Canova, un genio anche a Vicenza

Vicenza è la Città del Palladio. Su questo si discute, purtroppo, assai poco. Per tutti, i visitatori occasionali e soprattutto gli stessi vicentini, il figlio dello spaccapietre patavino Dellagondola ha egemonizzato la storia e l’arte nel capoluogo berico, fino a riassumerne in toto l’essenza, fino a diventarne obtorto collo una sorta di ambassador, o peggio, con termine preso a nolo dal marketing che oggi passa tanto di moda, di brand. Se volgessimo indietro lo sguardo con più attenzione, ne scrutassimo le pieghe, ne rovistassimo gli angoli più minuti sui quali la polvere dell’oblio si è annidata, troveremmo invece una Vicenza animata da temperie artistiche, intellettuali e politiche che in vari periodi l’hanno scossa, impreziosendone il patrimonio culturale, che spetta a noi conservare intatto ai posteri. È il caso di questa storia, che inizia dalla fine: corre l’anno 1816 enell’atrio a colonne tuscaniche della Casa di lavoro volontario e semiforzato di Borgo San Pietro s’inaugura il monumento funebre che intende celebrare la munificenza del suo fondatore e patrocinatore, il Conte Ottavio Trento, scomparso nel 1812.

L’opera consiste in una stele marmorea, sormontata da un neoclassico frontone triangolare e incisa con l’abile naturalezza che può appartenere solo ad un artista, nell’Italia del tempo: Antonio Canova.

Orbene, ci si chiederà, chi era Ottavio Trento e perché Vicenza decise di tributargli onori tanto solenni alla sua morte da convocare addirittura Canova, il principe degli scultori, per il suo monumento funebre?

Bisogna allora sapere che il nostro, nato nel 1729, era stato molte cose nella sua vita: iscritto alla nobiltà patrizia veneziana, membro dell’alta burocrazia serenissima, proprietario del teatro Delle Grazie e organizzatore dello spettacolo inaugurale all’Eretenio, con una prima de l’Olimpiade del Cimarosa. Un personaggio colto, insomma, ben introdotto negli ambienti di potere della Repubblica, da cui ottiene ricchezze tanto ingenti da renderlo uno degli uomini più ricchi di Vicenza, ma al qual e capita, come talvolta a chi ha ruoli di responsabilità in un’epoca di stravolgimenti, di vedere la propria esistenza tagliata a metà: nel 1805 la Serenissima è già caduta da otto anni e il generaleBonaparte, proclamatosi imperatore, con la vittoria di Austerlitz è padrone dell’Europa.Il Veneto si unisce ai territori lombardi ed emiliani a formare il Regno Italico, con capitale Milano.Termina un’era politica e ne sorge una nuova: il Conte Ottavio pensa bene di accodarsi, dato che non ha il potere di cambiare le cose, salendo sul carro dei francesi dominatori.

Il nuovo regime porta anche a Vicenza una ventata di novità, ma non tutti i riferimenti politici possono essere cancellati, anzi: a Napoleone fa comodo avere fiduciari tra i membri della vecchia aristocrazia, affinché il territorio sia presidiato e i sudditi domati. E chi meglio del Conte Trento, con la sua lunga esperienza di burocrate? Nel 1807 l’imperatore in visita a Vicenza è accolto al Teatro Olimpico, dove i patrizi della città hanno organizzato una serata di gala. Ottavio Trento è al centro della scena: è lui a guidare la delegazione di nobili che si presentano a Napoleone, ad introdurli al suo cospetto.

Una intesa inedita, quella tra Bonaparte e il conte, tra il nuovo e il vecchio volto della storia, tra rivoluzione e reazione: è Napoleone ad aver tradito i suoi antichi ideali, andando a braccetto con i nobili, o è Ottavio Trento a essersi imborghesito, sforzandosi di passare per liberale agli occhi dei nuovi padroni solo per opportunismo? Certo, se di bluff si trattava, doveva esser ben congegnato visto che nel 1811 il conte viene insignito della croce dell’Ordine della Corona Ferrea.Ma il monumento? È la visita del suo amico imperatore, nel 1807, a ispirare Trento nella creatura che gli sarebbe valsa il riconoscimento del Comune: l’idea di un istituto di ricovero che alleviasse la mendicità endemica del rione proletario di San Pietro pare sia venuta proprio a Napoleone, conversando col suo cicerone vicentino. In effetti, il convento di monache benedettine, con attigua chiesa trecentesca, era stato appena fatto sloggiare: i locali erano liberi. La struttura viene aperta nel 1813 e negli anni la propria azione sociale si rafforza: nel 1818 le sue porte accolgono i figli degli operai che hanno perso il lavoro negli opifici del borgo. Oggi, l’Istituto Trento prosegue la sua mai doma opera di aiuto come casa di cura e riposo di Vicenza. Quanto al conte, morì non potendo veder completato l’ospizio, ma al Comune, più che l’eredità spirituale, importava maggiormente quella ben più tangibile rappresentata dai talleri del vecchio: egli aveva nominato l’amministrazione vicentina erede universale del suo enorme patrimonio. Questo suo estremo atto di generosità gli guadagnò onori principeschi tra i quali si annovera la stele funebre di Antonio Canova, che reca incisa l’allegoria radiosa della Felicità che scrive le lodi di Ottavio Trento sulla colonna dove riposail suo busto. L’opera, il solo manufatto autografo di Canova presente a Vicenza, sovrasta la lastra di marmo che copre la tomba del conte, sepolto per sua volontà, nel salone del suo Istituto.Altro che solo Palladio! Partendo da una semplice stele abbiamo ricostruito le alterne vicissitudini di un grande vicentino del passato, abbiamo scoperto che l’Istituto Trento ha storia antica e nasce su impulso diretto di Napoleone, e soprattutto che la vita e le opere di Ottavio Trento hanno guadagnato a Vicenza la sua unica scultura firmata da Antonio Canova.

Aprile 2024

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