GIOVAN GIORGIO TRISSINO IL TALENT SCOUT E LO SPONSOR DI ANDREA PALLADIO

C’è un vicentino a cui la città dev’essere riconoscente per l’eternità. No, non è Andrea di Pietro detto Palladio, ma Giovan Giorgio Trissino del Vello d’Oro, il nobile artista e studioso che ne fu il talent scout e lo sponsor e che lo fece emergere dalla bottega davanti al monastero di San Biasio di Giovanni da Porlezza (che, dei due paroni, era l’architetto) e di Girolamo Pittoni, scultore, consentendo la sua evoluzione da artigiano a artista.
Se il Trissino non avesse scoperto il talento del giovane lapicida padovano, se non lo avesse formato non solo in architettura ma anche nella cultura generale dell’umanista rinascimentale, se – infine – non lo avesse introdotto nella sua cerchia di nobili committenti, Vicenza sarebbe stata una cittadina di provincia priva della notorietà e della attrattiva che le opere di Andrea Palladio le hanno, invece, garantito per sempre.
È anche la fortuna di Andrea quella di incontrare Giangiorgio Trissino, un conte vicentino di portata e conoscenze internazionali, dalla cultura umanistica tanto approfondita da rasentare in qualche caso la pedanteria, appassionato di architettura al punto di cimentarvisi come dilettante.
Trissino incontra il 27enne “spezzapria” verso il 1535, probabilmente nel cantiere della sua villa di Cricoli, che sta modificando, su suo progetto, da edificio gotico nelle forme rinascimentali mutuate dalla raffaellesca Villa Madama a Roma. Non tutti sono d’accordo su questa circostanza, ad esempio lo storico dell’arte Lionello Puppi sostiene che né Andrea né la bottega erano fra le maestranze del cantiere e che, piuttosto, l’avvicinamento fra i due sia stato indotto dalle referenze dei nobili che davano lavoro ai paroni della bottega. La vicenda resta e probabilmente resterà per sempre nell’indefinito. È, invece, probabile che il Thiene lo abbia fatto entrare nella Accademia Trissiniana, la schola di classicismo (e non solo) che ha sede proprio nella villa di Cricoli. Qui Andrea potrebbe aver imparato il latino, qui aver ricevuto le lezioni sul mondo greco-romano.
Giangiorgio si fa mentore del promettente padovano, gli fa da tutor e da sponsor. Lo introduce nella nobiltà di Padova, quando abbandona Cricoli nel 1538, e poi in quella di Venezia, dove approda successivamente. Andrea è come un figlio per lui, gli ricorda forse quello di primo letto Francesco, di poco più vecchio e morto prematuramente. Nel 1541 lo porta con sé a Roma per completare il cursus honorum dell’ormai prossimo architetto.
Giovan Giorgio Trissino nasce l’8 luglio 1478 a Vicenza dal ramo “del Vello d’Oro” (l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo lo autorizzò all’aggiunta del predicato al proprio cognome e alla modifica dello stemma gentilizio) di una delle più importanti e ricche famiglie della nobiltà cittadina, trasferitasi nel capoluogo del distretto due secoli prima pur mantenendo importanti proprietà nella omonima terra di origine. Come gran parte della aristocrazia vicentina, anche i Trissino furono imperialisti (Venezia, invece, era sostenuta dal popolo) e vicini all’eresia protestante. Il figlio Giulio, pur arciprete della cattedrale, fu uno dei capi dei protestanti in città.
Gian Giorgio ebbe una vita di alti e bassi. Fu abile e apprezzato diplomatico per il Papa, viaggiò molto e fu apprezzato in molte corti europee. Ma fu anche esiliato e gli furono confiscati i beni dalla Repubblica Serenissima per l’appoggio all’imperatore e dovette affrontare un duro contrasto con il figlio Giulio, che arrivò a cacciarlo di casa. Forse quel che più gli pesò, però, fu l’insuccesso nell’arte. La sintetica scheda di Wikipedia così lo profila: “protagonista di spicco della cultura rinascimentale, notissimo al tempo, esimio grecista e dantista, il Trissino incarnò perfettamente il modello dell’intellettuale universale di tradizione umanistica. Si interessò di linguistica e di grammatica, di architettura e di filosofia, di musica e di teatro, di filologia e di traduzioni, di poesia e di metrica, di numismatica, di poliorcetica, e di molte altre discipline. Nota era, anche presso i contemporanei, la sua erudizione sterminata, specie per quel che riguarda la cultura e la lingua greche, sull’esempio delle quali voleva rimodellare la poesia italiana”.
Le sue opere principali (la tragedia Sofonisba, il poema epico L’Italia liberata dai Goti e la commedia I Simillimi, tutti create secondo le norme derivate dai testi classici) non ebbero grande fortuna. Fondamentale, invece, nella letteratura italiana fu il suo lavoro sulla lingua attraverso diverse opere innovative, contenenti ardite proposte come quella di modificare l’alfabeto italiano inserendovi alcune lettere greche così da rendere visibili le differenti pronunce di alcune vocali e di alcune consonanti.
Morì a Roma, dove si era trasferito non avendo più casa a Vicenza, l’8 dicembre 1550, senza poter vedere le architetture del suo protegé Andrea Palladio.

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