Maledetti coreani e i loro cineasti! Non era bastato “Parasite” a farci capire che avremmo dovuto fare un embargo contro la loro produzione cinematografica e televisiva in generale?
Come possiamo permetterci che in Italia circolino prodotti così innovativi, così affascinanti, con scenografie così particolari, girati benissimo, trame interessanti, denuncia sociale e un messaggio complesso come “Squid Game”. Dobbiamo fermarli!
Scusate il sarcasmo, ma c’è un’intera generazione cresciuta guardando “l’uomo tigre” e leggendo “Dylan Dog” che aspetta di diventare un’orda di feroci serial killer… e non è ancora successo, con buona pace del Moige che denuncia Netflix all’Agcom per Squid Game. Vedere rappresentate le nostre pulsioni, anche le peggiori, in teoria dovrebbe aiutare a esorcizzarle, non il contrario. Ma al di là di questo la critica sociale insita in questa serie non è proprio irrilevante visto che è stata ideata in un paese come la Corea del Sud dove l’indebitamento e il gioco d’azzardo sono vere e proprie piaghe sociali.

Che “Squid Game” non vada propinato ai bambini di terza elementare (che comunque dovrebbero leggere i sottotitoli) sembra ovvio, ma per questo basta il parental control. Sarebbe però ora di ragionare con un po’ di raziocinio e coerenza. Le petizioni di cancellazione della serie, che hanno costretto molti a guardarla in fretta prima che il fanatismo censorio la colpisse, parlano di un’altra cosa. La vera domanda che pongono è : chi educa i figli? lo stato o la famiglia? Se questa serie fosse trasmessa su Rai Uno alle 20.30 allora sarebbe “plausibile” (di certo non opportuno) fare tutte le petizioni del caso. Ma siamo nell’era delle piattaforme streaming: un genitore può tranquillamente decidere cosa far vedere ai figli… e allora cosa c’entrano le petizioni e le manifestazioni di protesta sui social o le denunce all’Agcom? Non si dà solo maggior visibilità a qualcosa che si vorrebbe vietare?

Se è la famiglia che decide come si educano i figli allora non ha senso protestare perché lo streaming permette un assoluto controllo di ciò che i figli possono vedere. Se invece si pensa che è lo Stato che decide, allora tutto dovrebbe essere “vidimato” dallo stato… Se per esempio, per lo stato va bene che nell’educazione sessuale scolastica sia compresa la (mal definita) “teoria gender”, allora va bene…
Secondo il nostro ragionamento, chi è contrario alla “Teoria Gender” nelle scuole non può essere d’accordo con la soppressione di “Squid Game” dalle piattaforme e viceversa. Perché chi decide come si educa allora ne ha anche la responsabilità. Non è un problema di contenuti, è un problema di coerenza e nell’educazione la coerenza dell’educatore è fondamentale. Non fatelo vedere ai minori di 16 anni (ammesso che siate in grado di impedirglielo) e continuate a inveire contro questo piccolo capolavoro orientale che fa pensare, riflettere e soprattutto non è un “pacco” come certa cinematografia che ben conosciamo. Semmai fate delle petizioni perché la programmazione serale inizi alle 20.30 e non un’ora dopo, che i minori hanno bisogno di dormire. Le invettive renderanno solo più famosa “Squid Game”, come succede sempre! Lunga vita alla censura che rende affascinanti anche le porcherie, figuriamoci le cose belle.