Perdonate se per una volta parliamo di noi. Chi vi scrive è solo uno dei tanti a cui è capitata un’aggressione con furto. È successo nella Roma capitale che (dati Sole 24 ore) è al terzo posto nella classifica dell’indice della criminalità in Italia. Al primo c’è saldamente Milano, mentre Vicenza nel 2023 (ultima annata monitorata) è 63esima. Mi poteva andare molto ma davvero molto peggio quindi la premessa è che il sottotesto di questo articolo non recita affatto “povero me” ma vorrebbe piuttosto spiegare quanto bizantina e kafkiana sia la situazione sicurezza in questo sciagurato paese.
I fatti. La sera di lunedì 24 giugno, vedo con un amico la (per altro bruttissima) partita tra Italia e Croazia al parco di Villa Lazzaroni, presso il Roma Summer Festival. A fine gara solite ultime chiacchere e poi l’amico mi riaccompagna verso il mio B&B in zona Termini. Ad un certo punto mi faccio lasciare giù anche se sono a poco meno di un chilometro dalla mèta, perché mi piace camminare, perché la sera prima tornando da zona Villa Borghese ho fatto la stessa cosa, perché Roma di notte è ancora più bella, per prendermi il ponentino, insomma perché mi andava. Arrivato in via Giolitti, ormai a 50 metri dalla stanza, mi avvicina un tizio dall’aria cortese che mi fa: “gentilmente, potresti dirmi che ore sono?”. Nel giro di pochi secondi accade che: estraggo telefono, mi prendo un primo pugno, mi porta via il telefono, due da dietro mi danno un altro pugno e un calcio, quasi mi sfilano i jeans e mi portano via anche il portafoglio e poi tutti e tre volano via come fulmini.
Qui inizia la fase divertente. Lasciamo stare lo shock, il dolore dei primi giorni, il senso di violazione fisica, perché, ripeto, “poteva andare molto peggio”. C’è chi si prende coltellate o ne esce con qualcosa di rotto, quindi evitiamo vittimismi. Il tema qui è il senso di abbandono. Provo a spiegarlo con la cronaca degli avvenimenti. Poco dopo il fattaccio vedo una pattuglia e la fermo. Mi dicono di rimanere sul posto e iniziano la perlustrazione della zona. Ogni tanto (tipo ogni mezzora) tornano e mi chiedono di rimanere dove sono. Attorno a me negozi notturni sempre aperti che vendono kebab e simili. Chiedo ai presenti in quei luoghi se hanno visto, se conoscono, se possono aiutarmi ma come risposta ottengo il silenzio e sguardi teatralmente altrove. Penso che se insisto le prendo anche da questi e torno in mezzo a via Giolitti ad attendere l’ennesimo giro della pattuglia dei Carabinieri. Ad un certo punto passa anche una volante della Polizia che mi dice che sono stati avvertiti via radio e di rimanere lì. E io rimango lì. Un via vai di pantegane mi tiene compagnia. A un bel momento torno al B&B perché l’utilità di rimanere lì mi sfugge visto che saranno passate delle ore (ipotizzo, non ho l’ora, l’ho data al gentile nordafricano) e infatti sono le 4, ero rimasto in strada 3 ore e mezza. La mattina dopo, con l’aiuto di un amico vicentino che vive là, vado in questura ma dopo un po’ di attesa mi dicono che hanno un fermo e non possono ricevermi per la denuncia quindi mi indirizzano verso una seconda questura dove però mi si dice che c’è carenza di personale in quella giornata e di andare in una terza questura. Finalmente arrivo alla questura che mi apre le porte. Il dialogo qui è piuttosto surreale. Innanzitutto l’agente mi chiede perché fossi in quella zona dopo la mezzanotte, ma mica per sapere i fatti miei (che avrebbe pure senso) ma con l’intento di farmi notare che, sostanzialmente, lì non ci si deve andare. “E che è colpa mia adesso?” gli dico. “Beh poteva scegliersi un B&B in un’altra zona” mi fa. E poi aggiunge una serie di racconti per disegnare bene come sia quel quadrilatero di vie. La settimana prima, mi dice, ad un turista hanno spaccato una bottiglia in testa per avere il cellulare. Prima ancora hanno accoltellato uno. Saprò poi da un collega romano che ne capitano 3 o 4 al giorno intorno a quelle strade e che non fa quasi più notizia.
Nei giorni successivi, a Vicenza, vivo la tragicommedia del recupero delle carte di credito, del numero di telefono (per cui devi fare due denunce che una non basta) delle mie spiegazioni di aver perso tutto a cui segue un: “mi spiace molto, può favorirmi un documento?”. Ma lasciamo stare. Qui il punto, come dicevo prima, è un altro. La cosa che impressiona è il fatto che ci sia totale abbandono e che in questura a Roma mi abbiano in sostanza detto che era colpa mia essere in quella zona dopo la mezzanotte. Si blatera di sicurezza solo per propaganda senza capire che il responsabile è questo stato ormai senza risorse. La cosa che impressiona è che il tema sicurezza viene usato a sproposito e vergognosamente dalla politica solo quando fa comodo e per mero tornaconto elettorale ma poi non si fa nulla o quasi. La cosa che impressiona è che è ovvio che ti vien da dire “brutti bastardi tornate a casa vostra” ma poi ci rifletti e capisci che se una zona centralissima di una città diventa un “lasciate ogni speranza voi che entrate” c’è qualcosa che va ben oltre la criminalità nordafricana, che rimane comunque un fatto grave. Il tema della sicurezza non è né di destra e nemmeno di sinistra. È un problema da affrontare con serietà e senza propaganda. È facile da cavalcare ma spesso si ritorce contro chi lo usa per farsi pubblicità. La sicurezza non la ottieni solo reprimendo, non la ottieni vietando, chiudendo, proibendo. La sicurezza è presenza dell’agio e assenza di disagio. Nelle piccole città la combatti di più col sociale, con la cultura, con il commercio. Nelle grandi città con i servizi, con la presenza costante nelle zone maggiormente interessate dai fenomeni di degrado. Ovunque e sempre con il rispetto del decoro urbano e con la promozione dell’inclusione della protezione e della solidarietà sociale. Ma non dimentichiamoci che a garantire la nostra sicurezza deve esserci lo stato. Uno stato che quando manca si vede e fa diventare interi quartieri patria di anarchia e disordine. Si dice che si andrà sempre più verso forme di sicurezza private. Ronde, agenzie, rangers. Non so dire se lo scenario sia più fosco o meno. Ma prima di fare qualsiasi ragionamento di pancia, riflettete su questo: più la politica è propaganda e meno lo stato è presente.