Il Santuario di Monte Berico dedica una mostra a Gueri da Santomio, al battesimo Bortolo Guerrino Grendene (1915-1991), la cui arte emozionò intere generazioni di vicentini, abituate a incontrarlo per strada mentre lavorava “en plein air”, nel tentativo di cogliere scorci del centro storico con pennellate rapide e cariche di sentimento.
“Colori dell’anima” è promossa dalla comunità dei Servi di Maria di Monte Berico, con il patrocinio del Consiglio regionale del Veneto, del Comune e della Provincia di Vicenza e dell’associazione Amici dei Musei di Vicenza. Si avvale inoltre della collaborazione con il Cenacolo Poeti Vicentini le Pro Loco Santomio di Malo, del Centro Storico di Vicenza e di Arcugnano. Il progetto espositivo è a cura di Agata Keran, di padre Attilio Carrella e di padre Roberto Cocco, in collaborazione con Chiara Grendene.
La serata inaugurale della mostra, ad accesso libero fino ad esaurimento posti e con l’obbligo di green pass, si svolgerà giovedì 18 novembre alle 20 nell’ambiente della Penitenzieria. Interverranno padre Attilio Carrella e Agata Keran, curatori del percorso espositivo realizzato in collaborazione con Chiara Grendene, figlia dell’artista, che parlerà del percorso umano e artistico del padre. A questo racconto in grado di restituire il calore del sentimento che pervade le opere di Gueri, si aggiungono le riflessioni di Mario Bagnara, presidente associazione Amici dei Musei di Vicenza e lo scrittore Davide Sacco, che hanno avuto modo di conoscere da vicino e dialogare “a tu per tu” con l’artista.Il Cenacolo Poeti Vicentini – a cui il pittore era assai legato – ha preparato per la serata un omaggio letterario in sua memoria. In seguito, il pubblico sarà invitato a visitare in anteprima la mostra allestita nella vicina Sala Sette Santi Fondatori, dove potrà vedere una quarantina di opere (disegni, dipinti e testimonianze fotografiche) provenienti principalmente dalla collezione Grendene, a cui si uniscono altre custodite nella raccolta d’arte di Monte Berico e in una collezione privata, alcune di queste esposte per la prima volta.
La mostra sarà aperta da sabato 20 novembre a mercoledì 8 dicembre nei seguenti giorni e orari: ogni sabato e domenica e mercoledì 8 dicembre, dalle 8 alle 12 e dalle 15.30 alle 19. Le visite, su prenotazione, sono previste ogni domenica alle 16, ma possono essere attivate su richiesta anche in altri giorni. Informazioni: Biblioteca Berica – bibliotecamberico@gmail.com – 0444.559411 (centralino)
UN COLORE CHE DONA IL SORRISO E SUBLIMA IL DOLORE
di Agata Keran (storica d’arte e curatrice della mostra)
Nel panorama della cultura vicentina del periodo, il neoimpressionista Gueri da Santomio –
pseudonimo attribuitogli dall’avvocato Mario Rezzara, amico e mentore – era divenuto
emblema dell’artista alla mano, popolare nel senso nobile del termine, sempre pronto a
condividere con il mondo il suo talento e la sua passione semplice e gioiosa. Con la sua
folta e vaporosa barba bianca, suscitava la simpatia di passanti, piccoli e grandi,
compiaciuti a osservarlo maneggiare con destrezza i pennelli. Quanti ancora serbano un
ricordo speciale, un aneddoto impresso a mo’ di istantanea nel profondo del cuore, pronto
a balzare fuori appena si fa un accenno di Gueri? Ma questo artista prolifico e generoso –
che qualcuno in passato ha definito erroneamente “naïf” – aveva non solo un estro
naturale ma anche un solido mestiere, acquisito in modo formale e informale tra Vicenza,
Milano e Parigi, che si palesava in particolare nei ritratti di familiari e amici, dove era solito
riservare uno sguardo capace di introspezione e un tempo molto più ampio rispetto alle
vedute e ai paesaggi in cui generalmente andava di getto, esprimendo un forte
temperamento cromatico, che negli ultimi anni di vita esplose di colori timbrici e luminosi.
“Nella luce c’è la vita, la felicità, il desiderio, il colore. La mattina, quando mi sveglio, è la
luce a dirmi che il mio tempo è ancora qui, tra gli uomini. O forse c’è una luce anche
nell’aldilà? Se così fosse, sarebbe per me un grande sollievo, una insperata
consolazione”, racconta Gueri in un’intervista rilasciata a Maurizia Veladiano (ripubblicata
ancora sulle pagine de “Il Giornale di Vicenza” il 30 novembre 1991). Parole che hanno un
suono quasi profetico, ricordando il peso del dolore che portava dentro l’anima in seguito
alla perdita del giovanissimo figlio Matteo, vittima di un incidente stradale, che lo portò a
dedicarsi con tutte le energie all’arte divenuta balsamo per questa ferita inguaribile. In quel
momento così delicato dell’esistenza, la fede gli offrì rifugio e nutrimento: una spiritualità
coltivata quotidianamente al cospetto della “Madonna da Monte”.
Il percorso espositivo ideato a Monte Berico si lega al 30° anniversario della scomparsa di
Gueri, accaduta in circostanze drammatiche, a causa di un incendio provocato da un
banale corto circuito all’interno del suo atelier in contra’ Pasini il 29 novembre 1991. Al
Santuario mariano questo pittore era molto affezionato grazie anche alla presenza di un
cugino, fra Agostino Sartori (1919-2017), appartenente alla comunità dei Servi di Maria,
con cui coltivava un rapporto fraterno. Fu quasi certamente fra Agostino a coinvolgere
Gueri nella realizzazione di un nucleo tematico di opere grafiche e pittoriche che si
conservano stabilmente a Monte Berico e che verranno esposte per la prima volta al
pubblico in occasione della presente mostra. Si tratta, infatti, di una serie di illustrazioni e
ritratti dedicati ad alcune figure legate alla storia dell’ordine religioso custode del
Santuario, tra cui spicca il venerabile Gioacchino Stevan (1921-1949), sepolto in una
cripta del chiostro antico adiacente alla chiesa, immaginato e raffigurato post mortem da
Gueri in vari disegni prodotti tra il 1985 e il 1989 e pubblicati a corredo dell’opuscolo Il
Servo di Dio fra Gioacchino Maria Stevan (1989), a cura di p. Giocondo M. Todescato.
Una curiosità: la data dell’inaugurazione della mostra combacia esattamente – per una
fortuita coincidenza – con il centenario della nascita del venerabile.
A questo corpus inedito si aggiungono le immagini assai note a chi frequenta abitualmente
il Santuario, realizzate in occasione della visita pastorale a Vicenza di san Giovanni Paolo
II, che coinvolse con grande intensità proprio il convento dei frati di Monte Berico, dove il
pontefice fu ospitato per una notte. Tali opere sono state esposte di recente in una mostra
documentaria dedicata al trentennale della visita papale, impressa a fuoco
nell’immaginario collettivo.
Come dimenticare quella grande soddisfazione vissuta il 7 settembre 1991, definita dallo
stesso artista una delle più belle giornate della sua vita, quando Giovanni Paolo II pose la
propria firma sul quadro di Gueri raffigurante la Madonna di Monte Berico, omaggiato in
seguito anche con una corona del rosario? Anche quel tragico 29 novembre, Gueri si recò
prontamente al Santuario alle sette di mattina, per partecipare come sempre alla prima
messa della giornata e augurare il buondì al caro cugino. Nell’atelier, poco dopo, lo
attendeva invece la preparazione dei nuovi quadri per una mostra già in programma, da
inaugurare nel mese di dicembre, dedicata all’autunno a Vicenza. Non a caso, l’ultimo
quadro di Gueri, quasi un simbolico commiato dal mondo tanto amato, è un paesaggio che
rappresenta la salita dalla città verso il Santuario, in cui un immenso gaudio di gialli e rossi
evoca quell’entusiasmo spirituale con cui l’autore trascorreva l’ultimo periodo del suo
cammino terreno, prima di staccarsi per sempre dalla gravità per “vivere sulle nuvole”,
come in verità gli piaceva fare anche in precedenza, per stare al riparo “dalle cosiddette
miserie umane” (cfr. F. Barbieri, Gueri pittore “popolare”, in Omaggio a Gueri da Santomio,
catalogo della mostra, Vicenza 1994).
Provenienti in primis dalla collezione di Chiara Grendene, figlia dell’artista, le opere
grafico-pittoriche selezionate per la mostra sono una quarantina e riguardano soprattutto,
ma non esclusivamente, il periodo della piena maturità dell’autore – che coincide in
particolare con gli anni Ottanta e i primissimi anni Novanta – contrassegnato dall’intensità
del colore e dalla libertà estrema del segno. Tre sono le sezioni del percorso espositivo: la
prima presenta i ritratti, tra cui gli inediti conservati nella raccolta di Monte Berico; segue
una parte documentaria prevalentemente fotografica, resa possibile grazie all’apporto
della figlia Chiara e del fotografo Gennaro Borracino e arricchita con alcuni cimeli
conservati nell’archivio conventuale; infine la cospicua rassegna di vedute e paesaggi che
mostrano sia trasformazioni stilistiche avvenute nel corso dei decenni che elementi di
continuità alla base di questa feconda parabola espressiva che ha messo al centro la città
di Vicenza e il paesaggio veneto.