Avviso ai lettori: questo pezzo non è raccomandato a chi crede che la ceretta all’inguine sia oppressione sistemica né a chi pensa che l’ascella pelosa sia terrorismo estetico. Tutti gli altri, si accomodino. Si ride, si riflette, si ride di nuovo. Allora. Una delle domande che il mondo continua a porsi con la stessa perplessità con cui si chiede perché Britney si filma ballando nel salotto vuoto è:
“Perché le femministe non si depilano?”
Domanda mal posta, naturalmente. Come tutte le domande che iniziano con “le femministe”, categoria che ormai abbraccia chiunque abbia un’opinione sull’utero altrui, sull’utero proprio, o sul fatto che Chiara Ferragni abbia pianto davanti alla Guardia di Finanza. Ma andiamo con ordine. Una volta (diciamo, nel ’77) smettere di depilarsi era un gesto rivoluzionario. Era l’equivalente estetico del lanciarsi contro un blindato con una copia di Noi donne in una mano e la mestruazione nell’altra. Oggi, nel 2025, lasciare le gambe incolte è più che altro il segno che la tua estetista ti ha ghostato. Eppure la leggenda resiste.
Nell’immaginario collettivo, la femminista è una creatura mitologica, metà Virginia Woolf, metà roseto incolto, che rifiuta la depilazione per opporsi al patriarcato. Ma lasciatemi dire una cosa, con tutta la calma e la pinzetta che non uso dal 2018: le femministe non si depilano perché hanno altro da fare. Non è una crociata, è pragmatismo. È gente che combatte il gender pay gap mentre voi vi strappate il baffetto. È gente che ha smesso di credere nel “body positive” quando ha capito che anche il body positive vuole che tu sia bella, purché con l’autostima.

Ma allora dobbiamo tutte farci crescere la giungla? No, calma. Il punto non è “depilatevi o no”, il punto è: smettete di depilarvi per motivi interessanti. Tipo perché siete stufe di spendere cinquanta euro al mese per farvi bruciare con la cera da una signora che vi dà del “tesoro” mentre vi strappa la dignità. O perché avete deciso che vi piacete di più così. O perché state girando un cortometraggio su Frida Kahlo e vi serve il monociglio. Ma non fate la rivoluzione con l’ascella. Non fate manifesti con la peluria del pube. Non fate TikTok sul vostro pelo che sfida la cultura patriarcale, mentre indossate sneakers sponsorizzate da un colosso del fast fashion che sfrutta lavoratrici minorenni in Bangladesh. Che poi, diciamolo, il vero atto rivoluzionario sarebbe potersi depilare o meno senza che nessuno abbia niente da dire. Né il fidanzato, né la madre, né le colleghe, né il parrucchiere che si improvvisa sociologo. Il pelo è solo pelo. Non è un manifesto. Non è un campo di battaglia. È una scelta, o un fastidio, o una dimenticanza.

E comunque, se vogliamo proprio dirla tutta, niente è più anti-sistema che radersi con entusiasmo e poi andare a una manifestazione transfemminista con l’inguine lucido come il cranio di Jeff Bezos. Perché la vera libertà è scegliere da sole cosa farci col nostro corpo, non farne una bandiera da sventolare in salotto, mentre aspettiamo che il patriarcato venga a vedere quanto siamo coraggiose. (Spoiler: non viene.)










