A. apre la finestra e si trova la pioggia e il quadretto di cemento del palazzo di fronte. La sera prima, proprio da quelle finestre, ha sentito delle urla di donna, quasi atroci, il pianto di un bambino e delle porte sbattere. In lontananza la città defecava ansia e musica terribile contornata da quel solito feedback che fa la sirena della polizia e il tuono. Il tuono che non sai mai se è di pistola o dello smog che alla fine si è stancato di stare a fare l’ombrello di catrame e sputa giù un paio di fulmini. Ma adesso è mattina, ed è la mattina prima di Natale. A. non abita dove abitano i ricchi e gli amministratori di questo campo di concentramento che esiste col nome di città, ma solo in astrusi piani urbanistici. Comunque sia, sul fornello anni ’70 c’è una moca di caffè e seduto al tavolo c’è un uomo. Il “suo” uomo. “Se quello è un uomo”, avrebbe detto suo padre. Ma suo padre non può più dire niente. Un grande treno di morte, regalo della fabbrica di acciaio e cromo, l’ha portato via giusto un anno fa, giusto il primo giorno di pensione. Giusto la vigilia di Natale. A. sta pensando al vecchio, quando versa il caffè. Ci sta pensando senza particolare emozione. E allora B., il suo “uomo” se ne esce come al solito con una frase che persino il cemento-galera dell’alto palazzo di fronte rimarrebbe a bocca aperta, se solo ce l’avesse, una bocca. “Inutile chiedersi il perché. fai un’azione. e qualsiasi azione, qualsiasi, la fai o per dovere o per piacere”. A. si siede, esausta già di primo mattino. Si accende una sigaretta, la prima sigaretta: “Tu sei senza cuore, non hai sentimenti, una cosa la puoi fare anche per semplice amore, anche se ti fa soffrire” . “E perché ami? perché ti piace amare? o perché devi amare?” , chiede B. , convinto di essere un eroe
“Non lo so, cazzo. io amo e basta e lo farò fino a che ne ho la forza”. A. alza appena il tono della voce, ma non è arrabbiata. Non può esserlo.
“Non è una risposta. Guardaci negli occhi, essere umani è una semplice condizione, non una giustificazione. Lo sappiamo tutti, ogni mattina. ogni mattina cerchiamo solo il piacere, anche se ci porta alla tortura, anche se ci porta all’amore. Sai, credo che in fondo quello che facciamo per dovere sia solo paura. e che cos’è la paura se non il timore di non provare più piacere?”.
A. non risponde, non guarda B. Guarda fuori il palazzo, il pezzettino di palazzo fuori dalla finestra. La pioggia non scivola liscia su quel cemento grezzo. Fa degli zampilli inutili, una coreografia dozzinale per riempiere il solito vuoto. Domani sarà un altro Natale.

Pietro Rossi, Vicenza