STANNO IMBRUTTENDO VICENZA

In Italia la tradizione architettonica si concilia perfettamente con una natura splendida e con un “senso del bello” che è innato nelle persone. Viviamo circondati dalla storia, da secoli di bellezza sedimentata che ha provocato in noi la famigliarità a convivere con cotanta armonia. Eppure anche qui qualcosa pare stia andando male. Questa impietosa caduta di stile e mancanza di cultura in cui è entrato il mondo non si riscontra solo nell’imbarbarimento politico e in una tendenza retrograda e reazionaria, ma anche in una diffusa sciatteria e noncuranza verso il decoro urbano. A Vicenza il dibattito recente riguarda lo spuntare di un autolavaggio in Riviera Berica proprio sotto Villa Valmarana ai Nani e ad un passo dalla Rotonda. Un ampliamento di una stazione di servizio che è stato rilevato dal Corriere della Sera, già perché al vicentino medio nemmeno era venuto in mente di constatare quanto fosse inappropriata la cosa. Intendiamoci, non è una mostruosità, non è enorme e nemmeno così tanto invasiva. Però è quantomeno inopportuna e fuori luogo, e soprattutto è sinonimo di quanto poco ci interessi davvero conservare e difendere le nostre autentiche meraviglie. Davvero a nessuno, soprintendenza inclusa, è venuto in mente che un autolavaggio a due passi dal capolavoro di Palladio fosse un obbrobrio paesaggistico e culturale?

Ci riempiamo la bocca con la faccenda della “città del Palladio” da secoli e cosa facciamo? Infestiamo la città del più grande architetto di tutti i tempi di brutture totali. Robe che questo piccolo autolavaggio è un nonnulla. Le città sono organismi viventi, hanno pelle e macerie, evolvono per sovrapposizioni. Gli architetti con il moderno a volte hanno avuto difficoltà a inserirsi in questo tessuto. L’architettura non è semplicemente costruire. Oltre 2.000 anni fa, l’architetto romano Marco Vitruvio Pollio definì due realtà di base nell’edilizia: “Ferma” (Sicurezza) e “Commodità” (Uso) e poi offrì ciò che trasforma l’edificio in architettura: “Delizia” (Bellezza).

L’architettura, spiega Renzo Piano, è un’arte alla frontiera con la scienza, alimentata dalla vita reale e guidata dalla forza della necessità. “Come architetto, alle 10 del mattino, devi essere un poeta, di sicuro. Ma alle 11 devi diventare un umanista, altrimenti perdi la tua direzione. E a mezzogiorno, devi assolutamente essere un costruttore. Devi essere in grado di costruire un edificio, perché l’architettura, alla fine, è l’arte di costruire edifici. L’architettura è l’arte di creare un rifugio per gli esseri umani. Punto. E questo non è affatto facile. È fantastico”.

La questione della bellezza non è una faccenda che riguarda solo gli architetti. Per i progettisti ed i teorici dell’Architettura capire la questione estetica che soggiace ad un progetto è di fondamentale importanza, ma il giudizio definitivo sarà poi quello di chi quell’opera architettonica la fruirà tutti i giorni o magari pochi minuti. Le persone sono protagoniste dell’Architettura e a loro spetta il compito di giudicarla.

Pochi anni fa la CNN ha pubblicato una sua indagine sui monumenti più brutti del mondo. Erano undici ed un posto d’onore era riservato alla statua di Papa Giovanni Paolo II che si erige in Piazza dei Cinquecento, davanti alla Stazione Termini di Roma. L’opera, realizzata dall’artista Oliviero Rainaldi, è stata inclusa nell’impietoso elenco che descrive la collezione come una raccolta di “testimonianze vistosamente pacchiane”. Quando nel 2011 la statua venne presentata al pubblico si levò un coro di critiche anche autorevoli che spinsero Gianni Alemanno, allora sindaco della città, a chiedere all’autore di rimettere mano al proprio lavoro per migliorarne l’aspetto. Il risultato tuttavia non cambiò la situazione.

Batman Wojtyła

Ecco, i monumenti, Quando sono brutti diventano simbolo di decadenza. Come e peggio dei quartieri stessi, delle costruzioni o dei parchi. Campo Marzo, ad esempio, è luogo di disagio perché ci vanno i tossici oppure i tossici ci vanno perché è un luogo di disagio? Pensateci bene. Il parco è talmente brutto che se ci va anche una persona integerrima gli viene voglia di drogarsi.

Palladio dove sei? Se l’esimio architetto si ridestasse e scendesse dalla sua postazione templare davanti a Sorarù, ci verrebbe voglia di fargli fare un giretto a monumenti, così per vedere l’effetto che gli fa. Partiamo da quello che monumento non è ma è uno dei più grandi insulti rivolti a Palladio dai suoi concittadini: il tribunale. Non solo incute un timore stile Gotham City ma è ad un tiro di schioppo dal più grande capolavoro dell’architetto Andrea. Primo colpo al cuore.

Proseguendo andremmo allo stadio e, dopo aver spiegato bene cos’è il calcio, cos’è il Lanerossi e altre faccende secondarie, mostreremmo all’architetto la surreale statua dedicata a Paolo Rossi. Una roba che si ti svegli di notte e te la trovi di fronte ci rimani secco.

Poi potremmo infierire con un colpo basso: la “cosa” davanti alla stazione dedicata agli alpini. Si, ho capito, evviva evviva il reggimento, ma santo cielo possibile non ci sia stata una persona tra amministrazione e committenza che abbia detto “ma che davvero?”. Uno arriva a Vicenza, la città dell’architettura (dicono) e scende dal treno e cosa vede?

A questo punto Palladio sarebbe ad un passo dal collasso. Potremmo quindi proseguire con uno straccio di persona al seguito a cui mostrare altre meraviglie. Il teatro quasi quasi glielo risparmiamo perché oltre ad essere brutto è anche un luogo dove la sonorizzazione è imbarazzante. Però c’è e ce lo teniamo, ci mancherebbe altro. Invece il busto di Neri Pozza potremmo davvero cambiarlo. Non tanto per l’opera in se eseguita da Nereo Quagliato, ma per il basamento di marmo che va oltre ad ogni possibile comprensione. Una lapide funebre, ad esser buoni.

Non che sia molto meglio il monumento ai bersaglieri che staziona in largo Goethe, proprio dietro un altro capolavoro palladiano: il teatro olimpico. Ebbene si Andrea, ce l’hanno con te.

Il nostro tour finisce alla porta nord della città, dove troneggiano dei graspi di uva giganti con spartito musicale annesso. Almeno è divertente, e fa pensare che buttarla sul bere e cantare è forse il modo migliore, anche per Palladio, di affrontare queste bruttezze che rendono sempre di più Vicenza una città incapace di gestire il bello, di riconoscerlo, di conservarlo e di progettarne di nuovo.

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