Costellazioni Palladiane

Ogni cosa, creata dall’uomo o presente spontaneamente in natura, ha una sua narrazione. Ogni realtà fattuale si manifesta con un’identità propria o associatale dagli eventi. Prendiamo, ad esempio, un albero. Se ne sta lì, magari isolato, e apparentemente non comunica nulla che non sia il suo essere un albero e il suo stare lì. In realtà, la sua presenza definisce il paesaggio che lo circonda, e già questa è una particolarità unica. Inoltre l’albero, in quanto realtà, provoca reazioni, siano esse emotive o scientifiche, che declinate poi in racconto, svelano la peculiarità dell’essere e dell’esserci di quell’albero. Il genius loci, anche, è una narrazione. Ogni luogo ha una serie di significati in esso radunati, e questi costituiscono nell’insieme il suo genius loci. Una chiesa, così come un grattacielo, o un ponte, o anche un parco, sono luoghi in cui oltre al visibile vi è l’impermanente: quel che è vi è successo, i motivi per cui è successo e i significati che ne conseguono. Vite, esperienze, successi e amarezze: dietro e dentro ad ogni costruzione che vediamo vi è tutto questo.

La Basilica Palladiana è uno dei simboli di Vicenza e non solo. Insieme alla Rotonda e al Teatro Olimpico è il capolavoro assoluto di Palladio. Per Goethe non era nemmeno possibile descrivere l’emozione che provocava vedendola la prima volta. Noi, chi più chi meno, la vediamo ogni giorno. Certo, conosciamo la storia del Palazzo della Ragione, di come Palladio poi progettò una copertura. Sappiamo dello sciagurato bombardamento durante la guerra. E ci beviamo lo spritz dalla sua terrazza. Ma lo “storytelling” della Basilica, a pensarci bene, non era mai davvero esistito. Bene, ora c’è.

La bellezza straordinaria e mozzafiato dell’opera quasi metafisica del Palladio, è di per sè un’emozione talmente forte che da sola basterebbe a raccontare e a raccontarci cos’è la Basilica. Camminare nel loggiato o assistere ad un tramonto dalla terrazza o entrare nella sala grande ammirando la meravigliosa volta è un’esperienza totalizzante che si ripete costantemente. La Basilica è un museo naturale, un tempio che, anche spoglio da installazioni, mostre o bar, rimane di immaginifica potenza e quindi, come tale, va conosciuto nel suo essere unico. Ecco quindi che qualcuno ha pensato di raccontare la Basilica in un modo diverso, un modo fruibile a tutti e al tempo stesso calato nella storia e frutto di una profonda ricerca.

Ne parlo con la communication manager di Alquadrato, Valentina Sartori, che ha pensato e realizzato il progetto. “L’idea è nata, come accade quasi sempre, dall’osservazione. La committenza aveva chiesto di immaginare un modo per raccontare la Basilica all’interno della sala in assenza di mostre. Ecco che subito il pensiero si è focalizzato sull’enorme monolite nero che, essendo il contenitore degli allestimenti, rimane permanente nel salone”. Mi dice Valentina. In effetti il cubo ricorda un po’ Kubrick e un po’ la Mecca e al di là di un’iniziale stupore e curiosità, rimane corpo a se stante dentro ai 1.144 metri quadrati dell’immenso spazio.

“Si pensa ad adattare una soluzione narrativa alla struttura del monolite. La mia preoccupazione principale era che il tutto risultasse rispettoso dello spazio architettonico e dell’esperienza della visita dopodiché si poteva progettare di spiegare nel dettaglio la Basilica”. Il progetto di Valentina consiste in dieci schermi posizionati in maniera asimmetrica nelle quattro pareti del cubo. In ognuno degli schermi scorrono video che mostrano immagini storiche, materiale iconografico, eventi (anche mondani) accaduti in Basilica e in generale tutto quello che si può sapere su questo capolavoro. “Il video è lo strumento che permette il racconto nella maniera più immediata – prosegue Valentina Sartori – e sono in loop e volutamente silenziosi, per non disturbare il visitatore e l’ambiente”. “L’idea è nata in un paio di mesi, diventati 4 in totale con la raccolta dei materiali”. Cioè pochissimo, aggiungo io. “Si, abbiamo lavorato in tempi strettissimi ma con un metodo preciso. Siamo andati a ritroso. Prima si è deciso il tema di ogni video e da lì ci si è mossi per capire chi poteva darci una mano coi contenuti. I principali interlocutori sono stati il Comune di Vicenza, la Biblioteca Bertoliana e il CISA; sono stati tutti molto disponibili e velocissimi nel fornire quello che ci occorreva”.

L’esperienza della sala grande vuota con questo cubo reso “vivo” dai video è decisamente affascinante e, come dice il concept del progetto: “preserva il sublime vuoto palladiano, la sua vertigine e il suo silenzio”. I video ovviamente potranno essere modificati o sostituiti, ma in ogni caso sono inscindibili dalla struttura perché nati per essere fruiti su di essa. Quindi, in presenza di mostre, cubo e video spariranno momentaneamente. Altro non svelo, il valore della scoperta lo lascio a voi. La Basilica è aperta ogni giorno, escluso il lunedì e l’ingresso costa 2 euro per i residenti e 5 per i non residenti.

I dieci video sono stati realizzati grazie al materiale messo a disposizione da associazione culturale Abacoarchitettura, Adifly srl, archivio dell’ufficio stampa del Comune di Vicenza, associazione Illustri, Biblioteca civica Bertoliana, Antonio Di Lorenzo con il suo libro “Merita un monumento”, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, ALA Assoarchitetti e Premio Internazionale Dedalo Minosse. Il progetto è stato sviluppato in collaborazione con Altopiano Studio.

www.alquadrato.it

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