Ma guardaci ora (smetti di guidare)
Alcune cose portano più dolori di Donne e Motori
Dacci solo un’occhiata (comincia a contare)
C’è qualcosa che ha senso come quando eravamo giovani?
Ma guardaci ora (smetti di guidare)
Alcune cose portano più dolori di Donne e Motori
Il genio di Paddy McAloon aveva un modo tutto suo di spiegare lo spleen e i Prefab Sprout rimangono uno dei gruppi più intensi (nel senso esistenzialista) della storia del pop. In “Cars and Girls” osava attaccare il DIO Springsteen e lo faceva frontalmente: “Brucie sogna, la vita è un’autostrada“, per poi dire che il dolore, quello vero, è ben altro che materia per racconti di donne e motori. Ma cosa sarebbe il Boss senza una macchina con cui fuggire dalla realtà? La macchina, in Springsteen, è sempre un correlativo oggettivo e mai mero mezzo di trasporto. C’è un auto in così tanti brani di Bruce che vien persino difficile elencarli. C’è però un pezzo, dalle sessions di “Born In The Usa” che ha nel titolo una particolare auto, che per gli americani è metafora di mille altre cose: la Cadillac. In questo caso una Cadillac rosa.
Ti amo per la tua Cadillac Rosa
Sedili in velluto sgualciti
Viaggiare sul retro
Giù per le strade
Salutare le ragazze
Sentirsi fuori portata
Spendere tutti i miei soldi
Il Sabato notte
Cara, Mi chiedo cosa tu faccia sui sedili posteriori
della tua Cadillac rosa
Cadillac Rosa
Il rock, non scordiamolo mai, nasce come “movimento” giovanilistico, ed è per sua natura musica giovane, ribelle, contro il sistema, libera a tutti i costi. E i valori della libertà sono quelli dello sperimentare la vita in ogni sua forma e offerta. L’automobile è il cavallo del cowboy moderno, con cui fare, di fatto, qualsiasi cosa. Ecco i sedili ribaltabili, ecco il vento tra i capelli, ecco la velocità, ecco l’andare via, lontano. Pure da noi la musica ha parlato di macchine, e nei momenti più colti del nostro cantautorato, ci sono esempi notissimi di uso della metafora motoristica in maniera raffinata e puramente italiana, dove, per una volta, si usa il termine come complimento. Pensiamo alla “Topolino amaranto” di Paolo Conte, col suo inconfondibile stile da belle epoque per cui nell’estate del ’46 si sta che è un incanto su quella macchina che rivali non ha.
Bionda non guardar dal finestrino
che c’è un paesaggio che non va
è appena finito il temporale
e sei case su dieci sono andate giù
meglio che tu apri la capotte
e con i tuoi occhioni guardi in su
beviti sto cielo azzurro e alto
che sembra di smalto
e corre con noi.
È finita la guerra, quel che si vede dalla macchina sono macerie e povertà, perciò dagli di gas che dobbiamo scordarci tutto. Per Giorgio Gaber invece l’ironia era più decisiva e il suo fare da guascone lo portava a sfoggiare una sfavillante Torpedo blu, “l’automobile sportiva che mi dà un tono di gioventù“. Poi si lanciava in metafore neanche troppo velate di quanto può capitare in una macchina:
Sembrerai una Jean Harlow
sulla mia torpedo blu.
indosserò un bel doppiopetto
ed un cappellone, come Al Capone, e in camicetta e maxigonna
tu mi accenderai il sigarone.
Ci sono migliaia e migliaia di canzoni che parlano di macchine, e moltissime parlano di particolari macchine, e tra queste, al primo posto per distacco vi è la Mercedes. Un auto che è status simbol da un lato e una manifestazione di affrancamento da un altro. Come in “Mercedes Benz” di Loredana Bertè che nel suo modo sfrontato, arriva a urlare una preghiera rivolta a Dio per ricevere la tanto desiderata
Mercedes Benz rossa fiammante e cabriolet, che la cantante desidera dal ’73. Non le interessano le Porsche che tutti i suoi amici guidano, l’unico suo desidero dopo una vita intera ancora qui ad aspettare è una Mercedes Benz rossa! E sempre al Signore si rivolgeva Janis Joplin.
Oh Lord, won’t you buy me a Mercedes-Benz? My friends all drive Porsches, I must make amends
Una critica decisa alla società del consumo. La Mercedes cantata da Janis è in realtà la trasposizione dello status symbol a quattro ruote per eccellenza, negli anni della rivoluzione culturale Hippy. Janis ha registrato il brano appena tre giorni prima di morire, per un’overdose di eroina, il 4 ottobre del 1970. Una curiosità: la cantante americana guidava una Porsche 356 che aveva fatto dipingere con colori sgargianti e motivi psichedelici.
In “What You See Is What You Sweat” invece, Aretha Franklin si rivolge al suo ex in maniera non troppo amichevole rinfacciandogli che lei li faceva pure guidare la sua Mercedes ma nonostante questo lui si è comportato da bastardo. Come a dire “ti ho dato tutto, persino le chiavi della Mercedes e tu mi tradisci?”.
Saltando di decenni e di generi, arriviamo alla coppia dorata del pop americano: Bejoncé e Jay-Z, che in “Bonnie & Clyde” ci raccontano di come a loro due basti solo l’amore reciproco (dopo pochi anni a Jay-Z apparentemente non bastò più, e Bejoncé ci fece un disco) e che l’uomo in questione prometteva alla sua donna una vita in grande stile con “Hermès, Birkin bag, Manolo Blahnik, Timbs, aviator lens, 600 drops and Mercedes Benz“
Avere una Mercedes è talmente importante che una donna può amarla più del suo uomo. Se l’uomo in questione si chiama Lenny Kravitz però non rimane certo in silenzio e così in “Is There Any Love In Your Heart” accusa la sua donna di amare di più Gucci e la Mercedes e lui, maschio alfa, la lascia con disprezzo.
Più particolare invece il caso del classicissimo “Payola Blues” di Neil Young. Il brano satireggia il lato commerciale dell’industria musicale e la relazione travagliata di Young con la sua casa discografica, la Geffen, suggerendo che i giorni dello scandalo payola dell’era di Alan Freed non sono mai passati. Il nome deriva dall’unione delle parole inglesi “pay” (pagare) e, alternativamente, “pianola” (nome desueto per indicare un pianoforte elettrico). Con il termine payola si indica, nel mondo del business musicale, una pratica illecita che consiste nel pagamento di un DJ o di un direttore radiofonico da parte di una società di edizioni (ASCAP, BMI, SIAE ..) o di etichette discografiche in cambio della messa in onda dei brani da loro prodotti. In “Payola Blues” il cantante ha corrotto il dj per avere la sua canzone in radio e poterla ascoltare ovviamente nella sua Mercedes, anche qui simbolo del successo e del “avercela fatta” con ogni mezzo.
Successo e festa quindi. Come in “Get The Party Started” di P!nk. La ragazzotta sfrutta l’immagine che la Mercedes-Benz emana, cantando “We’ll be lookin’ flashy in my Mercedes-Benz”. P!nk capisce cosa comporta possedere una M-B e come sia l’auto da guidare quando si esce in città con gli amici.
I New Radicals hanno avuto un solo hit ma decisamente noto e in quel pezzo si parlava anche di Mercedes. “You Get What You Give” infatti è una canzone di formazione e ruota attorno all’idea che è possibile vivere bene se ci si mette dentro ciò che si spera di tirarne fuori, e di conseguenza c’è un motivo per vivere e per non arrendersi: “Non mollare / hai la musica in te”. L’età dell’adolescenza, piena di struggimenti e di avventure interiori. Il pezzo è per tutti i giovani Holden degli anni ’90. Quelli che si sentivano soli anche in gruppo e che ogni notte buttavano un pezzo di vita. Bono nel ’93 in quel forse ultimo grande disco degli U2 che si chiamava “Zooropa” cantava della generazione x in “Daddy’s Gonna Pay For Your Crashed Car” perché si era ricchi, la storia era finita e i giovani erano perduti. Per Gregg Alexander si doveva prenderne atto ma sentirsi speciali comunque perché essere vivi è bello anche se distruggi la macchina più bella del mondo, o anzi lo è proprio perché puoi farlo.
Nemici
Che quando sei giù, non sono tuoi amici
Ogni notte distruggiamo una Mercedes-Benz
Prima corriamo e poi ridiamo fino a piangere
La celeberrima “Hotel California” degli Eagles è invece un’esplorazione metaforica dell’eccesso, della dipendenza e della sfuggente ricerca di soddisfazione. Rappresenta uno stato mentale in cui i vizi e i desideri diventano rifugio e prigione, racchiusi in un’illusione di lusso e libertà. L’hotel della canzone simboleggia l’indulgenza materialista dell’America degli anni ’70, dove fama e fortuna non riescono a portare la vera pace. Durante la seconda strofa il tema dell’“eccesso in America” entra davvero in gioco usando il simbolismo di una donna reale più che di un luogo. È ritratta come una persona materialista e promiscua.
La sua mente è un mondo Tiffany, lei ha la Mercedes-Benz
Ha un sacco di ragazzi carini, carini che lei chiama amici
Nonostante il fatto che questo luogo/persona si riveli in grado di succhiare “quello spirito” da chi partecipa alla sua allegria, ci sono ancora innumerevoli persone che desiderano stare in sua compagnia. Perché la vita è (anche) questo: gli estremi, il non voler pensare al male che sta attorno, il rifugio nei piaceri. Non è forse in sostanza quello di cui parlavano sia Springsteen che Paolo Conte?
Terminiamo con un brano poco citato di una band famosissima. Les boys è la settima e ultima traccia del terzo album dei Dire Straits, Making Movies pubblicato il 17 ottobre del 1980. Nel brano il narratore descrive con ironia, senza fornire giudizi, alcune scene che si svolgono all’interno di un locale gay di Monaco di Baviera; nel testo viene menzionato lo scrittore, drammaturgo e poeta francese Jean Genet. E i ragazzi possono viaggiare con una macchina che non sia una Mercedes Benz?
La musica è il rifugio dalla tempesta, il senso della poesia del vivere, l’aria stessa che respiriamo. Guidare una macchina cantando è una piccola vergogna di ognuno di noi. Farlo su una Mercedes verso l’orizzonte è un po’ più rock.
Link per la playlist: https://open.spotify.com/playlist/1hjRJuPvOUpLrCwWX3wQ2b?si=d8224bcf4abf486a