Andando a scorrere i post sui social nella giornata di ieri, balzava all’occhio la quantità di commenti spaventati e profondamente negativi sul tema dei rincari dei costi delle mense scolastiche cittadine. Genitori arrabbiati per delle tariffe che sono molto più alte che in passato. Di fatto è tutto vero. C’è un evidente e netto rialzo tariffario e non si può biasimare il genitore che si lamenta. Come spesso accade però c’è la necessità di capire bene cosa sia successo, al netto del fatto che pagare di più un servizio scoccia molto e per qualcuno rappresenta un reale problema. Iniziamo col dire che le materie prime hanno avuto un aumento importante e continuano ad averlo. Chiunque vada a fare la spesa se ne rende conto, e parliamo degli ingredienti base per l’alimentazione dei bambini e dei ragazzi delle nostre scuole. Fino a ieri, i pasti per la fascia sotto i 5.000 euro di ISEE a Vicenza costavano da 50 centesimi fino a un massimo di 80 centesimi di euro cadauno, cifre completamente fuori dalla logica attuale. Tariffe che rappresentavano meno del 10% dei costi totali. Dovendo ora procedere con una nuova gara per l’assegnazione del servizio della mensa era assolutamente indispensabile adeguare la tariffazione all’aumento dei costi dei beni alimentari. Quel che ne è uscito è oggettivamente un nuovo quadro di costi che presenta aumenti per le famiglie. Oltre al fattore carovita e caro-spesa c’è da considerare anche che il personale scolastico statale ausiliario, da settembre, non si occuperà più dello scodellamento dei pasti obbligando quindi l’amministrazione a impegnare costi importanti (400.000 euro circa) per pagare la cooperativa che si occuperà di questo servizio. In sostanza c’era un sistema che economicamente non si reggeva più in piedi a cui si è aggiunta una nuova criticità dovuta per altro ad una organizzazione del personale statale e non di certo a decisioni comunali. Comune che, per altro, prima delle nuove tariffe era nettamente il più economico tra le grandi città del Veneto e rimane ancora oggi, con l’aggiornamento, assolutamente in linea e in moltissimi casi sotto agli altri comuni veneti soprattutto per gli ISEE bassi. È stata quindi studiata una rivoluzione del sistema di pagamento della mensa scolastica in città, determinata su principi di equità e proporzionalità. Si è passati da 3 fasce ISEE precedenti a ben 9 fasce inserendo un vero e proprio principio di progressività nel costo. Per le fasce medie il cambiamento è minimo, mentre la fascia di quota massima è stata spostata da un ISEE di 12.825,09 a uno di 40 mila euro. Si evince chiaramente quindi come, fermo restando l’obiettiva situazione di rincari, le nove fasce ISEE garantiscano più equità. Per fare un esempio pratico, le tariffe andranno da 1,5 euro a pasto per la soglia ISEE minima a 6 euro a pasto per chi ha un ISEE superiore a 40mila euro o residente fuori comune. Se guardiamo a Padova, per esempio, la forbice va dai 2,25 euro agli 8,06 euro.
Questi i fatti. A cui però sono seguite narrazioni non sempre corrette ed è dovere di chi informa cercare di chiarire le cose per offrire un servizio onesto di comunicazione. Vediamo le obiezioni una per una. Non si può pagare un pasto singolo ma si prevede il pagamento su base annua, in un’unica soluzione o in al massimo cinque rate bimestrali e questo, si è scritto, porta al fatto che se il bambino è assente devi pagare lo stesso. Non è propriamente così. Il pagamento annuo è pensato per evitare i problemi derivanti dall’evasione e comunque si deve tener conto che non si sta pagando “solo” un pasto ma un intero sistema di servizi che è indipendente dalla singola presenza. Per quanto riguarda i casi di malattie è previsto che per assenze dovute a malattie lunghe e serie ci sia ovviamente un’esenzione e si stanno studiano altre forme di trattamento nei casi di assenze. Altri sostengono che il comune avrebbe dovuto trovare le risorse, senza chiaramente spiegare come e dove. Ma questo non è possibile, perché non si tratta di soldi una tantum, o extra profitti da utili AIM, o multe o chissà cosa, ma di spese ripetitive e peraltro fisse. E i costi fissi sono importanti. Ricordiamo che Vicenza, fra le ultime città in Italia, ha un centro cottura interna con 40 cuochi di alta qualità per infanzia e asilo. Il comune può coprire ma di certo non tutto. L’adeguamento agli standard istat degli ultimi anni, ad esempio, è sempre stato coperto dal comune. Altra cosa da sottolineare è che da questa faccenda il comune non guadagna mezzo euro, e questo serve anche a rispondere a chi addirittura ha asserito che con questa manovra si pagano le rette degli asili nido. Falso. Anche perché in ogni caso sono voci di spesa diverse e comunque il programma di rendere gratuiti gli asili nido sta andando avanti spedito.
In sintesi, i rincari ci sono e sono oggettivi. L’aumento c’è, le arrabbiature sono legittime e assolutamente comprensibili. Non è però colpa del comune e anzi Vicenza rimane una città in cui le mense scolastiche costano e costeranno meno che nel resto del Veneto. Il tema è che c’è una gara triennale e il servizio era scaduto. Inoltre se lo stato interviene cambiando la legge che ora non prevede più l’utilizzo degli ausiliari dedicati alle mense, anche qui, il comune non può fare nulla. Non è una stangata del comune, è anzi un tentativo dell’amministrazione di venire incontro al problema carovita distribuendo in maniera più equa i sistemi di pagamento. Viviamo in un paese in cui i prezzi aumentano ma non gli stipendi, in cui il governo che aveva promesso la flat tax ha alzato le tasse e all’orizzonte non si vedono riforme strutturali. Il realismo che serve è quello che aiuta a capire la situazione nella sua complessità, come ad esempio per il tema sicurezza, altro settore in cui i comuni possono fare molto meno di quanto gli viene chiesto. Un realismo che viene sempre più accantonato dal dibattito pubblico perché la polemica è decisamente la via più semplice.