Giuseppe Roi è stato l’ultimo mecenate nella storia di Vicenza. La sua influenza sulla cultura della città è ancora forte e presente, a quindici anni dalla sua morte, perchè la Fondazione che porta il suo nome continua a sostenere progetti culturali grazie al patrimonio di cui il fondatore la ha dotata.
La storia di Giuseppe Roi ha le sue radici in quella di una famiglia di grandi imprenditori, che, a cavallo fra Ottocento e Novecento, crea un polo industriale di livello internazionale nel settore tessile. Come i Marzotto a Valdagno e come i Rossi a Schio, anche i Roi aprono la loro azienda dove c’è l’energia naturale prodotta dai corsi d’acqua (a Vicenza negli ex mulini di contrà San Marco) e sanno poi usare le nuove tecnologie per renderla competitiva sui mercati.
Questi industriali vicentini hanno anche un ruolo sociale importante perchè realizzano quel modello di città-azienda che riunisce proprietà, dipendenti, stabilimenti, infrastrutture e urbanistica in un unico contesto interdipendente.
All’inizio dell’Ottocento uno scalpellino, Pietro Roi, arriva dalla Carnia con cinque figli a Bassano e apre una attività di commercio della canapa. Nel 1823 si trasferiscono a Sandrigo e, nel 1835, a Vicenza, sempre esercitando la lavorazione e commercio della canapa.
Il primo industriale della stirpe è un figlio di Pietro, Giuseppe, nato a Sandrigo nel 1828. È lui che ammoderna l’azienda acquistando i nuovi telai inglesi e concentra la produzione sulla tessitura. Nel 1875 costruisce un nuovo stabilimento a Cavazzale e, otto anni dopo, la filatura a Debba, che arriva a dar lavoro a 500 operai. Alla sua morte, nel 1889, nei tre stabilimenti di Cavazzale, Debba e Vivaro lavorano 1.000 operai.
Le generazioni si susseguono e il canapificio continua la sua crescita. Giuseppe (il secondo della genealogia), nonno del mecenate, nasce a Vicenza nel 1863. Nel 1888 sposa Teresa Fogazzaro, figlia primogenita del grande scrittore Antonio, nel 1901 il papa Leone XIII gli conferisce il titolo nobiliare di marchese, che nel 1925 gli è riconosciuto anche dal re Vittorio Emanuele III. Entra anche nella vita politica, prima sindaco di Vicenza per un biennio e, dal 1913 al 1919, deputato per il collegio di Thiene-Asiago. Contemporaneamente ai Rossi e ai Marzotto, crea, seppur in dimensioni ridotte, la città sociale: un villaggio operaio, l’asilo infantile e la scuola di lavoro, sale per lo svago degli operai, un teatro, il dopolavoro.
Il successo del canapificio Roi finisce negli anni Cinquanta del Novecento: nel 1955 sono licenziati 420 operai e, due anni dopo, il canapificio chiude definitivamente.
Giuseppe Roi IV (dinasticamente si distinguerebbe così) nasce a Vicenza l’11 febbraio 1924, secondogenito di Giuseppe (III) e di Antonia Lonigo di San Martino. Porta lo stesso nome di padre, nonno e bisnonno, ma tutti lo conoscono con il soprannome di Boso, datogli dal padre dopo aver visto un film in cui il protagonista è un bambino identico al figlio e che si chiama Boso. Trascorre l’infanzia nelle varie residenze di famiglia, frequenta il liceo classico Pigafetta e si laurea in giurisprudenza a Ferrara.
La sua biografia nel sito della Fondazione lo descrive così: “col giovane marchese Boso Roi Vicenza avrà un protagonista di livello internazionale nel mondo sociale e culturale. Uomo affascinante, di grande cultura ed intelligenza, non privo di nobiltà e di mezzi economici, non poteva certamente aver problemi ad essere conteso anche dai personaggi più in vista dell’alta società internazionale”.
Troppo giovane per partecipare alla vita del Canapificio, che cessa l’attività quando lui ha 23 anni, Boso è un protagonista internazionale nella cultura, sia come appassionato (soprattutto di musica) che come promotore di eventi, mostre e spettacoli.
Con Bepi Mazzotti, Renato Cevese e Giovanni Comisso è promotore della battaglia in difesa delle Ville Venete che porta, nel 1958, alla nascita dell’Ente per le Ville Venete di cui è presidente dal 1960 al 1970. È anche il primo presidente della sezione vicentina di Italia Nostra, con vicepresidente Renato Cevese e segretario Remo Schiavo. Fa parte dell’Accademia Olimpica per la Classe di Diritto, Economia e Amministrazione, e, successivamente, in quella di Lettere e Arti.
Il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio ha Giuseppe Roi tra i firmatari dell’atto costitutivo e, nel 1963, ne è presidente e, dal 1964 al 1972, consigliere. Dal 1956 al 1973 guida l’Ente Provinciale per il Turismo di Vicenza.
Il suo atto più famoso di mecenatismo per Vicenza è quello a favore del Museo civico di Palazzo Chiericati, iniziato fin dalla prima metà degli anni Sessanta del Novecento con il restauro delle decorazioni delle sale del piano terreno e proseguito nei decenni successivi con il restauro di capolavori pittorici, l’acquisto di opere di grande interesse per la pinacoteca e il sostegno a tutte le più importanti iniziative espositive e culturali.
Nel 1988 costituisce la Fondazione con finalità di promozione, valorizzazione, divulgazione della cultura e dell’arte e, in particolare, di favorire il Museo Civico di Vicenza e le sedi museali vicentine. Al Museo destina con lascito testamentario 94 opere tra dipinti, disegni, incisioni e sculture di sua proprietà.
Nel 1985 il Comune gli conferisce la Medaglia d’Oro per benemerenze acquisite nell’operare a favore della cultura e del patrimonio artistico, e, nel 1997, assegnata alla Fondazione la targa “Città di Vicenza”.
Boso Roi muore il 25 maggio 2009, la sua Fondazione prosegue la sua attività a favore di Vicenza.
LE LUCI DELLA CITTA’
Il mese che chiude l’anno porta le ultime divisioni tra guelfi e ghibellini in una città che non è esente