Oh, che meraviglia, che groviglio di contraddizioni, ipocrisie e strepiti da operetta ci offre questa vicenda! Vicenza è teatro di una gazzarra politica che sembra uscita da un dramma goldoniano, ma senza il garbo. La Corte di Cassazione, con la sua solenne autorità, ha dato un altro schiaffo al governo Meloni, dichiarando che il protocollo Italia-Albania sui Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) è, diciamo, un pasticcio giuridico, un’accozzaglia di norme che inciampano goffamente sul diritto europeo e italiano. Un disastro, un’ennesima prova che il “Decreto Sicurezza” e la legge sui rimpatri in Albania sono stati scritti con la perizia di un apprendista stregone che ha confuso il grimorio con un manuale di istruzioni IKEA. E chi ne paga il prezzo? Non certo i ministri che si pavoneggiano nei talk show, ma i cittadini, i commercianti, le signore come Margherita Parolin, che ha chiuso la sua boutique in corso Fogazzaro a Vicenza con un cartello che è un grido d’allarme: “Chiuso per paura”.

Eppure, in questo melodramma di provincia, chi si erge a paladino della sicurezza? La minoranza di destra, capitanata dai pasdaran di Fratelli d’Italia, che sbraitano contro il sindaco Giacomo Possamai come se fosse lui il demiurgo di ogni insicurezza, il responsabile di ogni saracinesca abbassata, il mandante di ogni disagio. Che ironia squisita, che sublime esercizio di amnesia politica! Perché, vedete, cari lettori, Fratelli d’Italia non è un circolo di scacchi di periferia: è il principale partito di governo, il timoniere della politica nazionale sulla sicurezza e sull’immigrazione. È il partito della premier Giorgia Meloni, che ha promesso mari e monti, rimpatri lampo, centri in Albania che “funzioneranno” (parola sua, ripetuta come un mantra mentre i giudici europei ridono sotto i baffi). È il partito che ha partorito il Decreto Sicurezza, un testo che sembra scritto con i piedi, e il protocollo con l’Albania, che la Cassazione ha gentilmente definito incompatibile con le norme europee, come dire che è un po’ come provare a far volare un’incudine.

Ma a Vicenza, la minoranza di Fratelli d’Italia, si comporta come se il loro partito fosse un’innocente associazione di birdwatching, estranea alle responsabilità di governo. Sbraitano contro Possamai, un sindaco che deve navigare nel mare tempestoso delle leggi nazionali, delle sentenze della Cassazione e delle inefficienze di un sistema che non controlla. Possamai, che pure ha espresso solidarietà alla commerciante e ha ringraziato le forze dell’ordine per il loro lavoro, viene dipinto come il cattivo della favola, il responsabile di un “degrado” che, a sentire i meloniani, sarebbe ovunque, come un’ombra biblica che oscura il Palladio. Ma davvero pensano che un sindaco possa, con un colpo di bacchetta magica, risolvere i problemi che il loro stesso governo ha aggravato con norme pasticciate e promesse irrealizzabili?

Il caso di Margherita Parolin è il cuore pulsante di questa tragicommedia. Una donna che, dopo 33 anni di attività, appende un cartello che è un pugno nello stomaco: “Chiuso per paura”. Non paura dei fantasmi, ma di un cittadino marocchino irregolare, già espulso, già condotto al CPR di Gradisca d’Isonzo, ma rilasciato per un cavillo medico, un “certificato di incompatibilità” che sembra uscito da un romanzo di Kafka. Questo individuo, incurante di Daspo e provvedimenti, torna a tormentare la commerciante, che si ritrova a barricarsi dietro la saracinesca. E chi cavalca questa vicenda? Fratelli d’Italia, naturalmente, che ne fa un simbolo nazionale, un “grido di dolore”, senza mai guardarsi allo specchio e chiedersi: ma non siamo noi al governo? Non siamo noi che abbiamo scritto leggi che permettono a un espulso di rientrare come se nulla fosse, grazie a “certificazioni mediche” che sembrano più un passepartout che un documento legale?

E qui sta il capolavoro dell’ipocrisia: Fratelli d’Italia, a Vicenza, accusa Possamai di lassismo, di incapacità, di essere troppo “di sinistra”, mentre a Roma il loro governo inciampa su se stesso, producendo normative che la Cassazione smonta come un castello di carte. La vicenda del protocollo Italia-Albania è emblematica: prima la Corte Suprema dà una timida benedizione, equiparando il centro di Gjader ai CPR italiani, poi si rimangia tutto e rinvia alla Corte di Giustizia Europea, sollevando dubbi sulla compatibilità con le direttive UE sui rimpatri e sull’accoglienza. Un balletto giuridico che farebbe invidia a Nureyev, ma che lascia i migranti a Gjader in un limbo e i cittadini italiani, come la signora Parolin, a chiedersi dove sia lo Stato.

E allora, cari amici di Fratelli d’Italia, permettetemi una domanda, con tutto il rispetto per il vostro ardore patriottico: come fate a puntare il dito contro un sindaco che, con le mani legate da leggi nazionali che voi avete scritto, cerca di gestire una situazione che voi stessi avete complicato? Come fate a cavalcare il dramma di una commerciante, trasformandolo in un’arma politica contro Possamai, quando il vero problema è un sistema di rimpatri che non funziona, un CPR che rilascia irregolari per “motivi di salute” e un protocollo con l’Albania che sembra un esercizio di fantasia più che una politica migratoria? È come se un cuoco bruciasse la cena e poi desse la colpa al cameriere perché il piatto è arrivato freddo.

E poi c’è il tema della sicurezza, questo totem attorno al quale si danza senza sosta. A Vicenza, Possamai ha detto chiaramente che non ci sono “fenomeni diffusi di delinquenza”, ma singoli soggetti che creano disagio. I dati non parlano di un’ondata criminale, ma di casi specifici, come quello dell’aggressore di corso Fogazzaro, che richiedono interventi mirati. Ma la destra preferisce il megafono alla precisione, il racconto apocalittico alla realtà. E così, il cartello “Chiuso per paura” diventa non un’arma contro un sistema che non funziona, ma un trofeo da sbandierare per colpire l’amministrazione locale.

In tutto questo, la povera Margherita Parolin, che ha avuto il coraggio di denunciare e di non piegarsi, merita rispetto, non di essere usata come pedina in una partita politica. Il suo caso non è “di destra” né “di sinistra”, come lei stessa ha detto, rifiutando di essere strumentalizzata. È il caso di una donna che vuole lavorare in pace, in una città che dovrebbe essere un gioiello, non un campo di battaglia. E invece, mentre la Cassazione smonta le velleità del governo, mentre i CPR si rivelano colabrodi giuridici, Fratelli d’Italia a Vicenza continua a gridare “sicurezza!” come un disco rotto, senza mai ammettere che il disco l’hanno inciso loro. Che spettacolo, che commedia! Ma, ahimè, la platea non ride: è troppo occupata a chiedersi quando, finalmente, qualcuno scriverà una legge che funzioni davvero.
EPILOGO:
Da due giorni il molestatore della commerciante di corso Fogazzaro si trova al CPR di Pian del Lago, in provincia di Caltanissetta, in attesa di essere rimpatriato. Così ha commentato il sindaco Possamai: “È una notizia che attendevamo e che ci solleva. Speriamo che grazie a questo nuovo decisivo impulso della Prefettura e della Questura di Vicenza si chiuda in modo definitivo una vicenda surreale che ha preoccupato l’intera città. Da parte nostra rimane massimo lo sforzo per garantire la serenità di chi vive e lavora in città e non deve in alcun modo essere destabilizzato dai soprusi di qualche balordo. Grazie alla collaborazione tra amministrazione, prefettura, forze dell’ordine e polizia locale qui è totale l’impegno per far sentire ai cittadini che possono aver fiducia nelle istituzioni. Una fiducia che le assurdità burocratiche di questa vicenda hanno rischiato di far vacillare”.










