Sabato 13 maggio, in Corte delle Filande, il prof. Luciano Chilese ha presentato il suo ultimo lavoro, “Montecchio Maggiore,1943-1945, l’occupazione tedesca e la Resistenza”.
Il volume, di oltre 700 pagine, è il frutto di un lungo lavoro di ricerca storica per restituire alla città un quadro chiaro di quello che fu la guerra civile a Montecchio e per dare finalmente un posto ai tanti protagonisti degli avvenimenti di quel periodo drammatico e tragico.
Un quadro appunto dove si muovono persone semplici, a tratti inconsapevoli, perché troppo giovani, ma con un’ idea chiara: riconquistare la libertà che l’esercito nazifascista negava.
Un piccolo cosmo entro il quale Chilese ha indagato da vero storico ovvero ricorrendo alle fonti primarie e secondarie, frequentando archivi storici, ma anche religiosi e soprattutto privati. Luciano ha visitato tante famiglie della città che gli hanno aperto i preziosi cassetti della memoria che conservavano i ricordi di quel tempo. Cartoline, fotografie, lettere dalle quali trarre informazioni preziose in aggiunta a quelle che la nutrita bibliografia locale offre. Di più ha cercato i protagonisti, partigiani e staffette ed è riuscito ad intervistarli, cosicché da salvarne il ricordo. Il professore, che ha il merito di essere stato il Preside della Media Pascoli, scuola di avanguardia, sperimentatrice di modelli di insegnamento diventati nel tempo parte integrante dei programmi nazionali, che ha voluto, da Assessore alla Cultura, la creazione dell’ archivio storico comunale che oggi offre una vasta mole di materiale di ricerca, con il suo ultimo lavoro ha dato voce ad una comunità, le ha dato l’opportunità di raccontare la Storia.
Perché la Storia è anche quella di giovani, ragazze, lavoratori, madri e padri che in nome della libertà scelsero di combattere da partigiani o di nascondere e proteggere chi aveva deciso che la giustizia vera è solo quella garantita dalla democrazia.
Li ha seguiti nelle loro imprese di guerra, nei loro nascondigli, peggio ancora nelle prigioni locali o nei campi di concentramento. Ha colto il dramma di chi teme per la sorte di un figlio, di chi come, le maestre, si preoccupavano della salute e della sicurezza degli scolari che, pur nel pieno della guerra frequentavano la scuola. Una comunità insomma, piegata dalla guerra, ma non vinta.
E il senso di comunità si è ricreato sabato pomeriggio intorno all’autore. I tanti montecchiani presenti all’evento, come per magia, si sono fatti trasportare dalla narrazione, dalle immagini, dalle foto e si sono sicuramente sentiti più partecipi della Storia della loro città.