UN TRISTISSIMO GIORNO DELLA MEMORIA

Ieri, presso la sede della Biblioteca Bertoliana di Vicenza, nella bacheca che mostrava, tra le altre, anche una locandina che richiamava agli appuntamenti per il giorno della memoria, qualcuno ha pensato di imbrattare di rosso sangue la locandina (che raffigurava il Memoriale dell’Olocausto di Berlino) e far scorrere idealmente il sangue fino a terra, per comunicare il disprezzo verso il popolo ebraico. Il presidente Alberto Galla ha denunciato sdegnato l’accaduto sui social e prontamente è arrivato l’odiatore medio con parole in libertà contro Segre e accuse agli israeliani “peggiori carnefici”. In poche parole, come vomitare sulla giornata della memoria.

Da due anni a questa parte, il giorno della memoria non è più quello di prima, per certi versi ha addirittura smarrito parte dei suoi fondamenti, per colpa di un sentimento popolare che nel corso dei decenni già stava crescendo ma che dopo la guerra iniziata in seguito al pogrom del 7 ottobre, è diventato odio conclamato. Oggi si ricordano le vittime dell’Olocausto, un orrore che non dovremmo mai dimenticare. Mentre il mondo affronta un aumento preoccupante dell’antisemitismo, è fondamentale impegnarci per preservare la memoria, educare le nuove generazioni e combattere ogni forma di odio. La memoria è la nostra forza, e abbiamo la responsabilità di garantire che simili atrocità non accadano mai più. Ma è impossibile non affrontare con angoscia la realtà. E la realtà ci parla di una sorta di nuova caccia all’ebreo, culturale, politica e persino fisica, che sta facendo tornare indietro la storia di un secolo. Non pensavamo fosse possibile, non era concepibile fino a pochi anni fa che si dovesse davvero discutere di antisemitismo come di un problema urgente.

Quando vidi “The Blues Brothers”, le scene coi “nazisti dell’Illinois” facevano ridere molto perché erano delle macchiette, delle figure improbabili e caricaturali. Erano gli anni ’80, quel periodo in cui essere antifascisti e anticomunisti allo stesso modo e tempo, era qualcosa di pressoché condiviso da tutti. Persino dai comunisti. Un po’ di anni dopo, a fine 1993, uscì “Schindler’s List” e parve all’epoca sancire il definitivo pensiero unico sulla tragedia subita dal popolo ebraico. Lezione compresa, capitolo chiuso per sempre, l’antisemitismo è quanto di più aberrante ci possa essere, nessun razzista fascio-nazi-comunista mai più lo metterà in discussione. Oddio, gli idioti a braccia tese da una parte e quelli con kefiah e slogan come “Palestina libera, Palestina rossa” c’erano sempre, ma sono gli effetti collaterali della libertà. Di fatto, di puro odio verso Israele non si sentiva parlare se non da questi estremisti. Quisquilie. Ma c’era un altro odio che cucinava a fuoco lentissimo, quello contro l’occidente, contro il capitalismo, contro il colonialismo occidentale e a favore del terzomondismo. L’odio per la globalizzazione vista come nuovo grimaldello contro le povertà del mondo. L’odio atavico per gli Stati Uniti d’America, anche dopo l’undici settembre, perché in fin dei conti “se lo sono andati a cercare”. E parte di quell’odio era anche antisemitismo strisciante, e questo è indubbio. Quanto sta capitando dopo il 7 ottobre non è una novità quindi, è una continuazione di un sentimento radicato, solo che ora fa più rumore e sgomento.

Sgomento perché non si sa sinceramente più cosa dire di fronte alle troppe dimostrazioni di antisemitismo in tutto il mondo. Come riporta l’autorevole osservatorio antisemitismo, la crescita esponenziale, vertiginosa, inquietante di manifestazioni di antisemitismo in Italia nel 2024 ha registrato un aumento di oltre il 400%. Cifre da far accapponare la pelle. Uno tra tutti gli esempi, e tra i più miserabili, è rappresentato dall’ormai “caso” Liliana Segre. Insulti, minacce gravi, attacchi ferocemente antisemiti. La rappresentazione di un fallimento che ci riguarda tutti perché quello che sta succedendo a Liliana Segre è responsabilità anche dei giornalisti e degli organi di stampa, dei politici, delle scuole e della classe intellettuale. Tanto che lei è arrivata a dire: “Spariti gli ultimi superstiti, della Shoah rimarrà solo una frase sui libri di storia”. Una dichiarazione che dovrebbe lasciare terrore in ognuno di noi. Dovrebbe.

E invece siamo costretti a dover difendere la posizione della comunità ebraica. Siamo costretti a spiegare i motivi per cui si deve ricordare l’olocausto, per cui l’antisemitismo è disumanità pura. E siamo costretti a farlo nei giorni della tregua a Gaza, mentre si evince la mancanza di empatia verso gli ostaggi israeliani in tutti questi mesi. Siamo costretti a farlo perché ANPI ha espulso i partigiani ebrei dai cortei del 25 aprile e ora la comunità ebrea è stanca di ipocrisie verso un’associazione che paragona Gaza alla Shoah. Siamo costretti a farlo perché viene da piangere dalla rabbia sentendo parlare di Ebrei brutti sporchi e cattivi. Siamo costretti a farlo perché ormai gli ebrei europei scelgono di girare senza la kippah per le strade, come se i cristiani girassero senza crocifisso al collo per le vie di Roma. Siamo costretti a farlo perché oggi in moltissimi parleranno più di Gaza che di olocausto, compiendo così un’operazione storicamente e intellettualmente meschina. Ancora, in fondo all’animo di tanti (troppi), l’antisemitismo non è scomparso, nonostante l’orrore del nazismo ieri e del terrorismo fondamentalista oggi. L’odio cova nelle menti ignoranti.

Febbraio 2025

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