“Le mie canzoni parlano di umane deviazioni, luoghi di distrazione. Racconto storie vere, a volte prese in prestito altre viste da vicino” dice Luca Bastianello, in arte Bastiano, nel press kit che presenta il suo primo album “Punti che si uniscono” uscito il 20 gennaio e suonato e composto dallo stesso Bastiano con l’aiuto di Alberto De Rossi per la produzione artistica e della garanzia chiamata Alessandro Lupatin alla batteria. Di Bastiano avevamo già parlato un anno fa recensendo “Siamo di passaggio“, che era uscita come singolo così come prima “Panda” e “Stampalia” e ora tutti e tre i brani sono nella setlist dell’album. Sono otto brani, otto “umane deviazioni” che raccontano quelle piccole cose che poi formano un’identità più complessa, particolari del quadro d’assieme. I territori frequentati sono nobilissimi. I cambi di accordo nel seppur brevissimo middle-eight dell’iniziale “Stampalia” svelano già molto delle capacità compositive di Bastiano. Non è il solito cantautorato italiano. “Il monologo”, ad esempio, è eccentrica nel suo non spiegarsi mai fino in fondo, nel promettere aperture che di fatto non arrivano, anche se convince forse meno nell’inserto parlato. In generale l’album riesce a rendere perfettamente omogenei i momenti lirici e quelli di pieno strumentale e la produzione è sempre al servizio della melodia e delle armonie. “Luogo comune” si distende fino al primo solo di chitarra vero del disco che porta in volo i “tarli per la testa” per una ballata riuscitissima.

“Dimmi cos’è” fa ampio uso d’archi per descrivere com’è “battere a un portone quando fuori piove” e rende bene l’idea che c’è in fondo al lavoro, quella di vivere ciò che arriva capendolo mentre lo si vive, quasi meravigliandosi di fronte all’esistenza stessa, come se fosse bizzarro rendersi conto che le giornate sono fatte di cose che succedono davvero e quindi, compreso questo, cercare di unire i cocci o i puntini, come meglio suggerisce il titolo. La title track rimane uno dei miglior momenti dell’opera con quel suo incedere sicuro che poi lascia spazio a spirali psichedeliche inattese. Ma il meglio arriva verso la fine, a partire da “Falangi” con quel piano un po’ sgraziato e la pigra andatura del drumming e quella che parrebbe una steel nel ritornello. Il punto più alto del disco. Poi “Panda”, che conoscevamo già ma non stanca mai. Una roba che se la fanno i Coma_Cose ci vincono dischi di platino. Finale con “Umane deviazioni” e le scuse e le domande e le risposte e i casini che abbiamo tra noi e noi stessi e quegli inserti strumentali a metà e a fine canzone che sono tra i migliori biglietti da visita della proposta raffinata di Luca. Un disco sorprendente per freschezza e onestà.