Buon Natale con le parole di Benedetto XVI ad un anno dalla morte

Un anno senza Joseph Ratzinger. Il Papa emerito ci lasciava il 31 dicembre del 2022, ed ora che si chiude il ’23 ed il Natale è alle porte, ci piace ricordarlo con alcune delle sue riflessioni proprio sulla festività imminente. Evangelizzazione, martirio, famiglia, ambiente, la figura di Maria. Nel tempo di Natale – tra messaggi, omelie, angelus e udienze – Papa Benedetto XVI ci ha trasmesso una serie di insegnamenti da non dimenticare. Senza avere la pretesa di essere esaurienti, vi proponiamo una breve selezione di suoi passaggi, per aiutare a ricordare.

NATALE, LE PAROLE DEL PAPA DA RICORDARE

“Essere discepoli di Cristo, che cosa significa? Ebbene, significa in primo luogo: arrivare a conoscerlo. Come avviene questo? E’ un invito ad ascoltarlo così come Egli ci parla nel testo della Sacra Scrittura, come si rivolge a noi e ci viene incontro nella comune preghiera della Chiesa, nei Sacramenti e nella testimonianza dei santi. Non si può mai conoscere Cristo solo teoricamente. Con grande dottrina si può sapere tutto sulle Sacre Scritture, senza averlo incontrato mai. Fa parte integrante del conoscerLo il camminare insieme con Lui”.
(Discorso ai membri della Curia Romana, 21 dicembre 2007)

“E’ lecito ancora oggi ‘evangelizzare’? Non dovrebbero piuttosto tutte le religioni e concezioni del mondo convivere pacificamente e cercare di fare insieme il meglio per l’umanità, ciascuna nel proprio modo? Ebbene, è indiscutibile che dobbiamo tutti convivere e cooperare nella tolleranza e nel rispetto reciproci. (…) Ma questa volontà di dialogo e di collaborazione significa forse allo stesso tempo che non possiamo più trasmettere il messaggio di Gesù Cristo? Vhi ha riconosciuto una grande verità, chi ha trovato una grande gioia, deve trasmetterla, non può affatto tenerla per sé. (…) Per giungere al suo compimento, la storia ha bisogno dell’annuncio della Buona Novella a tutti gli uomini, a tutti i popoli”.
(Discorso ai membri della Curia Romana, 21 dicembre 2007)

“Questo è il Natale! Evento storico e mistero di amore, che da oltre duemila anni interpella gli uomini e le donne di ogni epoca e di ogni luogo. E’ il giorno santo in cui rifulge la “grande luce” di Cristo portatrice di pace! Certo, per riconoscerla, per accoglierla ci vuole fede, ci vuole umiltà. L’umiltà di Maria, che ha creduto alla parola del Signore, e ha adorato per prima, china sulla mangiatoia, il Frutto del suo grembo; l’umiltà di Giuseppe, uomo giusto, che ebbe il coraggio della fede e preferì obbedire a Dio piuttosto che tutelare la propria reputazione; l’umiltà dei pastori, dei poveri ed anonimi pastori, che accolsero l’annuncio del messaggero celeste e in fretta raggiunsero la grotta dove trovarono il bambino appena nato e, pieni di stupore, lo adorarono lodando Dio. I piccoli, i poveri in spirito: ecco i protagonisti del Natale, ieri come oggi”.
(Messaggio Urbi et Orbi, Natale 2007)

“Il messaggio di Natale ci fa riconoscere il buio di un mondo chiuso, e con ciò illustra senz’altro una realtà che vediamo quotidianamente. Ma esso ci dice anche che Dio non si lascia chiudere fuori. Egli trova uno spazio, entrando magari per la stalla; esistono degli uomini che vedono la sua luce e la trasmettono”.
(Omelia della Notte di Natale)

“Egli è venuto per ridare alla creazione, al cosmo la sua bellezza e la sua dignità: è questo che a Natale prende il suo inizio e fa giubilare gli Angeli. La terra viene rimessa in sesto proprio per il fatto che viene aperta a Dio, che ottiene nuovamente la sua vera luce e, nella sintonia tra volere umano e volere divino, nell’unificazione dell’alto con il basso, recupera la sua bellezza, la sua dignità. Così Natale è una festa della creazione ricostituita”.
(Omelia della Notte di Natale)

“Nella stalla di Betlemme cielo e terra si toccano. Il cielo è venuto sulla terra. Per questo, da lì emana una luce per tutti i tempi; per questo lì s’accende la gioia; per questo lì nasce il canto. Alla fine della nostra meditazione natalizia vorrei citare una parola straordinaria di sant’Agostino. Interpretando l’invocazione della Preghiera del Signore: “Padre nostro che sei nei cieli”, egli domanda: che cosa è questo – il cielo? E dove è il cielo? Segue una risposta sorprendente: “…che sei nei cieli – ciò significa: nei santi e nei giusti. I cieli sono, sì, i corpi più alti dell’universo, ma tuttavia corpi, che non possono essere se non in un luogo. Se, però, si crede che il luogo di Dio sia nei cieli come nelle parti più alte del mondo, allora gli uccelli sarebbero più fortunati di noi, perché vivrebbero più vicini a Dio. Ma non è scritto: ‘Il Signore è vicino a quanti abitano sulle alture o sulle montagne’, ma invece: ‘Il Signore è vicino ai contriti di cuore’ (Sal 34[33],19), espressione che si riferisce all’umiltà. Come il peccatore viene chiamato ‘terra’, così al contrario il giusto può essere chiamato ‘cielo’” (Serm. in monte II 5, 17). Il cielo non appartiene alla geografia dello spazio, ma alla geografia del cuore”.
(Omelia della Notte di Natale)

“È Cristo la nostra speranza “affidabile”, ed a questo tema ho dedicato la recente Enciclica dal titolo Spe salvi. Ma la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per ciascuno di noi”.
(Omelia al Te Deum, 31 dicembre 2007)

“Il martirio cristiano è esclusivamente un atto d’amore, verso Dio e verso gli uomini, compresi i persecutori”
(Angelus del 26 dicembre 2007, festa di S. Stefano protomartire)

“Il bene della persona e della società è strettamente legato alla ‘buona salute’ della famiglia. Perciò la Chiesa è impegnata a difendere e promuovere ‘la dignità naturale e l’altissimo valore sacro’ del matrimonio e della famiglia”.
(Angelus del 30 dicembre 2007, festa della Santa Famiglia di Nazaret)

“Lo stesso amore che costruisce e tiene unita la famiglia, cellula vitale della società, favorisce l’instaurarsi tra i popoli della terra di quei rapporti di solidarietà e di collaborazione che si addicono a membri dell’unica famiglia umana. (…) Esiste pertanto uno stretto legame tra famiglia, società e pace. ‘Chi anche inconsapevolmente osteggia l’istituto familiare – osservo nel Messaggio per questa giornata della Pace – rende fragile la pace nell’intera comunità, nazionale e internazionale, perché indebolisce quella che, di fatto, è la principale agenzia di pace”.
(Angelus del 1° gennaio 2008, solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio)

“In questi giorni di festa ci siamo soffermati a contemplare nel presepe la rappresentazione della Natività. Al centro di questa scena troviamo la Vergine Madre che offre Gesù Bambino alla contemplazione di quanti si recano ad adorare il Salvatore: i pastori, la gente povera di Betlemme, i Magi venuti dall’Oriente. Più tardi, nella festa della “Presentazione del Signore”, che celebreremo il 2 febbraio, saranno il vecchio Simeone e la profetessa Anna a ricevere dalle mani della Madre il piccolo Bambino e ad adorarlo. La devozione del popolo cristiano ha sempre considerato la nascita di Gesù e la divina maternità di Maria come due aspetti dello stesso mistero dell’incarnazione del Verbo divino e perciò non ha mai considerato la Natività come una cosa del passato. Noi siamo “contemporanei” dei pastori, dei magi, di Simeone e di Anna, e mentre andiamo con loro siamo pieni di gioia, perchè Dio ha voluto essere il Dio con noi ed ha una madre, che è la nostra madre”.
(Udienza generale del 2 gennaio 2008)

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