É stata una serata bellissima. Beatrice Rana era alla sua seconda volta a Vicenza (la prima nel 2016) ma sentirla adesso è un dono immenso perché Beatrice è definitivamente assurta al rango di eccellenza del pianismo internazionale. Una grazia, una sicurezza, un equilibrio di intensa emozione. Recentemente ha pubblicato un nuovo lavoro sugli “études” di Chopin, in cui oltre ai 12 studi compaiono anche i 4 scherzi che il compositore polacco compose dal 1831 al 1842. Sono tra i brani chopiniani più complessi e fin da subito si capisce lo stile e la ricerca di Rana che non si adagia sul materiale romantico di facile presa e si addentra nei meandri del virtuosismo che però non è mai spettacolarizzato. Non è pianista da Liszt, per intenderci, ma è attenta ad evidenziare i risvolti più moderni e difficili nell’opera di artisti che hanno segnato un punto di svolta storico. Non a caso troviamo pure Bartok nei suoi dischi, con la dirompente forza percussiva che caratterizza i suoi spartiti. Tornando a Chopin, il secondo scherzo è stato il momento di intensità poetica maggiore e, alla fine delle quattro parti, si è giunti all’intervallo. Necessario, visto l’assoluto vigore messo sulla tastiera.
Si riparte con gli studi di Debussy, materiale didattico come spessissimo accade e che Beatrice ha già affrontato con Bach e le Variazioni Goldberg. E in questo “esercizio tecnico” pieno di arabeschi e velocissimi passaggi sui tasti, la perfezione e l’abilità della pianista leccese vengono mostrate ampiamente. Ma è col finale che la serata raggiunge il suo apice. Come ultimo segmento di concerto, Rana propone tre movimenti dalla “Petrushka” di Stravinkij e si assiste al trionfo del suo stile. Il genio sovietico poi naturalizzato americano, scrisse la riduzione pianistica del balletto espressamente per Arthur Rubinstein e tutto nella composizione è estremamente denso e complesso. Tempi, accenti, fortissimi e pianissimi, ritmo, capacità percussiva. E Beatrice ne esce trionfatrice in maniera totale.
Viviamo storicamente un’epoca in cui il pianoforte è decisamente femminile. La madrina di tutte è stata senz’altro Martha Argerich, ma vi è attualmente un foltissimo numero di donne pianiste di levatura mondiale. La veneziana Gloria Campaner, il cui Schumann è notevolissimo. E poi Leonora Armellini, Vanessa Benelli Mosell, Maria Perrotta. Fino alle pianiste “da vedere” come Yuja Wang e Lola Astanova o la super star Hélène Grimaud . Le classifiche sono sempre un gioco e lasciano il tempo che trovano, ma per raffinatezza, tecnica, presenza e scelte stilistiche, Beatrice Rana può facilmente essere considerata al vertice della scena.
La serata era dedicata alla memoria del Marchese Giuseppe Roi, figura fondamentale nella Vicenza del novecento e straordinario motore costante per la musica e i concerti vicentini. Divenne presidente della Società del Quartetto nei primi anni cinquanta (suo bisnonno Antonio Fogazzaro ne era stato fondatore) e la portò a diventare quella che continua ad essere: il punto di riferimento assoluto per qualità e proposte della musica a Vicenza.