“So così tante cose che non me le ricordo tutte” dice ad un certo punto del suo profluvio la dirompente e coinvolgente Lucilla Giagnoni. Ed è una frase che spiega perfettamente lo spettacolo. Che non è un monologo su Leopardi, nel senso che è “anche” un monologo su Leopardi ma che cos’è stato e cos’è oggi Leopardi se non così tante cose che nemmeno ce le ricordiamo tutte? L’anima del mondo è sfuggente come la natura, non quella crudele, ma la natura delle cose, il loro essere intimamente umane. “Come non vedere che null’altro la natura ci chiede con grida imperiose, se non che il corpo sia esente dal dolore, e nell’anima goda d’un senso gioioso sgombra d’affanni e timori?” (De Rerum Natura).
Lucilla Giagnoni fa un teatro che è spettacolo e divulgazione, multimedia e fisicità, letteratura e televisione. Può essere “troppo” a volte, può portare più lontano di quanto lo stesso testo possa o voglia, ma il flusso è inarrestabile così il ritmo, i battiti. “Un miliardo di battiti si vive”, ammonisce, come a rendersi conto che chi ha il cuore che batte di più (eccome poi) allora è anomalo o vive meglio o non sa di vivere peggio. Il recanatese non è mai nemmeno nominato ma detta il decalogo da cui muoversi. Viene in mente Gianni Rodari quando diceva che “Con un po’ di esercizio è possibile prendere lezioni di ottimismo anche da Giacomo Leopardi”.
Mentre scorre questa ora e mezza senza soste, sono le piccole cose a destare di più l’attenzione, ad indirizzare di più la speculazione. La ginestra più che il Vesuvio, il gelato (forse mortale) più che chissà quali altri pietanze. Perché partecipare all’anima del mondo vuol dire in fondo proprio questo: essere tutto e tutto sentire. E allora ecco che Leopardi diventa davvero un passe-partout per poter allargare lo sguardo, captare messaggi da chissà dove. Lucilla ha dichiarato che “Leopardi e la fisica costruiscono l’anima del mondo” e si capisce chiaramente dallo spettacolo che sottolinea di continuo come tutto sia oggi connesso, come Lorenz avesse ragione, come questo presente virtuale, rituale, afasico, debba per forza ricondursi alla poesia se vuole essere un cerchio completo.