Non sembra anche a voi che da giugno a settembre la nostra città assuma una veste diversa rispetto a quella che normalmente suole indossare? Insieme a lei anche suoi abitanti diventano spesso dei personaggi macchiettistici divisi tra stress totale e noia atavica. Le mattine di luglio e agosto le strade progressivamente si svuotano ed il traffico che congestionava le arterie della città diventa sempre più rastremato, giorno dopo giorno, fino quasi a scomparire totalmente nelle due settimane centrali di agosto. Lungo i marciapiedi ci sono pochi anziani e qualche gruppo più o meno folto di bambini in bici o con un pallone, bramosi della sabbia e delle conchiglie, dei castelli e di un ghiacciolo dopo una giornata di giochi in riva al mare. I lavoratori, invece, non si palesano, se non durante l’orario di pranzo “dotati” di vistose macchie di sudore sulla schiena o, qualcuno, in qualche tavolino del centro, rigorosamente dopo le 18, sorseggiando un aperitivo. La routine si ripete grosso modo uguale, tutti i giorni e a tutte le ore, dal lunedì al giovedì. Il venerdì, però, la musica cambia. C’è un’aria frizzantina nelle città di pianura, d’estate, l’ultimo giorno della settimana. La gente è talmente contenta che rischia quasi, a volte, di sembrare simpatica. C’è chi è addirittura riuscito a chiedere un permesso, a lavorare solo la mattina o qualche ora prima di pranzo. Se però così non è, e quindi si deve stare in ufficio almeno fino alle 18, come se con quaranta gradi percepiti il cervello fosse in grado di concepire anche solo un pensiero dotato di ragione, l’uscita dal lavoro sembra qualcosa che si trova nel mezzo tra “Fuga da Alcatraz” e “Quella sporca dozzina”. In molti salutano l’amante per raggiungere i figli al mare, alcuni sudano ancora caricando la macchina per dirigersi verso qualche meta indefinita, mentre altri partono per vacanze opinabili, accingendosi a spendere i risparmi di un’intera stagione invernale in qualche località non meglio specificata del sud-est asiatico. Altri ancora, si dirigono verso la propria seconda casa, ma anche per loro l’agonia e lo stress non sono certo indifferenti. Autostrade stracolme e ricorrenti scioperi, ma anche suicidi o attacchi hacker, rendono l’utilizzo del mezzo su rotaia, potremmo dire, alquanto aleatorio.
Ed il resto dei vicentini? Chi rimane in città deve patire uno dei climi più torridi del nostro paese misto alla chiusura, per diverse settimane, di moltissime attività. Giusto pochi giorni fa mi è capitato di vedere affisso fuori ad alcune attività che rimarranno chiusi per ferie fino a settembre: fate voi le vostre valutazioni. Così l’estate vicentina dunque: divisa tra lo stress e la frenesia della fuga eterna dalla città e dall’altra la noia di rimanerci. Poi però, ad un certo punto, quando ormai ti stavi abituando, da fine agosto in poi le cose ricominciano a normalizzarsi, le persone tornano con regolarità alle loro attività e riaprono le scuole. Un barlume di tristezza alberga allora negli occhi e nei visi, a volte abbronzati dei vicentini. Un’ altra estate è andata e tutto torna ad essere normale, anche se il pensiero è ancora lì, con la sabbia tra le dita o per le vie della città storica, così vuota e tremendamente bella.