Davanti allo specchio riconosciamo la nostra immagine, ci guardiamo negli occhi ed eccoci qua: noi, il vero soggetto, e quell’immagine riflessa che segue fedele ogni nostro gesto. Con una differenza: lì tutto è rovesciato in una simmetria inversa. Nel riflesso la mia destra diventa la sinistra, quel neo appare dall’altra parte del viso, siamo tanto abituati a rimirarci negli specchi da non fare caso al mondo al contrario che ci mostrano. Lo specchio in realtà non rovescia né inverte, è l’osservatore ingenuo che davanti a quella lastra riflettente si immedesima nell’uomo dentro lo specchio e pensa che oggetto e riflesso siano la medesima cosa. Ma quel riflesso ha il potere di rivelare un’immagine uguale e contraria, mostra un volto nascosto delle cose e le conduce a un confronto con sé stesse. Chi si vede allo specchio fa un’esperienza incredibile: viene messo in presenza di sé, è quasi costretto a riconoscersi e a prendere coscienza di alcuni suoi tratti che nemmeno immaginava gli appartenessero. Tutto ciò è possibile anche per oggetti meno concreti, anche per il più ineffabile dei sentimenti: l’amore. Lo specchio rende visibile un mondo che non è mai esattamente uguale al nostro, eppure è lo stesso. C’è un libro che, allo stesso modo, parla di amore ma senza parlare di amore, disegnando e giocando con intrecci che appaiono proprio il rovescio dell’amore, e gli appartengono. Gli amori difficili di cui scrive Calvino nell’omonima raccolta di racconti sono degli amori allo specchio. L’eterno amore è riflesso in un labirinto di avventure clandestine che svelano movimenti e desideri di donne e uomini. Il doppio dell’amore, nello specchio di Calvino, si mostra come un grande vuoto, un’assenza disperata ma pulsante di sentimento. Se l’amore si vedesse riflesso vedrebbe proprio quest’immagine tutta al contrario, satura di passione come di disinteresse, in cui sconosciuti s’incontrano e si lasciano in una notte. Il difficile negli amori sta nel trovare un’armonia, in queste storie ogni quieto equilibrio è spezzato o non è mai esistito. A ben guardare nei rapporti umani, anche assenza e indifferenza possono essere parte del rapporto amoroso. Gli incontri mancati che sembrerebbero mancanza di amore, sono invece il suo riflesso: la matrice è la stessa, tutto combacia ma l’essenza non potrebbe essere più diversa. C’è dell’ironia in questo titolo, dice Calvino, poiché dove d’amore si tratta le difficoltà restano molto relative. Ma le difficoltà qui non riguardano l’amore in sé e trascinano al confronto con un problema meno definito: la relazione umana.
Andare verso l’altro è un passo nel vuoto, un’avventura nel silenzio. In queste storie non ci si incontra mai ed anche quando vi è la convergenza massima tra i corpi questi restano muti in un limbo di incomunicabilità. Gli amori difficili raccontano del difficile rapporto del singolo con il mondo esterno. Riprendono spesso il tema dell’occhio, dell’osservatore senza essere visti; sono storie in cui si fuggono e si rincorrono evanescenti fuochi fatui. Tra tutte, forse l’avventura più celebre è quella della bagnante. Una signora durante una placida nuotata si accorge tardi, sbigottita, di aver perso la parte sotto del costume da bagno. In un misto di timore, angoscia, pudore, rassegnazione si arrovella su come tornare a riva inosservata. Nuotando libera nelle acque iridescenti dei raggi solari, tra il luccichio dei pesciolini, la signora prima guarda la riva, poi giù, verso il fondale di dune sabbiose e serra le gambe come per celarsi al suo stesso sguardo. Tra una bracciata e l’altra tenta una fuga dal suo corpo, si affanna cercando di seminare quel ventre bianco che si porta appresso. Il primo pensiero è nascondersi, ma nella meraviglia pian piano scopre un sentimento di nuova libertà. Inizia a fantasticare sulla sua nudità, consapevole di come sia per lei ora motivo di vergogna, qualcosa da coprire. Ma non è forse sempre stato così? La vita da donna vestita l’aveva privata della più naturale delle cose. Aveva finito per accettare la presenza coperta del suo corpo come si fa con un bel vaso vuoto, messo lì sulla credenza e di tanto in tanto adornato di qualche fiore. Il suo essere nuda davanti a un uomo, fin da giovane, era sempre accompagnato da una malizia inopportuna, da una vena di carnascialesca complicità come se la sua pelle fosse un costume ammiccante. La bagnante riflette e si aggira circospetta come una grande farfalla, galleggiando con solo la testa fuori; ma la stanchezza ha il sopravvento. Sente di essere allo stremo delle forze, di aver bisogno di aiuto, dell’aiuto di un uomo. Si afferra affannata all’orlo di una piccola boa color ruggine e inizia a piangere. Non è questo un amore difficile? L’amore tra la donna e se stessa, tra la donna e gli altri. L’armonia del suo essere è raggiunta solo nell’elemento primordiale, attorno a cui tutto si riflette. La bagnante è immersa nell’acqua ed è lontana da quella marmaglia che affolla la riva e davanti a cui non può mostrarsi, non la accetterebbero. La sua nudità è un amore segreto. La signora aggrappata alla boa, scossa dai brividi e con le guance rigate, piange perché si sente innocente. Piange perché sta soffrendo il dolore e la vergogna di quella nudità di cui si era dovuta accorgere e che aveva invece sempre considerato non una colpa, ma il segno della sua innocenza, ciò che la legava agli altri
in un vincolo di amore universale. Con analoga sensibilità Calvino racconta anche l’avventura senza veli di un poeta dai sensi anestetizzati e incapace di esprimere il suo amore per la natura e per una donna, l’avventura di un lettore restio ad abbandonare le pagine del suo libro per la vita vera e che mente spudoratamente a se stesso, la sgomentante avventura di un soldato ed una vedova che pure è la più colma d’amore. Sono tutti amori difficili, egoisti e nascosti che valgono più di quanto appaiano.