Quella bandiera. Che da due settimane è anche la nostra. Quei due colori che ormai sono i colori di tutta la gente libera del mondo. Al Teatro Comunale, lunedì sera, l’impatto delle due bandiere ucraine sul palco era stato fortissimo. La serata era organizzata per raccogliere fondi per il popolo ucraino attraverso un concerto gratuito della OTO, diretta per l’occasione da Bernabàs Kelemen, grande violinista ungherese che ha avuto come maestro l’inarrivabile Isaac Stern.
Comunale quasi pieno ed età media piuttosto alta.
Prima del concerto il Sindaco Rucco dal palco ringrazia e si alterna con don Enrico Pajarin nel ricordare che si possono fare donazioni sia via bonifico che lasciando qualcosa direttamente nel corso della serata. L’atmosfera è , inutile dirlo, di grande partecipazione emotiva.
Il programma, a dire il vero, è un po’ sorprendente per eventi del genere in cui di solito si ricorre ad un repertorio abbastanza noto se non proprio famoso.
Il Concerto per violino in sol maggiore di Haydn è del fratello Michael e non di Franz Joseph e non è nemmeno tra i suoi lavori più rilevanti visto che il suo apice sono state le partiture di musica sacra corale, compreso il Requiem pro defuncto Archiepiscopo Sigismundo in Do minore, che grande influenza ha avuto sul Requiem di Mozart.
Stesso discorso si può fare per la Sinfonia per archi n.10 di Mendelssohn, che l’enfant prodige di Amburgo compose ad appena 12 anni. E nemmeno il Diverimento per archi dell’immenso Bela Bartòk sfugge alla teoria dell’opera minore, appartenendo al suo periodo neoclassico che non è certamente la fase creativa che più contraddistingue il suo stile.
Eccezioni a tutto questo i due rimanenti momenti.
Innanzitutto le meravigliose Quattro danze transilvane di Sàndor Veress che rientrano anche concettualmente alla perfezione nel tema della serata.
Veress fu allievo di Bartòk e Kodàly, ovvero il massimo della musica ungherese. Come loro, si dedicò anche all’etnomusicologia, andando così a riscoprire le tradizioni delle regioni transilvane per queste danze. Poi, nel 1949, non avendo alcuna intenzione di sottomettersi alle ingiunzioni della dittatura culturale staliniana, Veress scelse la via dell’esilio verso la Svizzera
Pensare a quest’uomo che fugge da una dittatura mentre si ascolta della musica che parla di regioni a ridosso dell’Ucraina fa venire la pelle d’oca.
Brividi che son rimasti protagonisti anche durante le due esecuzioni di violino solo, concesse dal maestro Kelemen. Un Bach e un Paganini suonati con uno sfoggio di virtuosismo sublime che ha strappato lunghissimi applausi.
Ma alla fine, gli occhi non potevano che continuare a fissare quella bandiera.