C’era una volta una Banglatown ad Alte Ceccato

Nel vicentino, ad Alte Ceccato, si è insediata, a partire dalla fine degli anni novanta, una numerosa comunità di cittadini provenienti dal Bangladesh. In dieci anni, aveva raggiunto cifre importanti che hanno reso il quartiere di Montecchio Maggiore il centro nevralgico di una più vasta comunità sparsa nelle valli dell’Ovest vicentino. Una ricerca, svolta tra il 2009 e il 2012, aveva spiegato i meccanismi che avevano portato tanti uomini provenienti da quel paese lontano. E, dopo gli uomini, le donne. Poi le famiglie formate con la presenza di figli. Alcuni nati in Bangladesh, molti nati in Italia, che hanno studiato, spesso con impegno e buoni risultati. E poi…. E poi le famiglie sono partite. Tutte in direzione Londra. La cittadinanza italiana acquisita con fatica e perseveranza e, quindi, il passaporto, esibito come un “trofeo” e usato come lasciapassare. La Banglatown è così svanita, in fretta come era nata.

Un nuovo libro raccoglie tante storie che il sociologo Francesco Della Puppa ha raccolto in Italia prima ed in Inghilterra poi. Storie di uomini e donne bangladesi che si sentono orgogliosamente italiani e oggi vivono con fatica e soddisfazione a Londra.

il sociologo Francesco Della Puppa

Un libro che in realtà è un fumetto. Un fumetto per raccontare una ricerca seria. Il sociologo che entra nella storia disegnata. Le relazioni che diventano frequentazioni amichevoli, avventure da raccontare.

Da Alte Ceccato, una sorta di capitale italiana del Bangladesh, appunto, da Arzignano sede del distretto conciario, da Marghera che è il polo navalmeccanico di riferimento, partono decine di storie vere piene di avventure vissute, di difficoltà da superare, di sogni da accarezzare, di delusioni da nascondere.

Tutto inizia con il sogno di un “orizzonte da raggiungere”.

Perché questo orizzonte si materializza in tanti sogni, ce lo racconta il sociologo Francesco Della Puppa: “La povertà non è il motore della migrazione dal Bangladesh”. Le motivazioni sono sempre complesse e spesso si sovrappongono. Il caso dell’emigrazione bangladese racconta di una popolazione migrante di classe media, che si sposta soprattutto perché non vede spazi di mobilità sociale – per sé stessi e per le proprie generazioni future – nel proprio paese.

Spesso appare come una sorta di rito di passaggio all’età adulta per i giovani maschi della fascia sociale intermedia: non così poveri da non poter accedere alle risorse necessarie per partire, non così ricchi da non avere bisogno di dimostrare nulla a nessuno”.

Il ricercatore diventa co-protagonista delle storie. Il suo avatar dentro il fumetto vive con le famiglie seguite ed intervistate. Comincia così un lunghissimo viaggio verso un orizzonte non completamente definito, immaginato ma non completamente riconosciuto. “Certo, il mito dell’Occidente determina una buona spinta a partire. In seguito nei giovani celibi subentra il desiderio di costituire una famiglia. A questo desiderio rispondono i matrimoni combinati”.

Leggendo questo fumetto si comprende meglio che i matrimoni combinati sono una consuetudine, come in gran parte del Sud del mondo.

“Si. I matrimoni sono una consuetudine quasi necessaria nel caso di giovani espatriati e questo non significa necessariamente che si tratti di matrimoni forzati imposti alle giovani donne.

Poiché l’emigrazione innalza la reputazione e lo status sociale di chi è riuscito ad attuarla, i giovani bangladesi riescono a impalmare spose di un livello sociale superiore, rivelando un guadagno dell’emigrazione a cui non siamo abituati a pensare. La tappa successiva è quella della formazione di famiglie transnazionali, in cui uno dei due coniugi vive e lavora all’estero, mentre l’altro rimane in patria”.

Le storie sono spesso molto simili, costruite quasi su un modello. “La ricerca che ho fatto restituisce effettivamente un modello tradizionale: chi espatria per primo è il marito, è lui che assume il compito di provvedere alla famiglia e su di lui ricade principalmente la sofferenza della distanza. Il lavoro che trova in Italia il giovane, spesso con buoni studi alle spalle, è un lavoro manuale, quello che non raccoglie più sufficiente disponibilità da parte dei giovani italiani: un lavoro operaio nel distretto della concia delle pelli nel vicentino, o nei cantieri della navalmeccanica a Marghera, o ancora nella cucina di un ristorante romano. Si tratta comunque di un lavoro regolare e soddisfacente per chi arriva da contesti del Sud del mondo.

La separazione dalla famiglia tuttavia non è definitiva. Un marito responsabile e devoto alla famiglia, oltre che desideroso di salvaguardare la sua reputazione e su cui cade il peso della solitudine si adopera per attuare il ricongiungimento della moglie e degli eventuali figli. Il lavoro di operaio, stabile anche se modesto, gli consente con non pochi sacrifici di trovare un alloggio in un quartiere popolare, soprattutto in provincia”.

Poi però gli anni passano, sopraggiunge la crisi economica del 2008, i figli crescono, ma, spesso, nonostante siano nati, cresciuti e “naturalizzati” in Italia, sono considerati ancora “stranieri” dalla società italiana il cui mercato del lavoro li sospinge verso le stesse professioni dei padri. 

E l’orizzonte cercato non sembra più coincidere con quello trovato. “Se i loro figli non potessero godere di migliori opportunità di realizzazione, gli anni e le fatiche vissuti dai padri in Italia sarebbero stati vani. Ecco, quindi, che l’unico modo per dare senso alla loro migrazione e alla loro vita in Italia è emigrare ulteriormente in un contesto maggiormente foriero di opportunità”.

Migliaia di cittadini bangladesi, dopo aver seguito tenacemente la procedura prescritta, sono diventati orgogliosamente italiani. Finalmente si apre la prospettiva di arrivare alla meta agognata. Londra ha una comunità bangladese vasta. Gli amici ed i parenti si moltiplicano. Le prospettive di lavoro vengono raccontate come più attraenti. La lingua inglese è più a portata di mano per i maschi e anche per le donne. E’ la seconda lingua ufficiale della Patria natia. La cultura inglese è stata trasmessa, qualche volta imposta, ma comunque è rimasta all’interno delle abitudini”.

Si parte. Dove si arriva lo racconta il libro. Ma questo potete leggerlo voi. Anzi, vi conviene. E’ proprio bello.

Titolo: La linea dell’orizzonte.
Un ethnographic novel sulla migrazione tra Bangladesh, Italia e Londra
Autori: Francesco Della Puppa, Francesco Matteuzzi e Francesco Saresin

Da Venezia a Londra. Un giovane sociologo conclude la sua ricerca sui cittadini italiani di origine bangladese che, arrivati in Italia negli anni Novanta, decidono di ripartire. Destinazione Londra. La “onward migration”, un fenomeno recente, offre interessanti e curiosi spunti di riflessione. Cosa spinge gli esseri umani a cercare migliori condizioni di vita, disegnando nuove rotte migratorie, condizionati dalle continue trasformazioni globali? Uno sguardo anche sulla situazione sociale, politica ed economica del nostro Paese.
Realizzato in collaborazione con il Centro Studi Emigrazione Roma.

Aprile 2024

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