Vicenza è una piccola città a vocazione conservativa, con solide basi di rancori, permeata su un perbenismo di facciata e più che eccellente nell’arte del pettegolezzo. A Vicenza se fai qualcosa sbagli, se non lo fai è pure molto peggio. Il Parco della Pace è stato un soggetto alieno per diversi anni. Chi lo vantava come orgoglio e simbolo, chi lo criticava perché privo di progettazione, chi addirittura faceva finta non esistesse, per levarsi l’onere di affrontarne il problema. Della complessità del posto abbiamo parlato qui, cercando di evidenziare tutti gli interrogativi che ancora sono presenti. Cosa sarà il PDP da grande? Una specie di oasi stile Parco Sigurtà a Valeggio sul Mincio, ricco di bellezza naturale? Un sito per una grande, comoda, cittadella dello sport? Un luogo per stabilire il quartier generale della protezione civile? O sarà un enorme fallimento perché nessun progetto è sostenibile economicamente e anche se lo fosse la città non reagirebbe adeguatamente e pochi si prenderebbero la briga di venirci?
Probabilmente queste sono state domande che si è posto anche Leonardo (Dodo) Nicolai (principale motore dell’iniziativa ma è doveroso citare anche Leone Zilio, Sara Baldinato e Ilaria Fantin) quando con lucida follia ha riunito attorno a un tavolo sei comitati di feste rock vicentine per immaginarsi una festa delle feste, un festival dei festival, qualcosa che richiamasse molta gente, unendo realtà già esistenti e forti, e che mettesse alla prova il PDP. E il parco dal 13 al 15 ottobre ha per la prima volta preso vita, e che vita! Quindicimila persone sono tante ma non è con un numero che possiamo raccontare cos’è stato Hangar Palooza. Comune di Vicenza, Jamrock, Lumen, Riviera Folk, Ferrock, From Disco To Disco e Spiorock sono riusciti a fare qualcosa di cui si parla sempre ma alla fine non si ottiene mai: hanno fatto rete, davvero. I tempi erano strettissimi, gli ostacoli molti, i rischi ben chiari. E alla fine è stato un grande, netto, pieno successo.
Un successo per l’atmosfera che si respirava, per le tantissime famiglie coi bambini scorrazzanti liberi, per le migliaia di biciclette, per le continue richieste di poter partecipare alla visita guidata al parco, per la compostezza e l’ordine di una marea di persone che ogni giorno facevano le ore piccolissime senza recar problema alcuno, per la costanza e l’impegno dei volontari. Insomma, tutto bene. Ma questo successo deve essere un monito. Abbiamo capito che PDP esiste, è facilmente raggiungibile, è location perfetta per eventi di calibro medio/alto e abbiamo capito soprattutto che i vicentini partecipano e sono pronti ad uscire dalle solite 4 strade del centro storico, pronti a sentirsi in aperta campagna rimanendo in città, pronti a stupirsi, pronti a ritrovarsi a convivere qualcosa di nuovo. Perché, sia ben chiaro, è vero che la musica l’ha fatta da padrona per 3 giorni, ma ogni persona presente si sentiva protagonista di qualcosa che era ben oltre e ben altro che un semplice festival rock. Hangar Palooza è stato un viaggio dentro ad una possibilità, un modello replicabile di interdisciplinarietà e di collaborazione. I film notturni, i concerti alle 7 del mattino, lo yoga, i mercatini, le conferenze, la bellissima ed intelligentissima mostra di Marco Dal Maso a cui dedicheremo un articolo nei prossimi giorni, tutto ha funzionato ed il motivo va anche e forse principalmente trovato nel desiderio di novità, nella voglia di cambiare anima. Che tutto questo non si perda, che tutto questo possa essere benzina emotiva e creativa per i prossimi anni. Al PDP ed in tutta la città.