Cellulare in classe: si o no?

Serve o no il cellulare in classe? Si può utilizzare oppure va ad incidere nel rapporto studente-studio? L’argomento torna di forte attualità anche nel mondo della politica. Non è un mistero, infatti, che il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara veda di cattivo occhio l’utilizzo dello smartphone in classe. Quella contro i cellulari è una crociata che il ministro porta avanti dall’inizio del suo mandato. A pochi mesi dall’insediamento, a dicembre 2022, in una circolare alle scuole intimava il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni, a meno che non venisse impiegato per scopi didattici. Adesso il ministro annuncia un’ulteriore stretta: l’uso dei cellulari nelle scuole dell’infanzia, elementari e medie viene sconsigliato anche per fini formativi.

Noi abbiamo chiesto a qualche prof. vicentino (con un’eccezione) di comunicarci un’opinione in merito. Sono professori delle superiori e quindi di istituti non toccati dall’eventuale decisione governativa, ma i ragazzi li vedono ogni giorno nell’età in cui lo smartphone è una sorta di protesi e possono avere una visione piuttosto ampia e sedimentata del “problema”.

Maurizio Franzina – IPSIA Fedele Lampertico

“Il tema del “vietare” è sempre complesso, in quanto si rischia di non migliorare la situazione. È ben vero che oggi nelle scuole è estremamente diffuso un uso smodato e diseducativo del cellulare. Tanti alunni sono costantemente “distratti” da questo utilizzo e seguono poco e male la lezione. Non vale per tutti, ma per molti. È altrettanto vero che oggi rinunciare al cellulare per molte ore consecutive non è semplice per nessuno. Va anche precisato che il ministro ribadisce un divieto che, ancorché spesso non rispettato, è già in essere. Quindi che fare? Io dico:
1) coinvolgere le famiglie. Agli alunni non in grado di gestire correttamente l’uso del cellulare, questo va vietato dai genitori. Si esce sa casa per andare a scuola senza telefono.
2) va dedicato tempo a scuola per insegnare agli alunni un uso proficuo e limitato del cellulare, evidenziandone pregi e limiti. Mettendo in luce gli aspetti negativi di un uso smodato della rete e dei social. Vanno sottolineati i molti pericoli a cui la rete ti espone e questo non vale solo per gli alunni, ma per tutti. 3) se queste due attività non portano ad un uso corretto dello strumento è giusto proibirlo”.

Roberta Lievore – Liceo Scientifico G.B. Quadri

“Il cellulare è per i nostri adolescenti una vera e propria protesi, un allungamento dell’arto. È una continua fonte di distrazione, con i tempi di attenzione che si riducono a quelli delle notifiche. Trascorrono la ricreazione a guardare il telefono invece che a socializzare con i compagni di scuola. In classe sarebbe meglio non averlo o comunque tenerlo spento, salvo quando può servire a uso didattico. È uno strumento potentissimo, messo nelle loro mani da bambini, spesso senza nessuna indicazione o limitazione. Penso che sarebbe meglio educare i ragazzi a un uso consapevole del mezzo, piuttosto che vietarlo, ma ciò dovrebbe avvenire anche fuori da scuola, altrimenti è come lottare contro i mulini a vento. Ricordiamoci inoltre che l’apprendimento avviene attraverso la relazione, con gli adulti e con i pari, e che un’interazione sociale povera o non sana pregiudica lo sviluppo cognitivo, oltre che amplificare il senso di solitudine che i nostri ragazzi già provano”.

Marilisa Munari – Liceo G.B Quadri

“L’utilizzo del cellulare in classe va sicuramente regolamentato. Se nella scuola primaria e secondaria di primo grado è quanto mai negativo quale elemento da un lato di distrazione e deconcentrazione, dall’altro di uso improprio anche in conseguenza della tenera età, ciò non vuol dire che alle superiori il problema non esista.
Bene la proibizione per quelle che erano le elementari e medie, anche perché i ragazzi di tale fascia non hanno consapevolezza delle conseguenze di un uso improprio dello strumento. Ma non sarebbe inopportuna una normativa più stringente per i ragazzi più grandi: alcuni istituti superiori si sono già dotati di regolamenti che applicano o integrano la normativa ministeriale del 2022, si potrebbe pensare a regole più vincolanti (ad esempio limitare l’utilizzo solo durante la ricreazione o imitare le scuole che si sono dotate di armadietti per cellulari da usare nelle 5 ore di lezione)”.

Stefano Mano – IIS S. Bertilla Boscardin

“La scelta di vietare cellulari e tablet nei gradi scolastici fino alla media inferiore può essere anche condivisibile, se ritenuta praticabile. A preoccupare è piuttosto la mancanza di una visione complessiva sul rapporto tra educazione e tecnologie. La scelta di destinare una quota consistente delle risorse del PNRR alla realizzazione, nelle scuole superiori, di classi e laboratori per la Didattica digitale integrata appare inevitabilmente contraddittoria e, ancor più, sembra non essere pienamente consapevole degli aspetti più critici delle tecnologie che si vogliono implementare nei percorsi formativi degli studenti del futuro: nei corsi di formazione che stiamo frequentando quest’anno, pagati con fondi PNRR, ci propongono ad esempio di utilizzare metodologie didattiche “innovative” come la “gamification”, ovvero l’inserimento di elementi tipici degli schemi di gioco competitivi in contesti di non gioco (che, però, è ritenuta anche una delle strategie responsabili della dipendenza da smartphone…); oppure ci prospettano futuribili ambienti d’apprendimento basati sulla realtà virtuale (si menziona esplicitamente il “metaverso”, ad esempio) e sull’intelligenza artificiale, tecnologie proprietarie non ancora completamente normate a livello internazionale. I problemi sono due, a mio parere: da un lato si rischia di investire risorse eccezionali in una direzione che, almeno all’apparenza, sembra non convincere nemmeno il ministro; dall’altro, non si comprende che il problema non è “digitale sì, digitale no”, ma quale digitale deve entrare nei programmi scolastici”.

Nico Pigato – Liceo G.B. Quadri

“La presenza del cellulare nella vita di quasi tutti noi, piaccia o no, è ormai un dato di fatto. In che misura e con quali conseguenze ciò accada negli adolescenti dovrebbe essere argomento per genitori, sociologi, psicologi e solo in seconda battuta per presidi ed insegnanti, a meno che non si voglia scaricare sulla scuola anche questa responsabilità educativa. Alla scuola spetta invece il compito di regolare l’utilizzo del telefono in classe. La mia posizione a riguardo è abbastanza serena: se utilizzato in modo corretto e ben guidato, il cellulare può essere un valido aiuto. Si obietta che gli studenti si possono distrarre durante le lezioni, ma, in tutta onestà, che ragazze e ragazzi a volte pensino e facciano altro mentre i loro insegnanti spiegano non è certo una novità degli ultimi anni. Si afferma che il telefono può essere utilizzato in modo fraudolento soprattutto in occasione delle prove scritte: è vero, non più di quanto sia vero però che tutti noi abbiamo in passato copiato dalla compagna di banco o ricevuto bigliettini dall’amico più bravo o studioso, sotto il naso di maestri e professori. Forse non sempre, di certo non con quei docenti che sorvegliavano con molta attenzione i nostri anche minimi movimenti e che oggi non avrebbero alcuna difficoltà a notare (e legittimamente a sequestrare) cellulari o tablet malandrini, sanzionando i comportamenti disonesti secondo tradizione, con buon senso, senza bisogno di legislazioni straordinarie”.

Chiudiamo con Christian Raimo che avevamo già ospitato sulle nostre pagine.

“Chiunque ragioni in modo serio sulla scuola sa che la questione nodale riguarda non l’uso dei cellulari in generale, ma comportamenti indotti da come vengono impostate le applicazioni: è lo scrolling, o il refreshing, o la pioggia di notifiche, a toglierci una delle risorse principali che abbiamo per lo studio e l’apprendimento, la concentrazione. Tristan Harris, interaction designer ed ex-design ethicist di Google, spiega: «Diversi miliardi di persone hanno una slot machine nelle loro tasche: quando controlliamo le notifiche sul nostro telefonino, quando “refreshiamo” per aggiornare le e-mail, quando facciamo scivolare il nostro indice lungo lo schermo per aggiornare Instagram, quando scorriamo i profili di potenziali partner su Tinder stiamo giocando con una slot machine». Non serve nemmeno sapere come questo genere di comportamenti, indotti e ripetuti, creino dipendenza per un meccanismo neurologico, produzione e rilascio di cortisolo, adrenalina… Ma qual è l’aspetto più paradossale di questa sciagura pedagogica? Che non sono soltanto piattaforme social come Tik Tok o Instagram a funzionare così e educare il nostro cervello a una dipendenza da device, ma anche altre applicazioni che oggi vengono considerate imprescindibili per la didattica a scuola: quelle del registro elettronico. L’app che gli studenti refreshano più spesso è proprio quella di Classeviva o Axios che è sui loro device, e che fornisce la media matematica dei voti. Allora diventa davvero poco credibile immaginare di contrastare un uso tossico dei cellulari, dopo aver impostato ormai ogni relazione educativa tra studenti e docenti, tra scuole e famiglie, attraverso il registro elettronico e il suo uso tramite applicazione. Ma tutto questo evidentemente il ministro distratto non lo sa”.

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