano, meno dell’altipiano, e non sono i soliti luoghi comuni. Si vada a vedere dove si suona più dal vivo, dove sono più aperti gli spazi culturali, dove ci sia più interazione tra gli under 30 e le dinamiche territoriali. Cosa vuole essere Vicenza? Chiediamocelo, e ce lo chiederemo spesso in questo 2023. Intanto il giorno dopo cambia l’anno ma non l’andazzo, e a spiegarcelo bene arriva una lettera alla nostra redazione che pubblichiamo così come ci è giunta. Buon anno, e auguri.
“Gentile ViCult, vi scrivo amareggiata e un po’ arrabbiata. Sono a Vicenza con le mie nipoti, entrambe molto piccole e in passeggino. Stamattina passeggiata noiosa in centro, non c’è niente da fare , é tutto chiuso tranne la mostra degli Egizi e vabbè’, é il primo gennaio. Penso di raggiungere i giardini Salvi e… sono chiusi! Questo pomeriggio raggiungo il Parco Querini… ed e’ chiuso anche quello. Non c’è un parchetto giochi, non c’è niente… torno in Piazza dei Signori, dove mia nipote son tre giorni che si arrampica sulla statua di Ramses. Mi sembra che negare una passeggiata al parco ai propri cittadini e ai turisti non sia una mossa intelligente. Già son chiusi i musei civici e il teatro olimpico e già ieri non si è fatto nulla per le tante famiglie che avrebbero trovato più che confortante finire l’anno in piazza. Peccato davvero. Una papabile capitale della cultura in teoria dovrebbe essere altra cosa…”
Francesca L.