Ogni trimestre vi consigliamo 10 dischi tra quelli usciti nei mesi in questione. Ecco quelli usciti tra il primo gennaio e il 31 marzo.
The Smile “Wall Of Eyes”
Il disco nuovo di The Smile va anche oltre ai Radiohead e muove da dove la band di Oxford era arrivata con quel miracolo chiamato “A Moon Shaped Pool” che più passa il tempo più cresce come disco definitivo dell’estetica post qualsiasi cosa. Qui c’è un po’ jazz ma soprattutto (finalmente si può dire) tanto prog, quello più canterburyano.
Elbow “Audio Vertigo”
Decimo album per la band di Guy Garvey e soci. Le ultime due prove non si potevano dire deludenti ma si respirava una certa stasi. Col nuovo lavoro tornano gli Elbow dei bei tempi. Magari non così eccezionali come sono stati fino almeno a “Take Off And Landing Of Everything” ma brani come “Lover’s Leap” (se pensate a Supper’s Ready vi capiamo), “Very Heaven” e “Her To The Earth” solo loro li sanno fare.
Kali Malone “All Life Long”
Kali Malone continua a dare senso al concetto di “contemporaneo”. Compositrice d’avanguardia, sperimenta l’elettroacustica e la drone music in un modo sorprendentemente accessibile. In questo nuovo lavoro, ritorna all’organo e ad un qualcosa che si posiziona tra il devozionale e il contemplativo. Un passo in più verso quella che i recensori sbrigativi chiamano “modern classic”.
Vijay Iyer “Compassion”
Vijaj Iyer torna con lo stesso trio con cui aveva realizzato il bellissimo “Uneasy” nel 2021. Questa volta il titolo svela fin da subito che il disco si dispiega sulle corde di un sentimento doloroso, figlio anche del tempo che viviamo. Ed è un altro splendido lavoro, l’ennesimo, di un pianista che è arrivato al 25esimo album, tenendosi costante su un livello altissimo.
Real Estate “Daniel”
I Real Estate sono una band perfetta per la primavera. Il disco nuovo è uscito a fine febbraio, col solito jingle jangle, con il solito sorriso malinconico, con il solito arrangiamento che però pare essere sempre diverso, con le piccole storie intime, tra Feelies e Byrds, una colonna sonora perfetta per il Sundance Festival. Uno dei gruppi con cui rimanere sempre studenti.
Friko “Where We’ve Been, Where We Go From Here”
Esordio stupendo quello dei Friko. Questa voce sempre sul punto di rompersi, queste chitarre (tante) che sono marea che salescende e poi tutto prende, questo senso struggente di vulnerabilità. Un romanzo di formazione in salsa feedback. Trentasei minuti quasi perfetti con il brano che apre e quello che chiude come vette incantevoli del tutto.
Kim Gordon “The Collective”
La cosa migliore uscita in casa Sonic Youth dai tempi di “Sonic Nurse”. Kim dimostra di essere ancora adesso, nel 2024, a 71 anni, un’artista avanti e fuori dagli schemi e la vera portabandiera del verbo della gioventù sonica. Questo disco è un groviglio di feedback, di beat incespicanti e sporchi, di frasi nonsense, di rumore industriale, con tutto che rimane al contempo eccentricamente accessibile.
Julia Holter “Something In The Room She Moves”
Julia Holter è senza alcun dubbio uno dei nomi più importanti dell’ultimo decennio (abbondante). Dopo 6 lunghi anni di attesa, ecco quello che può essere il suo disco definitivo, in cui confluiscono le materie d’avanguardia, jazz e ambient, in una terra dove la miglior Kate Bush incontra il miglior Robert Wyatt. Disco che si candida con forza per essere IL disco del 2024.
Beyoncé “Cowboy Carter”
ll disco country di Beyoncé, che non è affatto country. Giselle Knowles usa la musica bianca per antonomasia per farla propria, e idealmente per far proprio di tutte le minoranze quello che è dei suprematisti. L’album dura una vita ed è pieno di robe diverse. Prodotto come sempre in maniera hollywoodiana, è una specie di compendio degli stili classici statunitensi. Un viaggio.
Adrianne Lenker “Bright Future”
La leader dei Big Thief alla sua sesta prova solista, sforna un’opera di intimità domestica, rarefazioni nella natura, con un folk cantilenante e nudo. Nulla di nuovo per lei, e nemmeno per la casa madre. Ma qui è tutto più essenziale ancora del solito e per certi versi più necessario. Brani fuori dal tempo, buoni per un focolare acceso o un cielo stellato da contemplare.