“Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sono soltanto attori. Hanno le loro uscite come le loro entrate, e nella vita ognuno recita molte parti…”
Quel che cantava il Bardo era vero allora come oggi. Ma ci dimentichiamo a volte come coniugarlo. Non solo la recita è presente nelle nostre vite e tutti indossiamo maschere, costumi e abbiamo una parte. Ma il mondo come palcoscenico è qualcosa che va oltre ed entra nel paesaggio, nelle piazze, nelle vie, nei percorsi fisici che percorriamo ogni giorno. E questo teatro naturale è la scena per le azioni di Mattia Berto. Attore e regista, allievo di Maurizio Scaparro, da cui prende l’idea di teatro come connettore dei tessuti di una comunità. La performance innanzitutto. Il vitalismo come condizione essenziale. Mattia, da direttore del Teatrino Groggia a Venezia, inizia a concepire un’idea di democrazia partecipata attraverso il coinvolgimento diretto della cittadinanza. Non solo. Ad essere davvero coinvolto è il territorio, con spazi che non sono canonicamente teatrali. Il suo “teatro di cittadinanza” porta con sè riflessioni sociali, politiche ed antropologiche. Il suo bisogno di uscire dalla zona di comfort veneziana (oggi ha 50 performer che lo seguono) l’ha portato a sperimentare con altre comunità per capire se il teatro può essere realmente il motore che aiuti a capirci e a saldare i rapporti. Galeotta fu la Piccionaia che, tra le altre cose, si prende cura del Groggia. Così Mattia inizia un laboratorio a Vicenza, con residenza al Teatro Astra, lo scorso novembre. Obiettivo: azione aperta al pubblico il primo maggio. Sono 15 i partecipanti e si trovano ogni martedì per lavorare assieme.
Tra le arti partecipative, il teatro ha un potenziale trasformativo molto alto. Il teatro è la forma culturale e artistica prodotta dall’uomo che più si avvicina alla vita: in teatro l’uomo ritrova e utilizza gli stessi linguaggi che usa per vivere. Nella sua matrice originaria antropologica, che unisce dimensione rituale, ludica e simbolica, il teatro è costituito da un dispositivo culturale molto complesso che mette in movimento molti livelli dell’umano e tra loro li pone in connessione dinamica. Nel processo creativo teatrale, che coniuga espressione e comunicazione, hanno luogo trasformazioni che investono la totalità dell’uomo e che appaiono particolarmente potenti per gli elementi di integrazione tra corpo-cervello-mente.
Mattia Bardo è un entusiasta e un professionista appassionatissimo. “Io voglio uscire da teatro e andare nei luoghi e pensare ad un progetto che sia un carrozzone viaggiante che coinvolga spazi e persone e case private e carceri e hotel. La mia idea è quella di un teatro che coinvolga tutti. Ogni martedì vengo a Vicenza e faccio una buona pratica con una comunità di 15 vicentini tra studenti, netturbini, architetti, cittadini lituani, attivisti di lega ambiente. Abbiamo già realizzato una piccola uscita nell’ottica di mappare il territorio: una passeggiata in cui ognuno raccontava un luogo per lui speciale, non monumentale ma legato alla memoria e alla propria storia. A Venezia sto lavorando sulle metamorfosi, ai giardini. Parto sempre dal potenziale del luogo. Spesso uso i classici come pretesto e a Vicenza ho impostato il lavoro sul mito di Arianna e così avremo tanti minotauri. Parto da una ricerca personale e da quale sia il nostro minotauro in città. E poi si investiga sulla città come labirinto e successivamente sulla relazione tra labirinto interiore ed esteriore. Incredibile come sia contemporaneo il concetto di minotauro ora che siamo chiusi in casa per covid e siamo sempre più lontani nelle relazioni. Oggi Teseo non lo ucciderebbe ma lo trasformerebbe in qualcosa di nuovo, in un essere felice”.
Un martedì sera andiamo a vedere cosa combina Mattia col suo gruppo. Sembra una scolaresca felice. Iniziano a scaldarsi camminando sparsi. Poi partono le direttive: “il terreno è colloso” e loro subito mimano la fatica che comporta alzare i piedi dalla colla, poi “dite come vi sentite” e allora ognuno urla il suo stato d’animo al mondo. Si creano coppie, si danza, ci si sfiora, ci si fissa. Tutto è molto fisico, liberatorio, istintivo.
“Devo dire che a Vicenza il teatro di cittadinanza ha trovato un luogo confortevole dove muovere i primi passi- racconta Mattia- e dico primi passi perché la militanza in città deve durare anni per poterla rianimare. Ci vuole tempo. Come primo esperimento è comunque molto interessante. Non vediamo l’ora arrivi il primo maggio”.
E lo aspettiamo anche noi. Ovviamente ci saremo.