NATALE IN CAMPO MARZO

Natale prende il suo manico di scopa spezzato a metà, lo appoggia sul coperchio del cassonetto e comincia a frugare dentro, in cerca di avanzi di cibo. Quando è fortunato trova delle intere confezioni gettate dai consumatori che frequentano il Famila di viale Torino. Poco lontano, Campo Marzo è animato dai soliti affari, piccoli spacciatori che cercano clienti (non il contrario come in una città più seria di Vicenza), e autobus killer che cercano di arrotarti mentre attraversi la loro entrata al deposito della Stv. Una settimana prima di Natale, Vicenza è già frenetica. Lo spirito natalizio sopravvive nonostante bollette; figli problematici, (sempre meno dei genitori della generation X); discussioni a tavola sul sesso fluido; l’aumento dei prezzi dello spritz e la diminuzione della loro qualità – a parte qualche cinese – e tutto il resto. Sì, il resto. Il mondo che brucia, l’Ucraina, l’Iran e la finanziaria (il capolavoro della politica italiana già in studio dagli alieni per instaurare la pace tra l’universo e Dio). Di tutto questo a Natale interessa ben poco. Lui è africano, un nero africano e pure clandestino. Non si ricorda il suo paese d’origine e se anche lo sapesse non lo direbbe mai. I suoi erano cattolici e per qualche strano motivo amavano l’Italia. Per questo Natale, in quanto nato il 25 dicembre, si chiama Natale e per questo è finito a Vicenza. Ora è lì, a 34 anni, a frugare dentro all’”isola ecologica” di viale Torino. Ma quella sera non trova nulla, solo un cappello rosso da Babbo Natale, gettato da qualche bambino spocchioso, comprato da genitori impegnati a chattare con amanti o amiche (o con le due cose messe assieme). E poi trova un alberello di Natale di plastica, fatto stranamente in Bangladesh e non in Cina, alto sì e no un metro. Natale prende l’alberello e il cappello da Babbo Natale e se li porta a casa. Natale vive in un appartamento di  una laterale di viale Verona. Lì ci abita con altre 7 persone, tra i quali suo cugino e il figlio di suo cugino, che per adesso garantiscono per lui, anche se lui ancora non ha raggiunto i vertici del commercio di roba come gli altri. Uno spacciatore clandestino a Vicenza non ha vita facile, è l’impersonificazione del male per la destra e lo sfregio del pensiero apollineo per la sinistra. In questa distopia ipocrita gli umani di destra o di sinistra, a Natale, si sentono più buoni. Il primo di loro a vedere la nuova vita di Natale sotto Natale è il componente di un circolo spontaneo vicino al Pd in gita nei quartieri degradati di Vicenza, con tanto di assicurazione fatta preventivamente. Natale, nel frattempo, ha iniziato la sua nuova attività. Si è messo in testa il cappello da Babbo Natale trovato nella spazzatura, ha messo l’alberello su due cassette di legno prese dall’emporio cinese all’angolo e come decorazione ha fatto delle palline di cocaina incellophanate, attaccate ai rametti. Vende l’albero a 250 euro, facendo una cresta di soli 10 euro sui 3 grammi di bamba.

“Hai visto, credo sia artigianato del nord africa”, dice una tipa della comitiva rossoverde a un’altra. “Si, credo di sì, a me piacciono questi quartieri”, risponde l’altra, fermandosi alla bancarella improvvisata di Natale, il quale ci mette pochi secondi a raccontare la sua storia. E la sua storia piace: il nero Natale, nato a Natale, che vende alberi di Natale artigianali con appesa la coca di Natale. “Natale si meriterebbe di più”, dice la tipa della comitiva in gita nei quartieri degradati e del fatto convince anche gli altri. E tre giorni prima di Natale, Natale diventa un simbolo. L’amministrazione comunale, chiusa nelle sue roccaforti d’acciaio, annoiata e impassibile, mentre guarda quasi disgustata i girovaghi russi o emiliani con le tristi bancarelle da sturm und drang padano e ammira malinconica, con le mani dietro la schiena, l’albero di Natale con tunnel – sacro a Odino – in piazza, riflette sul fatto che forse adottare Natale, un nero, a Natale, non sarebbe poi tanto sbagliato. Alla fine, basta dire che si può fare perché finalmente uno straniero ha capito, a suo modo, le grandi tradizioni dell’Italia, tipo appunto l’albero di Natale. Ed è così che l’albero di Natale, con le sue palline di coca, diventa l’albero più venduto nella città di Vicenza, tanto che lo stesso Comune, dopo aver concesso la licenza di ambulante a Natale, che adesso ne confeziona a iosa di alberelli, ne compra quasi 200. E gli alberelli di Natale di Natale il nero, entrano nelle case di Vicentini di destra o di sinistra. E portano tanta allegria. E Natale? Beh, prima di Pasqua avrà un appartamento tutto suo in corso Fogazzaro, tre amanti (due di sinistra e uno di destra) e dei negozi in franchising in tutta Italia al posto di un banchetto fatto con le cassette della signora Li.

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