ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

In una piovosa giornata di settembre mi avvicino ad una fermata del bus e aspetto che arrivi il 7 che porta in centro a Vicenza. Mi trovo in un anonimo quartiere caserma della periferia della città. Sotto ai rispettivi ombrelli aspettano l’autobus con me un’anziana signora con occhiali ed impermeabile grigio ed una ragazza sui vent’anni, capelli neri lunghi, zainetto in spalla e gomma da masticare in bocca. Ad un certo punto mi avvicino alla signora anziana e le dico: “Mi scusi, signora, sa’ cos’è un frotteur?”. Lei mi guarda con aria gentile e mi fa: “Certamente, il frotteur è un soggetto il cui sviluppo sessuale si è fermato allo stadio infantile dell’erotismo corporeo e cutaneo. Il frotteur ha in comune con il feticista la tendenza all’anonimato e la paura di un contatto sessuale con un’altra persona. Tuttavia, al contrario del feticista fissato soltanto sugli oggetti-feticcio, egli ha comunque bisogno di un partner sessuale”

La ragazza che aveva ascoltato la conversazione mi guarda con occhi languidi. Mi accorgo che è molto bella, ha un viso interessante e sotto il maglione nasconde un seno prominente. “Scusate se mi intrometto” – dice – “Volevo aggiungere che il frotteur, lacerato dal conflitto che la signora ha spiegato prima, si avvicina in mezzo alla folla, in autobus, durante riunioni o manifestazioni pubbliche, a una persona del proprio o dell’altro sesso, e cerca di raggiungere l’orgasmo strusciandosi a essa senza che questa se ne accorga.”

Ringrazio la signora e la ragazza e ritorno ad aspettare l’autobus, guardando distrattamente la pioggia. Mi accorgo di amare il grigiore anonimo dei palazzi delle zone periferiche di Vicenza. Mi vengono in mente termini come “Archeologia Industriale”, anzi vedo scorrere sullo schermo di una sala cinematografica il titolo :

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

UNA RETROSPETTIVA

REGIA DI EROS SPIRITO

L’autobus arriva mentre sono felice del mio onanismo cerebrale. Salgo assieme alla vecchia e alla ragazza, che mi sorridono. L’autobus è colmo di gente di ogni tipo: studenti, impiegati, signore con la borsa della spesa che sfoggiano occhiali da sole ed altre persone anonime. I posti a sedere sono naturalmente tutti occupati. Siamo come addossati come sardine in un barattolo di latta schiacciato, per cui mi sistemo in piedi, dietro alla ragazza che è salita con me. La testa della ragazza è all’altezza della mia bocca e il profumo dei suoi capelli mi inebria. E’ un buon profumo, una fragranza di sandalo che mi riempie la mente. Immagino di viaggiare con lei, in treno verso la Bretagna, attraverso la campagna francese delicata e romantica. Sogno di prendere una stanza a “Le Fin Muscadet”, un albergo di fronte all’oceano e di pranzare nella veranda con delle crepes al mirtillo.

Intuisco che la ragazza ha letto i miei pensieri e mi sorride di sottecchi, muovendo il bacino e strofinandolo leggermente su di me. Io mi scosto, timido e le rispondo al sorriso. Mi accorgo di essere imbarazzato, arrossisco e mi guardo in giro. Nell’autobus c’è una strana frenesia, alcune persone si stanno muovendo in un modo inconsueto. La vecchia che aspettava il bus con me mi fa un cenno per indicarmi un uomo con il cappotto e mi sorride maliziosa. Noto che l’uomo ha lo sguardo immobile ma il viso teso. Guardo meglio e vedo che si sta strusciando addosso ad un giovane con gli auricolari e quest’ultimo sembra non accorgersi di niente. Osservando più attentamente la folla mi rendo conto che parecchie persone stanno facendo la stessa cosa con altre persone che sembrano indifferenti: un impiegato su di una donna con la pelliccia, una donna con gli stivali e la gonna in jeans, su un carabiniere e via così.

Tutti che si strusciano, di continuo, calmi e frenetici allo stesso tempo. Difficile descrivere bene la situazione. Li guardo arrivare all’orgasmo, o almeno così deduco dalla loro espressione. Nel frattempo il bus arriva alla mia fermata e prima di scendere guardo la ragazza con i capelli neri. Ha la stessa espressione soddisfatta degli altri. Mi restituisce lo sguardo e mi ringrazia con gli occhi. Scendo nella pioggia, guardo il cielo e penso che amo questa città.

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