“Think”: il laboratorio rucchiano in Fiera di Vicenza

Think: pensa. Com’è stata quindi la celebrazione del rucchismo sabato mattina nella sala Palladio della Fiera? Una perfetta kermesse dell’era degli influencer, non un congresso di partito ma nemmeno una mera sfilata di tecnici. L’idea di fondo era dare risalto alla visione, alla dimensione progettuale di una città che va, appunto, ripensata e concepita come nuova città del ventunesimo secolo. Tutto corretto, tutto necessario, tutto ovviamente condivisibile. Talmente condivisibile da poter essere copia-incollato per quasi qualsiasi altra città e per qualsiasi altra lista civica o partito. Civismo è la parola d’ordine e quindi si serve la polis per la polis e si partecipa al rito collettivo della chiamata a raccolta per una nuova campagna.

Ad iniziare la giornata tocca al sindaco. Parte citando Heidegger, e qui c’è da chiedersi quanti tra i presenti abbiano avuto il medesimo sussulto, ipotizziamo forse nessuno. Eppure citare Heidegger in un convegno politico è come minimo rischioso. Poi prosegue più montalianamente parlando di quello che non si dirà durante la mattinata: “non faremo celebrazione di Rucco ma di Vicenza. E non parleremo di candidatura. Perché think? Perché abbiamo troppi stimoli e ci serve tempo per pensare. La dimensione più nobile è l’obbligo morale di riflettere e pensare al futuro”. Prosegue: “Dobbiamo guardare oltre il nostro tempo. Essere Rinascimento. Essere città del futuro. Avere un pensiero strategico. Individuare una nuova agenda. Diventare influencer della rigenerazione della città”. Sfido a non applaudire.

Poi si inizia con i relatori. La partenza è pacata ma non lascia nessun dubbio: si parla da destra e per la destra. Giovanni Maria Giacobazzi de Il Dubbio affronta il tema sicurezza. Il pugile campione Luca Rigoldi testimonia di come prenderle e non mollare. Un video sulla Vicenza città universitaria improvvisamente apre davvero ad una trasversalità di temi visto che si pone come obiettivo il ripristino dello studentato a San Silvestro (chiodo fisso da anni di quello che sarà l’oppositore di Rucco nel 2023). In mezzo, Eleonora Poletto, imprenditrice del sociale che spiega come gli anziani siano risorsa, e che vada sviluppata maggiormente la relazione tra domicilio e residenze esterne. Nulla di copernicano fin qui. Nemmeno quando parla Luigi Battistolli sui rapporti tra sport e impresa. Poi viene il turno di Christian Greco che dice che i tesori culturali non sono il petrolio del nostro paese, smentendo Salvini. Finalmente un po’ di concretezza con Luca Romano che, numeri alla mano, parla di demografia, di TAV come opportunità e del fatto che l’esistenza del treno veloce favorisce investimenti e porta ricchezza e lavoro nel territorio. Siamo oltre metà mattinata. Un quarto della platea ha abbandonato. Inizia però ora il momento più politico. Il politologo Luigi di Gregorio illustra i flussi elettorali e lo stato di forma delle liste civiche. Chiarisce come in politica sia la persona il brand più importante. Ergo: voto Rucco.

Ormai è mezzogiorno passato. Va in scena il gran finale coi grossi nomi ed esce trionfante l’appartenenza. Think si trasforma per mezz’ora in un convegno culturale di Fratelli d’Italia. Tocca ad Alessandro Giuli, uomo di Sangiuliano, che fu fogliante, poi di CL e ora meloniano. Esordisce leggendo il Parise patriota veneto. Ci comunica come dobbiamo essere fieri di noi stessi. Ma il top arriva con quel D’Annunzio in perenne ricerca di una nuova Fiume che risponde al nome di Pietrangelo Buttafuoco (la presentatrice Alessandra Viero lo chiama due volte Pierangelo, ma pazienza). Parla della bellezza della memoria; quando gli si ricorda che noi siamo moderati e razionali lui quasi trasale e dice “ma quale moderazione! Bisogna essere appassionati e visionari e sfidare la consuetudine”. A Buttafuoco gli si vuole bene a prescindere. “Le uova del drago” è uno dei libri italiani più belli degli ultimi vent’anni. “Cabaret Voltaire” è un pugno allo stomaco della retorica anti Islam. Lui è scomodo, si definisce “fascistissimo”, rappresenta quel filone della destra sovversiva e nichilista che ha il suo vertice in Céline. Insomma, noi sinceramente aspettavamo solo lui. Torna quindi Rucco per il finale. Dopo aver sentito Buttafuoco, è un ritorno alla pacatezza, che per Vicenza era e rimane la dimensione naturale. Rucco chiude dicendo che si deve ricostruire la trama della vita dentro le mura. Migliorare le condizioni che consentono alle persone di rimanere sul territorio. Breve elenco: “Servizi per l’infanzia. Città universitaria con un piano per università diffusa. Infrastrutture tecnologiche. Dare ruolo e servizi agli anziani investendo su invecchiamento attivo. Più spazio e importanza ai giovani. Digitalizzazione. Collaborazione più continua tra Comune e soggetti privati. Tema delle periferie che vanno vissute come spazi di modernità ovvero luoghi di residenza con servizi di qualità. Creare un contesto in cui centro e periferia si completino. Poi… aumentare il green verso lo zero consumo netto. La politica deve sfidare l’urbanistica”. Allarghiamo e includiamo chi è rimasto fuori, dice il sindaco alla mezza sala sopravvissuta. Perché da domani inizia una sfida straordinaria.

La mattinata alla fine è stata di adesione e non di opinione. In politica questo è un trend che pare irreversibile, mentre bisognerebbe lavorare sull’opinione e non sull’adesione, perché altrimenti il divisivo diventa sempre più imperante e non si crea comunità. Non ci è parso di vedere più di 15 o 20 persone sui 700 presenti ad inizio lavori, che non fossero già elettori di area. Think. Pensateci.

Aprile 2024

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