Leone XIV, il Papa che farà la Storia

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Ma lo Spirito Santo, si sa, non sempre si preoccupa di parlare chiaro. Ama il paradosso, la sorpresa, l’ironia. E tuttavia, ogni tanto, compie il suo capolavoro con una nitidezza da lasciarci senza scuse. L’elezione di Leone XIV è uno di quei casi in cui l’ispirazione divina si manifesta con la sobrietà di un rullo di tamburi. Nessun fulmine, nessun colpo di scena cinematografico, solo la forza irresistibile dell’evidenza: ci è stato dato il Papa perfetto al momento perfetto.

Lo dico subito, così mi levo il pensiero: quest’uomo è un occidentale, anzi di più, è l’Occidente incarnato, nella sua versione più alta e nobile, quella agostiniana, inquieta, amante della verità e della giustizia, mai paga di sé ma mai disfattista. È un missionario che ha conosciuto il mondo nelle sue contraddizioni e nei suoi abissi, non in crociera intellettuale o in pellegrinaggi turistici, ma nell’umiltà del servizio. Eppure, a differenza dei predicatori moralisti e dei frati alla Savonarola da talk-show, non giudica, governa. Non condanna, comprende. Non grida, indirizza. Figlio di immigrati in quell’America che è stata forgiata dall’immigrazione, vicino ai migranti in un mondo globalizzato che sarà forgiato anche sulla migrazione.

Prende il nome di Leone, e questo non è un dettaglio da araldica pontificia. Perché Leone, il tredicesimo del nome, fu colui che aprì la modernità alla Chiesa, che firmò la Rerum Novarum, quel testo che oggi è di nuovo una carta costituzionale da studiare. La dottrina sociale non è carità pelosa, è politica allo stato puro, e Leone XIV lo ha comunicato nel suo discorso di insediamento, perché bisogna chiamarlo così, con il rispetto che si deve ai documenti di fondazione, in cui ha disegnato un programma di governo globale. E ha usato parole che fanno tremare le vene dei polsi: Pace, innanzitutto. E ha detto “pace” e ha guardato, senza nominarli, i dittatori negli occhi, come a dire: non vi temo, perché non temo la verità.

Un Papa agostinano è qualcosa di deflagrante dentro al mondo attuale. Dilige et quod vis fac (ama e fa ciò che vuoi) è una sintesi folgorante dell’etica cristiana fondata sull’amore autentico. In un mondo in cui spesso le leggi e i comportamenti vengono osservati solo formalmente o per convenienza, Agostino ci ricorda che solo l’amore autentico può guidare verso un’etica vera, non imposta dall’esterno, ma scelta nel profondo della coscienza. In questo, Leone XIV è una figura probabilmente dotata di una solida formazione teologica, comparabile a quella di Papa Ratzinger, ma meno distante, meno austera e più accessibile sul piano umano e pastorale. Papa Prevost è un pontiere, vicino agli ultimi per storia personale e per missione politica, l’americano più lontano possibile dal mondo MAGA. Ma non si tratta solo di opporsi a Trump come figura politica, ma a una visione americana (sempre più diffusa sia al Nord che al Sud del continente) che interpreta la ricchezza come un segno dell’approvazione di Dio e considera la fede come un credito spirituale da esigere: Dio sarebbe in qualche modo obbligato a realizzare i desideri del credente.

Leone XIV non romperà con Francesco. Non sarebbe stile da Chiesa, e non sarebbe nemmeno intelligente. Ne raccoglie il testimone, però, con uno scarto: senza il sottotesto antioccidentale, senza quella lieve diffidenza verso la modernità che spesso ha reso il messaggio bergogliano più divisivo che incisivo. Il nuovo Papa conosce i limiti della democrazia, ma la ama. Ama la libertà, ma non quella edonista e autoreferenziale. Ama l’uomo, ma non l’“uomo misura di tutte le cose”. Ama Dio, ma non come rifugio: come orizzonte.

Questo è il Papa di cui avevamo bisogno. Non solo noi cattolici, ma noi cittadini del mondo smarriti, noi democratici scoraggiati, noi figli di un Occidente che ha perso la memoria e la spina dorsale. Questo è il Papa che non ha bisogno di selfie, perché il suo sguardo è una visione. Questo è il Papa che dice le cose e poi le fa. Questo è il Leone che ruggisce, ma non per farsi sentire: per farci svegliare.

Ecco perché farà la Storia. Perché non cerca di interpretarla, la scrive.

Sarà un Papa grandissimo, un nuovo Wojtyla per i nostri tempi drammatici, ci andava di dirlo fin da subito, sicuri della fiducia che ci ha già donato.

(foto AP Photo/Alessandra Tarantino)

Novembre 2025

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