L’ISLAM SECONDO GUIDO PIOVENE

L’Islam e le sue contraddizioni, il timore che suscita, la difficoltà di comprendere. I temi sollevati dalla seconda grande religione mondiale non sono diventati centrali oggi con il terrorismo e le guerre ma lo erano già da ben prima. Sebbene si possa dire che Ataturk fosse più democratico e liberale di Erdogan e che la Persia prima della rivoluzione fosse una terra di gioia, già il “problema” Islam era al centro dell’agenda settant’anni fa. Era infatti il 1955 quando un gruppo di intellettuali islamici e italiani si riunì a Venezia per un incontro/dibattito teso a definire un rapporto tra i due mondi. Tra i presenti, un unico scrittore, Guido Piovene, che due anni dopo pubblicherà il resoconto di tali conversazioni dal titolo Processo dell’Islam alla civiltà occidentale.

Il saggio rappresenta uno degli esempi più illuminanti di come il pensiero occidentale abbia riflettuto sulle tensioni, le convergenze e le divergenze culturali tra il mondo islamico e quello occidentale. Pubblicato in un periodo storico segnato dal confronto tra tradizioni religiose, culturali e politiche, questo testo esplora con profondità il dialogo e lo scontro tra due grandi civiltà, cercando di comprenderne le radici e le conseguenze. I ’50 sono gli anni degli ultimi fuochi del colonialismo, pensiamo alla crisi di Suez, ai rapporti tra Francia e Algeria, quando al rifiuto degli U.S.A. di finanziare la costruzione della diga di Assuan, Nasser rispose nazionalizzando la Compagnia del canale e assicurando il proprio appoggio alla ribellione algerina, provocando l’immediata reazione di Israele che, con il conforto di Francia ed Inghilterra, occupò la striscia di Gaza e la penisola del Sinai, minacciando di invadere l’Egitto. Stati Uniti e Unione Sovietica fermarono però l’invasione costringendo Francia ed Inghilterra a ritirarsi. Piovene intuisce una lotta atavica, una tensione tra Oriente e Occidente. Egli deduce da questo incontro che Islam e Cristianesimo non potrebbero mai contrastare se osservassero il loro credo sempre e fino in fondo. La discussione ad un certo punto viene portata su un piano politico: le differenze vengono rimarcate riflettendo sulla loro natura non tanto religiosa ma soprattutto, politica ed economica. Ciò che elimina il dialogo infatti non è il credo, la fede ma il denaro, gli interessi, le armi, e le guerre. Piovene dunque piuttosto che fare il moderatore della discussione ha esposto le sue riflessioni senza timore.

Il termine “processo” utilizzato da Piovene non è casuale. Esso suggerisce l’idea di un confronto giudiziario, un dibattito in cui il mondo islamico sembra accusare l’Occidente di aver tradito i suoi valori originari in nome del progresso materiale. Piovene utilizza questo espediente per esaminare le critiche mosse dall’Islam all’Occidente, ma anche per riflettere sui limiti e le contraddizioni interne alle due civiltà. Il processo non è unidirezionale: l’Occidente, a sua volta, si pone domande sulla vitalità dell’Islam e sulla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti imposti dalla modernità.

Piovene descrive le critiche principali mosse dal mondo islamico verso l’Occidente. Tra queste:

  1. Materialismo e perdita dei valori spirituali: L’Islam accusa l’Occidente di aver ridotto la vita a una dimensione puramente materiale, perdendo il contatto con i valori spirituali e trascendenti. Il progresso tecnologico e scientifico è visto come vuoto se non accompagnato da una visione etica e morale.
  2. Colonialismo e sfruttamento: L’Occidente è percepito come un oppressore che, attraverso il colonialismo, ha impoverito e umiliato il mondo islamico, sottraendogli risorse materiali e culturali.
  3. Individualismo esasperato: L’Islam sottolinea l’importanza della comunità e della solidarietà sociale, in contrasto con l’individualismo dell’Occidente, che sembra portare alla frammentazione sociale e all’isolamento.
  4. Decadenza morale: La libertà individuale, se non bilanciata da un senso di responsabilità collettiva, viene considerata dall’Islam come una causa di decadenza morale e di perdita dell’ordine sociale.

Piovene non si limita a riportare le critiche dell’Islam, ma invita anche l’Occidente a riflettere sulle proprie contraddizioni. Egli riconosce che molte delle accuse non sono prive di fondamento. Il mondo occidentale, nella sua corsa al progresso, ha spesso sacrificato valori spirituali e comunitari, creando un vuoto esistenziale che nemmeno il benessere materiale è riuscito a colmare. L’autore evidenzia inoltre come l’Occidente, pur avendo dato un enorme contributo alla scienza, alla filosofia e all’arte, abbia spesso ignorato le esigenze delle altre culture, imponendo il proprio modello come universale. Questo atteggiamento, secondo Piovene, ha alimentato un senso di alienazione e di resistenza nel mondo islamico.

Se da un lato il saggio mette in evidenza le critiche dell’Islam all’Occidente, dall’altro esplora anche le sfide interne che il mondo islamico deve affrontare. Piovene osserva come l’Islam, pur essendo una civiltà profondamente radicata nei suoi principi spirituali, si trovi in difficoltà nel confrontarsi con la modernità. Alcuni dei temi affrontati includono:

  1. Il rapporto con la modernità: L’Islam deve trovare un equilibrio tra il rispetto della tradizione e l’apertura alle innovazioni scientifiche e tecnologiche.
  2. Il ruolo della religione nella politica: Piovene riflette sulla difficoltà del mondo islamico nel separare la dimensione religiosa da quella politica, un elemento che spesso genera conflitti sia interni che con l’Occidente.
  3. La frammentazione interna: Sebbene l’Islam si presenti come una religione unitaria, esistono profonde divisioni al suo interno, sia di natura teologica che culturale, che ne complicano il rapporto con il mondo esterno.

Uno degli aspetti più interessanti del saggio è il tentativo di individuare un terreno comune per il dialogo. Piovene non crede che il conflitto tra Islam e Occidente sia inevitabile; piuttosto, ritiene che la comprensione reciproca possa essere la chiave per superare le tensioni. Egli crede vi sia la ricerca di un senso trascendente della vita, che accomuna entrambe le civiltà nonostante le differenze religiose. Inoltre il desiderio di giustizia sociale e di equità, valori che sono al centro sia dell’etica islamica che delle migliori tradizioni occidentali. E per finire l’importanza della cultura e della conoscenza come strumenti per costruire ponti tra popoli diversi.

Da quel Convegno risultano evidenti il carattere poco saldo e superficiale dell’idea che il mondo islamico riesce a dare di se stesso, la sua rinuncia ad approfondire ciò che sul piano culturale e religioso lo differenzia da quello occidentale, la sua deliberata scelta, come evidenzia Piovene, a porre tutto su un piano puramente politico. Ma nel 1955 erano forse gli avvenimenti del momento ad assecondare la piega politica del dibattito. Il clima internazionale in cui si svolse era certamente meno drammatico e convulso di quello all’indomani dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle di Manhattan, alla metropolitana di Madrid, alla redazione di Charlie Hebdo; L’Islam era considerato un problema geograficamente lontano da noi.

L’autore vicentino è convinto che l’occidente si debba sbarazzare di due idee: quella di grande potenza e di una sua superiorità morale, di civiltà-guida; “Possiamo antivedere”-conclude-“una civiltà nella quale nessuno avrà l’egemonia e in cui tutti appariranno in veste di contribuenti”.

Febbraio 2025

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