Perché il granchio blu è un avvertimento che il mare ci manda.

Animale assai aggressivo, il granchio blu spopola in questa estate di vacanze. Si rimbalzano le foto di improvvisati pescatori vicentini che scorrazzano nelle notti di bassa marea per le spiagge che vanno da Sottomarina a Porto Tolle. Sono diventati il crostaceo a basso costo di chef che hanno introdotto improvvisamente nuove ricette appetitose. Per gli allevatori delle lagune litorali venete invece il granchio blu è un incubo perché divora cozze e vongole con le sue pinze potenti.
Insomma, il giudizio sul granchio blu è molto relativo. Proviamo ad andare però oltre a queste notizie da copertina e cominciamo a leggere la questione un pò in profondità. Il granchio blu non è arrivato dalle coste degli Stati Uniti passeggiando allegramente sotto l’Atlantico; lo abbiamo importato noi trasportandolo involontariamente nelle acque di sentina delle navi cargo. Il “nostro eroe delle cronache estive” si adatta facilmente, è molto aggressivo e in poco tempo ha invaso l’Adriatico (in realtà tutto il Mediterraneo). Il dramma vero è che di questo invasore protagonista delle cronache di questa estate abbiamo notizie da anni. Nel disinteresse di tutti. Solo quando il problema ecologico diventa un danno economico, allora tutti ne parlano: i media si interessano al problema e i politici invocano lo stato di calamità. È un classico. Eppure la natura non fa salti, è solo l’equilibrio di chimica, fisica e biologia. Le specie convivono in equilibrio tra predatori e prede. In Atlantico, dove viveva originariamente il granchio blu, c’era sempre l’animale che lo mangiava: tartarughe, pesci, polpi e uccelli sono ghiotti di granchi blu, tanto quanto gli uomini. Viceversa noi abbiamo fatto fuori i suoi potenziali predatori e ora ci lamentiamo. Le tartarughe non hanno piu’ abbastanza spiagge per deporre le loro uova, i polpi sono cacciati tutto l’anno e ne sono rimasti davvero pochi. Gli uccelli rimangono, in particolare i gabbiani. Ma chi glielo fa fare a un gabbiano di affrontare le chele robuste che possono staccargli un becco o tagliargli la gola quando nelle grandi città si ritrova i sacchi della spazzatura da tutte le parti? Risultato: senza predatori naturali, oggi non ci resta che puntare su padella, aglio e pomodoro. Oppure sui sussidi. Ecco, sussidi appunto. D’altronde i sussidi in mare sembrano essere l’unica soluzione – disperata – a molti problemi. Senza questi aiuti che comunque provengono dalle nostre tasche (tramite le tasse) si fermerebbe quasi tutto il settore della pesca italiana. A dimostrazione che stiamo parlando di una attività utile, necessaria, ma pur sempre di un’attività malata. Proviamo a dirlo in termini semplici: un sistema che sopravvive solo grazie ai sussidi pubblici non può essere definito un settore economico sano. Dunque questi granchi blu ci danno una lezione: il mare è un sistema delicato e quando capisci che non sei in grado di ripararlo, non devi provare a romperlo. C’è poco da scegliere. I sussidi vanno bene a breve termine ma nel medio periodo invece bisognerebbe aumentare le riserve marine, ne servono almeno 6 volte tante quelle che ci sono.
Poi dovremmo smettere di mangiare i super predatori del mare come pesci spada e squali (di cui noi italiani siamo i primi consumatori in Europa). Gli squali sono preziosi per la salute del mare perché regolano le popolazioni di specie in eccesso. Se ben gestita la pesca può garantire proteine per le future generazioni. Gestita così come è oggi già non funziona più e non ha futuro. Al massimo può garantire un discreto bacino di voti per qualche forza politica. Ultima nota. Smettiamola con la frase “pesce proveniente da pesca sostenibile”. La pesca su larga scala non può essere anche green fishing. Quando si usa il termine sostenibile è solo marketing o meglio è greenwashing. Per dirla in termini economici “Sostenibile è una azienda che distribuisce solo i dividendi e non il capitale”. Ma noi il capitale marino ce lo stiamo già mangiando e ora cominciamo pure ad intaccare il conto corrente ecologico dei nostri figli.

Maggio 2024

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