Cent’anni di Pasolini. Un secolo di uno dei più grandi, visionari e profetici intellettuali italiani. Chissà quanto male avrebbe vissuto PPP questi anni di degrado culturale e sociale. Eppure in un certo qual modo aveva tutto previsto. La supremazia del mercato sull’uomo, la fine dei valori portanti, la crisi delle democrazie. Per lui si era entrati nella decadenza già dalla fine della civiltà rurale e contadina, si era perduta la strada, si era smarrito il senso. E quindi, per una sera, è stato davvero emozionante ritrovare quel senso, quell’utopia pasoliniana, intimamente presente nelle note del sublime Bach.
Pasolini iniziò giovanissimo ad amare il compositore di Eisenach grazie alla sua insegnante di violino. Tra il ‘44 e il ‘45 Pier Paolo Pasolini scrive : «Il punto d’inizio d’ogni composizione bachiana è già altissimo. E tutto il resto non dovrà che mantenersi alla medesima altezza. Quindi, se vorremo scegliere un’immagine per la direzione della sua musica non credo ci sia nulla di più adatto che una retta orizzontale, se, a quell’altezza, Bach non ha da far sforzar alcuno per mantenercisi. Questa è arte, anzi, sarei tentato a dire, natura»
A iniziare Pasolini a Bach fu la violinista slovena Pina Kalc, conosciuta a Casarsa, in Friuli, nel febbraio del ’43: «Bach rappresentò per me in quei mesi la più forte e completa distrazione: rivedo ogni rigo, ogni nota di quella musica; risento la leggera emicrania che mi prendeva subito dopo le prime note, per lo sforzo che mi costava quell’ostinata attenzione del cuore e della mente», ricordò il poeta nei Quaderni rossi. La Kalc, addirittura, tentò di dare al giovane Pasolini lezioni di violino. Ma non ebbe successo, raccontò la violinista: «Non studiava. Mi diceva: Ma no, Pina, mi suoni lei, e mi suoni Bach. Sempre finiva così. Metteva il violinetto nell’astuccio, si metteva a sedere: Mi suoni Bach». Nelle Pagine corsare, scrisse idealmente alla Kalc: «Mi sento ancora fortemente commuovere dalla sua immagine che suona Bach; lei ha costruito un edificio saldissimo nella mia vita».
Pier Paolo Pasolini finì con l’impiegare la musica di Bach come colonna sonora di alcuni suoi importanti film, tra i quali “Accattone” (1961), “Il Vangelo secondo Matteo” (1964), “Sopralluoghi in Palestina per Il Vangelo secondo Matteo”(1963-64), “Appunti per un film sull’India” (1968), “Sequenza del fiore di carta” (1968) e il grande quanto dibattuto “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975). PPP definisce la musica come «l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà».
Su queste basi si è deciso di organizzare la splendida serata di Lunedì 21 marzo al Teatro San Marco a Vicenza. Unire Pasolini e Bach in un unico, meraviglioso concerto per parole e musica. Una suite senza interruzioni in cui si sono alternate letture pasoliniane e ben 12 musiche bachiane. Testo e voce narrante di Sandro Cappelletto. Insigne critico musicale e nota voce radiofonica, nonché scrittore e autore di programmi radiofonici e televisivi, Cappelletto è una delle figure principali nel campo musicale in Italia. A dirigere l’Orchestra barocca “Il Teatro Armonico” la vera grande protagonista della serata: Margherita Dalla Vecchia. A lei si deve l’ideazione della performance e il successo di un’operazione culturale di altissimo livello. L’Orchestra ha dato una prova talmente maiuscola che, alla fine della Sinfonia e Coro della cantata “Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen” scappa un’inizio di applauso dal pubblico, subito bloccato con un gesto veemente da parte della direttrice d’orchestra. L’applauso era spontaneo, tanto intensa era l’interpretazione. Ma era giusto conservare il silenzio, corretto mantenere una composta partecipazione a quello che è stato un unico, monolitico blocco di commovente trasporto.
Finale con un bis del Dona Nobis Pacem, che, visto il momento, veste il ruolo di speranza necessaria.
Una serata speciale. Peccato per la non elevata partecipazione numerica del pubblico. Eventi del genere meriterebbero un’altra eco.