Quasi un supergruppo i Maustrap. Passati diversi in band diverse come Etabeta, OpenZoe, Aulesei e un presente più che promettente. Sono Lele Mancuso, Alessandro Riello, Ettore Craca e Enrico Ceccato. Stazionano tra Vicenza e Padova e “Spegni La Luce” è il loro primo album. Inizia con una drum machine naïf che ci porta dentro al primo, breve malinconico pezzo tra l’estate, tre amici, una barca. Poi Masquerade con un bel riff di chitarra e qualche ricordo degli ultimi Denovo. Forse la giovinezza è solo questo perenne amare i sensi e non pentirsi. Ancora atmosfere testuali da romanzo di formazione. Dopo un bel middle eight d’atmosfera il brano prende muscolatura nel finale. Non a caso presentato come singolo, è il perfetto biglietto da visita dell’opera.
Maustrap si basa su basso e batteria ripetitivi (sempre ottimo in tutto l’album il basso di Ettore Craca) Talpe in trappole per topi, memorie del lockdown. Più di un sentore eighties, delle esperienze italiane vicine alla wave come Diaframma e Moda. Qualche inquietudine che non guasta affatto. Arriva Soyuz e il quadro comincia a definirsi. Siamo alle prese con un’estetica sonora post-new wave italiana (ci scusi il maestro per la citazione strappata). Il ritornello apre alla melodia alla Alberto Camerini. Il testo cita l’USSR e conclude con un’epigrafica: “nessuno esce dall’adolescenza senza sanguinare”. Inchiostro è il momento acustico che forse convince meno del resto e rimane inespressa eco di certe cose dei Cure o di Garbo (il mondo di riferimento è pur sempre quello). Amarcord rialza l’asticella pop e riesce a strappare un sorriso quando volutamente ci caccia l’intro di “One Hundrer Years” all’inizio. Il bello (anche) di fare musica per questi non più ragazzi di primo pelo, deve per forza anche essere la libertà di portare in scena l’amore per la musica, per i mille e più mille dischi ascoltati e concerti visti, e fare una propria musica che fa propria anche la musica amata “travolti dai ricordi e lo scorrere della clessidra”. Malenica pare uno strambo mix tra Morgan, gli Offlaga Disco Pax e i Massimo Volume e non risulta completamente a fuoco nonostante una base strumentale davvero ottima. Candy Pharma è una ninnananna elettrica post moderna e uno dei momenti migliori dell’opera, e brilla anche per la brevità calibrata. Sera è la ballata più riuscita del lotto con le chitarre di Mancuso e Riello che si intrecciano e dialogano.
Finale con Non Vorrei Crepare che ci lascia con un impegno: “cerco di stare in ufficio il meno possibile” che è un modo (nobilissimo) di dirci che la musica viene prima di tutto e che il maledetto quotidiano val la pena di prenderlo con le accurate distanze.