Freddo, covid, nebbia, crisi, eppure non ci fermiamo con le “Serate Qrwell”. Vicenza è quasi deserta il mercoledì sera alle 19 ma siamo presenti come sempre in “& Art Gallery” per l’incontro settimanale con un autore vicentino. Nicola Bertoldo sempre splendido padrone di casa, questa volta ospita la nostra serata con Michele Santuliana ed il suo libro “I Monti Celesti”. Relatrice è Paola Valente, docente di scuola primaria a Vicenza. Affermata scrittrice per bambini e ragazzi, tiene corsi di formazione per insegnanti. Fra i suoi numerosi libri, editi da Raffaello, “La maestra Tiramisù”, “Il pozzo dei dalit” e “La domenica è il futuro”.
L’opera di Santuliana si sofferma sui particolari, sulle singolarità del quotidiano e sui personaggi anche secondari che però disegnano meglio di altri il quadro d’assieme della nostra società. Il suo pensiero va ad un passato rurale ormai scomparso, alle vecchie osterie della stazione, ad un paesaggio deturpato ormai riconoscibile solo se si guarda oltre e più in alto. La sua è una ricerca di verità secolari che la modernità ha talmente livellato fino a farle scolorire. Non è per forza un “si stava meglio prima” ma è una riflessione su come sia necessario fare magari un passo indietro prima di farne due avanti.
Dalla quarta di copertina: “Sotto i monti celesti si stende la grande pianura padano-veneta, quella dei campi sterminati di un tempo, delle città fiorite d’arte e di storia e, oggi, delle zone industrial-artigianali, delle villette a schiera, dell’infinita periferia, degli onnipresenti centri commerciali, dei campanili appena visibili sopra caseggiati cadenti o di ultima generazione. Fra i monti e il piano giace una sottile striscia di territorio: è la fascia pedemontana del Veneto. Qui, fra brandelli di campagna che ancora conservano, seppur deturpati, i tratti di un tempo e un mondo che corre, vorticano, sussultano, si muovono i protagonisti di questi dodici racconti. Una raccolta che vuole essere uno sguardo sul nordest di oggi, sospeso fra passato e presente, sovente smarrito, alla ricerca di una dimensione e di un’identità, travolto da quello che Zanzotto chiamava ‘progresso scorsoio’ ma al contempo pervaso di feroce malinconica poesia”.