Quando la scienza scende dalla cattedra

Noi siamo sempre più abituati ad utilizzare tecnologie che conosciamo solo in superficie.
Diventiamo facilmente pratici utenti di programmi, ci facciamo forti di strumenti tecnologici complessi.
Ma conosciamo tutto questo?
Analizziamo rischi e vantaggi di queste risorse? 
Capiamo o almeno ci sforziamo di approfondire le conoscenze che percepiamo con la vista o il tatto?
Ragioniamo sull’uso proprio e improprio degli strumenti che quotidianamente maneggiamo distrattamente?
A Valdagno l’associazione “La via delle scienze” propone da anni affascinanti spunti di riflessione.
Ne parliamo con uno dei co-ideatori del progetto: Giulio Nardon.

Giulio Nardon

Professore, ci racconti un po’ di storia.

Nel 2012 con un gruppo di amici, prevalentemente colleghi, abbiamo pensato che le scienze e la tecnologia dovrebbero trovare nuovi palcoscenici che vadano oltre le aule di insegnamento.

In realtà inizialmente eravamo entusiasti ma anche convinti che gli argomenti trattati sarebbero stati considerati attraenti da una cerchia ristretta e culturalmente preparata. Coinvolta più per motivi professionali che per pura curiosità.

Quindi avete proposto incontri dedicati a docenti e professionisti?

Inizialmente si. Abbiamo cominciato con un appuntamento annuale che poi si è duplicato. Un incontro a primavera ed un secondo autunnale.

L’interesse si è sviluppato ben al di là degli addetti ai lavori. Questo quasi imprevisto successo ci ha spronati ad affrontare nuove sfide. Con il coinvolgimento di studiosi competenti è cresciuta negli anni anche la presenza di firme importanti, di personaggi noti ad un pubblico più vasto.

Siete dunque un incubatore di cultura, in una città che da questo punto di vista è già molto propositiva.

Noi in realtà non creiamo cultura, ma la diffondiamo. Abbiamo la convinzione che le scienze, sia di base che applicate, possano contribuire alla crescita della nostre società ed alla qualità della vita. Ma anche la consapevolezza che spesso la conoscenza non è così diffusa e che le informazioni sono solo superficiali. Conoscere per approfondire, riflettere e farsi un’opinione propria sono il motore delle nostre iniziative.

Ovviamente il Covid vi ha frenato. Ora la ripartenza

Il successo delle nostre iniziative ha trovato certamente una battuta di arresto nella pandemia in cui siamo incappati. I contributi filmati in questi mesi non sono mancati. Ma siamo convinti che gli incontri in presenza diano stimoli ed emozioni ben differenti.

E noi, anche attraverso l’incontro fisico con studiosi di grande qualità confidiamo di emozionare una platea di curiosi sempre più vasta e desiderosa di conoscere.

Quindi date il via ad una nuova stagione di incontri. A quando il primo evento?

Siamo arrivati quasi senza accorgercene, pur tra mille difficoltà, alla 14a stagione dei nostri appuntamenti con le scienze. Ripartiamo dunque con incontri aperti al pubblico, di presenza. La crisi pandemica non è ancora completamente risolta, ma siamo fiduciosi nell’efficacia dei vaccini. E come potrebbe non esserlo un’associazione dedita alla diffusione della scienza!

Tra ottobre e novembre organizzeremo tre serate che riteniamo di grande impatto culturale.

Il primo appuntamento è con lo scrittore e semiologo Renato Giovannoli, il secondo con l’immunologo Alberto Mantovani, il terzo con il Fisico Achille Giacometti.

Parliamo del primo incontro, dedicato ai Vortici di Van Gogh. Le deformazioni dei paesaggi sono spesso lette come sintomi di disagio psichico dell’artista.

Le forme vorticose e più in generale turbolente che deformano i paesaggi di van Gogh dipinti tra il 1888 e il 1890 sono state spesso lette come sintomi del disagio psichico patito dal pittore. In realtà, l’arte di van Gogh è un’arte a vocazione “diagrammatica”, che fa tesoro non solo della tradizione artistica estremo-orientale, da sempre particolarmente attenta alle metamorfosi della natura, ma anche dell’immaginario scientifico occidentale.

Prima del cubismo, van Gogh trasfigura la realtà in forme geometriche, servendosi, a differenza dei cubisti, che impongono a tutto forme poliedriche, una geometria “fluida” e tuttavia non priva di rigore matematico. «Sono nel pieno di un calcolo complicato da cui scaturiscono tele dipinte in fretta ma a lungo calcolate in precedenza», scrive al fratello Theo nel 1888.

Con buoni motivi, dunque, le sue opere, la cui superficie è concepita come un vero campo fluidodinamico, sono state analizzate sulla base della fisica dei moti vorticosi (instabilità di Kelvin-Helmholtz, teoria della turbolenza di Kolmogorov).

Appuntamento dunque il 15 di ottobre a Valdagno, alle ore 20:30 in Sala Soster.

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