Che si possa considerare il viaggio di Odisseo come una sorta di sentimento collettivo affidato all’epica, o forse addirittura un archetipo divenuto trasversale alle culture, alle geografie e alle arti, è la nostra storia a dimostrarlo. È vivo nella cultura europea e non solo, dall’apporto che ne diede Dante, e non poteva che riesplodere impetuoso nei secoli del Rinascimento, del Melodramma e nei cicli dedicati ai classici che accendono i teatri contemporanei. Riscrivere Omero, comunicarlo e renderlo vicino ad ogni nuova generazione è un atto dovuto al genio letterario che lo ha concepito, e risulta calzante per rispondere su quale sia “l’attualità dei classici”. Uno spettatore che esca da teatro sarà tentato di chiedersi quanto quell’antica narrazione sia ancora attuale e possa restituire chiavi di lettura al nostro tempo. “Odisseo, colui che corse al di là del mare”, andato in scena in prima nazionale nel 76° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza, offre una risposta, ovvero di quale sia la medicina ideale per curare i mali della nostra epoca: l’investimento sul talento.
La sera di venerdì 13 ottobre, a sipario spento, molti tra il pubblico avranno osservato un giovane interprete tra gli altri quattordici attori di Tema Cultura Academy. Non sarà sfuggito per il modo meraviglioso con il quale ha fatto propri gli applausi, in un’emozione contagiosa. Un quarto d’ora buono che ha rotto il silenzio di un pubblico concentrato sul lavoro della scuola di formazione artistica di Giovanna Cordova. Con un testo e messa in scena capaci di rievocare una lunga tradizione iconografica, resa composta dal biancore scultoreo scelto per i volti, i costumi e gli accessori. Scarni elementi di scena da laboratorio di teatro, efficacemente utilizzati dagli attori, ben coordinati per mantenere ben organizzata la pedana del palcoscenico, ma senza rischiare un effetto compassato.
Tema Cultura è presenza fissa all’Olimpico, compagnia che accompagna i giovani interpreti nella loro crescita artistica, in un investimento instancabile sulla qualità delle idee e nella valorizzazione delle personalità artistiche e umane di ognuno. Tra quei quindici attori, solo alcuni maggiorenni, quel ragazzino ha assorbito con una tale emozione gli applausi dell’Olimpico da trattenere a stento le lacrime. Non è difficile ricostruire la breve biografia di colui che, giovanissimo, ha desiderato essere parte di una compagnia per “fare l’attore”, forse stimolato inizialmente da un genitore o per semplice desiderio di emulazione di un proprio modello di crescita. Egli lo ha voluto, ha studiato ed è riuscito, rinunciando a qualche ora di spensieratezza. Lo ritroviamo lì, a debuttare all’Olimpico, un teatro che incute una certa reverenzialità ma che può restituire, grande nella storia e contenuto nel formato, un tempio laico ancora capace di selezionare un pubblico motivato. Lo sguardo vibrante e lacrimevole di quell’attore era forte del suo sogno e ripagato nelle sue fatiche. Lui lì, assieme ai compagni di ventura, preparatissimi, entusiasti, gioiosi nel rompere le righe dopo aver rivissuto Odisseo, un mondo antico e anche quello di oggi. Dalle gradinate, c’è da scommettere che abbiamo osservato i futuri direttori artistici dell’Olimpico, nuovi talenti della prosa e portatori di future idee per il teatro. Sul palco, oltre alla squadra di Tema Cultura Academy, un Giuseppe Pambieri paterno, forte della sua esperienza, un inquilino amato del condominio Olimpico, che mosse i primi passi da lì nel 1968, ne “Le mosche” di Sartre, nei panni di Oreste, accanto a Valeria Moriconi e la regia di Franco Enriquez.
Questo spettacolo non è stato solo un apprezzabile testo scritto da Giovanna Cordova, la quale ha ripreso i caratteri eroici e antieroici di Odisseo/Ulisse così come descritti da Dante, da Alberto Savinio, o da Joyce (uno che scese nella scalpitante Trieste per scoprire il suo Mediterraneo). È una sfida alla politica, ai prodotti di consumo di massa, al pressapochismo del giudizio e alla speranza che vi sia sempre una nuova generazione nata per inseguire un sogno. Giancarlo Marinelli ha osservato la “Stella Meravigliosa” del romanzo di Yukio Mishima con lo sguardo di un qualsiasi bambino nel mondo, puntando a quanto di più distante e meraviglioso si possa osservare. Alzare la testa oggi è un gesto contrario, una resistenza alla gravità che limita lo sguardo in basso, sul telefonino. Ora conosciamo il volto di quel bambino, almeno per questo Ciclo del 2023. A lui affidiamo bussola, direzioni, navi e migrazioni che sono l’essenza onesta di quei classici che tengono la nostra epoca nel flusso della storia.