Davide Peron è un artista per cui i particolari sono fondamentali, le piccole storie, gli anfratti intimi dell’animo. Di lui abbiamo parlato in occasione dell’uscita dell’album “Passaggi” e ora lo incontriamo di nuovo alle prese con uno spettacolo teatral/musicale che si chiama “Giulietta sono io” e che è anche un libro ma soprattutto è un lavoro di gruppo in cui le musiche e le canzoni di Davide si sposano ai testi e all’interpretazione di Eleonora Fontana, alle scenografie di Maria Gabriella Santacaterina, il tutto supervisionato da Ermes Ronchi. Centro del tutto sono tre storie di tre donne: una cieca, una ragazza di strada e una mamma sposa di un immigrato. “Sono storie vere – dice Davide – e sono soprattutto incontri reali, conoscenze dirette che abbiamo avuto. L’unica donna che non abbiamo conosciuto è stata la compagna del tuareg. Quest’ultimo è finito in cronaca perché ha ucciso la donna e la figlia e noi abbiamo instaurato un rapporto con i volontari che lo stanno seguendo in carcere e che hanno raccolto la memoria di lui e ce l’hanno data. Il libro è nato soprattutto da questa storia. Volevamo fortemente raccontare la storia degli ultimi in questo modo e poi abbiamo aggiunto le esperienze delle altre due storie femminili” .
La presenza di uno dei più importanti teologi italiani, come Ermes Ronchi, fa di questo lavoro qualcosa che giocoforza di inserisce in un sentiero non solo sociale ma soprattutto spirituale. Dal convento di Santa Maria del Cengio a Isola Vicentina, da molto tempo egli ha avviato, grazie all’apporto fondamentale di un gruppo di laici, attività che fanno crescere la spiritualità e favoriscono la riflessione su temi di attualità, tra i quali l’esigenza di diffondere nuovi stili di vita nel rispetto del Creato. “Ermes Ronchi entra in questo progetto – prosegue Davide – quando abbiamo deciso di parlare dell’altro attraverso parole che sono riconoscibili e che riconosciamo per dare il nostro punto di vista nel rapporto con l’altro e abbiamo usato le parole di padre David Turoldo. In quell’occasione ci è parso naturale chiamare una persona come Ermes Ronchi, così indissolubilmente vicina a padre Turoldo, e lui si è affezionato al progetto tanto lo spettacolo ha poi debuttato al convento di Isola Vicentina. Ermes poi ha iniziato a seguirci e ad interessarsi del nostro lavoro e quando abbiamo scritto “Giulietta sono io”, si è offerto di supervisionare il lavoro”
Proseguire nel solco di David Maria Turoldo, è una grande impresa oltre che un impegno umano e morale. La sua complessa vicenda, umana e religiosa, è difficile da definire, anche se in molti ci hanno provato, magari nella semplificazione delle etichette, facendo leva ora sulle dissonanze ora sulle consonanze. Di lui dicevano fosse la “coscienza inquieta della Chiesa”. Ermes Ronchi ha trovato un faro importante in Turoldo ma anche Peron lo ha saldo nel cuore come fonte di esempio. “La mia spiritualità nasce da parecchio tempo, con Dio ho sempre avuto dei conflitti tanto che durante il matrimonio di un mio amico ho visto la messa celebrata da Frate Dino e avevo la sensazione di assistere ad una festa. Il frate cappuccino parlava alle persone in un modo diretto e umano che mai avevo scorto in precedenza. Così, il giorno dopo sono andato da Fra’ Dino a parlargli e a chiedergli, in quanto io artista e autore di canzoni, le domande sul senso della vita e quasi spontaneamente è nato il “concerto in dialogo” in cui io con le canzoni ponevo domande e Fra’ Dino, vicino a me sul palco, poi rispondeva. Perché le domande nascono da me non sono solamente mie: sono di tutti e lui le ascoltava insieme agli altri del pubblico in quello stesso momento e poi rispondeva. Dopo quell’esperienza mi sono recato da Alberto Magi e ho iniziato a frequentare il mondo cattolico non canonico, sto parlando di frati un po’ “scomodi”, quelli che parlano al basso e non solo all’alto, il cui sguardo è sempre rivolto verso l’uomo. La chiesa dei Ciotti, la chiesa che è della gente ed è umana. Ecco, io credo sia quello Dio”.
In “Imbastir Parole”, un disco di Peron del 2014, c’è una canzone che diventerà poi molto importante per lui e molta altra gente. Si chiama “La Pallottola” e destino ha voluto divenisse l’inno di “LIBERA” in Veneto. LIBERA è una rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout, coinvolti in un impegno non solo “contro” le mafie, la corruzione, i fenomeni di criminalità e chi li alimenta, ma profondamente “per”: per la giustizia sociale, per la ricerca di verità, per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, per una memoria viva e condivisa, per una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione. “Con LIBERA è successo che un po’ di anni fa Don Luigi Tellatin – racconta Davide – venne a un mio concerto e mi chiese se lo aiutavo a parlare della legalità nelle sciole e nelle piazze ed ho iniziato a frequentare questo mondo e da lì è nata “La Pallottola” perché ho messo in musica (come sempre faccio) le sensazioni che mi arrivavano in maniera spontanea e poi loro lo hanno scelto come inno d LIBERA Veneto. La cosa più bella è che quando ci sono gli incontri di LIBERA ci si rivede in moltissimo e la cantano tutti perché è diventata una canzone che ci unisce e che diventa simbolo della lotta contro questo cancro che si chiama mafia, che esiste sempre più ed è molto più sottile e viscida di un tempo. Siamo vittime di un’arroganza predatoria dei diritti di tutti. La cosa incredibile è che chi ci difende dalla legalità deve girare armato. Non ha nessun senso”.
“La canzone che è la mia stella polare, “la stella alpina” perché andare in montagna per me è salvifico, che mi rappresenta come mi rappresenta la fatica, il fare un passo dopo l’altro, è nel mio ultimo album e si chiama “La Disobbedienza”. Sto proprio ragionando sul potere, su cosa sia, e mi sembra che il potere sia una possibilità in più di fare danni. Credo che esista la malattia dell’egocentrismo, dilagante soprattutto nei luoghi di potere. La disobbedienza degli ultimi invece è l’altra parte, quel che rende umani. Gli ultimi, gli impoveriti (non i poveri, i poveri sono i potenti) danno peso anche alla briciola e si prendono cura di tutto, mentre al potere non interessa nulla del singolo e io nel potere vedo l’inutilità dell’umano, dell’essere umano, perché il potere vede ma non guarda e non si mette in ascolto degli ultimi”.
“Giulietta sono io” sarà il 22 settembre a Montecchio maggiore e dopo a Milano, Piovene e il 15 ottobre a Recoaro andrà invece in scena lo spettacolo su David Maria Turoldo.