Associazione Donne Operate al Seno. La storia di Piera.

Il mese di ottobre da alcuni anni è dedicato alla cura e alla prevenzione del tumore al seno e a volere questa iniziativa è stata l’Andos, l’associazione donne operate al seno fondata a Trieste nel 1976, grazie all’idea di Luisa Nemez che ha lanciato una luce su ciò che fino a quel momento era poco conosciuto, quindi poco studiato, ma colpiva profondamente la donna nel fisico e nello spirito. Allora capitava che una donna si trovasse privata di una parte del suo seno senza sapere perché il chirurgo lo avesse asportato e subiva cure fortemente impattanti sul suo equilibrio fisico e psichico. Non se ne parlava perché si trattava di cancro, parola tabù, un incubo dal quale scappare.
Ebbene questa signora ha pensato bene di superare le barriere della paura e della vergogna per aiutare le “operate al seno” a ritornare a vivere e a sperare. In modo semplice, quotidiano. Avere cura del proprio corpo, curarlo, renderlo ancora bello e desiderabile, ma soprattutto vivere in modo sano e a lungo anche dopo un’operazione che porta con sé sofferenze fisiche e intime.
Luisa era un’insegnante e una giornalista, lei aveva avuto l’idea, ma aveva bisogno della scienza, di chi poteva aiutare dal punto di vista medico. Lo incontrò nella figura del prof. Pietro Pietri e insieme diedero vita al centro Riabilitazione Mastectomizzate. Ben presto si unirono a loro operatori sanitari e donne già operate al seno e ognuno, per quel che poteva, contribuiva al raggiungimento dell’obiettivo di aiutare, fornire tutti gli strumenti necessari per superare e vincere la malattia.
Fra poco si celebreranno i cinquant’anni di vita dell’Andos e molte cose sono cambiate. La medicina ha fatto passi da gigante, le tecniche utilizzate allora si sono perfezionate, le cure sono migliorate, ma soprattutto si è affermata la cultura della prevenzione, la stessa che propone ogni anno l’iniziativa Ottobre Rosa.
Prevenzione significa informare e nello stesso tempo monitorare, offrire cioè alle donne l’opportunità di effettuare una mammografia. Ed è quello che succede nei centri Andos. Se il centro è poi all’interno di una struttura ospedaliera, in accordo con la sanità regionale, la prevenzione diventa routine ed è anche gratuita, perché in ogni caso è sempre meglio prevenire piuttosto che curare.
Luisa Nemez ha dato vita all’Andos nazionale, a livello locale, nell’Ovest Vicentino, il motore di tutto è stata la signora Piera Pozza Frigo, montecchiana.
Incontrarla è un’occasione giornalistica, ma soprattutto un momento di arricchimento interiore di fronte a un limpido esempio di vita vissuta intensamente e soprattutto al servizio degli altri, perché aiutare un’operata al seno significa essere punto di riferimento anche per la sua famiglia, per i suoi figli.

l’accesso esterno

L’incontro con Piera avviene nella sede Andos di Montecchio Maggiore, un ambiente un po’ nascosto lungo il corridoio di accesso laterale al nosocomio, ma che sa di gentilezza. I tanti fiori che lo abbelliscono sia fuori che dentro sembrano dire: ”Entrate che qui si sta bene, qui troverete tutto quello di cui avete bisogno”. E le necessità di una donna operata al seno sono tante. Informazioni prima, prenotazioni di visite specialistiche, linfodrenaggio, sostegno psicologico oltre che medico. E solo chi ha sperimentato il male può veramente fare ciò che serve.
“Mi sono ammalata nel 1997. Andavo da un chirurgo a Vicenza che controllava il mio seno, ma non mi convinceva, così venni a Montecchio, dove già operava il dott. Graziano Meneghini. Durante la mammografia il dott. Antonino Cappello mi consigliò di recarmi in fretta da lui. Era la vigilia di Natale e non sapevo che fare: all’improvviso la vita cambia. Ti prende la paura, ma nello stesso tempo ti chiudi in te stessa, preferisci vivere nell’angoscia, vedi la tua morte ovunque. Meneghini non mi operò subito, cercò prima di tranquillizzarmi, poi a giugno l’intervento che fu la mia salvezza. Oggi posso dire di aver vinto il cancro, ma quello che ho vissuto in quei momenti drammatici non poteva essere dimenticato. Doveva invece diventare l’inizio di un nuovo giorno. Potevo darmi da fare per essere d’aiuto ad altre donne. Io ho avuto il sostegno di mio marito, dei miei figli. Su di me ha sempre vegliato vigile il dott. Meneghini il cui sguardo sapeva indagare dentro alla mia mente per cogliere quello che io avevo paura di dire. Purtroppo non è lo stesso per tante altre!”

La paura è il denominatore comune per molte donne che, temendo responsi negativi, girano lo sguardo da un’altra parte, fanno finta di non vedere il messaggio telefonico che le chiama allo screening, rimandano con il rischio di arrivare, quando è ormai già tardi, a farsi visitare. E allora per affrontare una tale tragedia i centri Andos intervengono con i loro supporti psicologici, accompagnano lungo il duro cammino post operatorio, sostengono e proteggono.

“Nel 1998, ci siamo detti, io e il dott. Meneghini, perché non creare a Montecchio quello che già esisteva a Trieste? Donne che aiutano altre donne, personale medico che si mette a disposizione per vincere un nemico subdolo, ma che se scovato si può sconfiggere. E’ nata l’ Andos Ovest vicentino che poi si è estesa in gran parte della provincia. E’ iniziato un cammino di formazione, perché le donne operate al seno, desiderose di aiutare altre donne come volontarie, dovevano ben sapere come rapportarsi sul piano psicologico e pratico. Grazie a corsi di formazione e convegni, abbiamo imparato tutto quello che c’è da sapere sull’intervento chirurgico e sul post operatorio, ma soprattutto abbiamo imparato ad ascoltare”.

In effetti la sede è il luogo ideale dove la donna in difficoltà può trovare riservatezza, ma anche un senso di protezione. Qui si possono recuperare informazioni riguardo alle parrucche post chemioterapia piuttosto che le bandane copricapo. Si imparano inoltre tecniche di trucco speciale per essere sempre a posto nonostante le cure dolorose. Qui si impara a convivere con un corpo nuovo, ma qui ci si può mettere in gioco, imparare accanto al personale sanitario nel percorso della prevenzione.

“Sono contenta del mio cammino. Se mi guardo indietro mi rendo conto che abbiamo fatto tanto. Ricordo il giorno in cui Meneghini è arrivato a casa mia con il modulo per la richiesta di far partire il centro Andos nell’Ovest Vicentino, perché bisognava fare qualcosa per le donne nel modo giusto. Non ero interessata ai macchinari, volevo azioni precise di aiuto, soprattutto sul piano psicologico, volevo qualcosa di più per quello che chiamavo ‘la mia Africa’: volontarie e medici, questo luogo doveva diventare un punto di riferimento sul piano umano innanzi tutto, poi sarebbero venuti anche gli aiuti in fatto di mezzi e macchinari.

Ora abbiamo tutto, la sede, le sale operatorie dotate di macchinari all’avanguardia, i pulmini che trasportano le signore a fare la radioterapia a Vicenza, organizziamo convegni importanti, ma soprattutto abbiamo le volontarie, donne preparate e formate che vanno in corsia ad incontrare le malate, quelle che si sono specializzate in linfodrenaggio e si affiancano alla fisioterapista che interviene nella nostra sede, quelle che seguono il servizio biblioteca, quelle che vengono qua e si dilettano nel lavoro a maglia e ricamo e producono tante belle cose da vendere nei mercatini di Natale”.

Piera è un gran bell’esempio di solidarietà, una solidarietà intelligente, fatta di tanta umanità, ma anche di visione del futuro, di speranza, perché il cancro si vince grazie alla scienza ma senza la speranza, la solidarietà e il lavoro quotidiano niente arriva in porto.
E l’Andos OvestVicentino, “la mia Africa di Piera”, è diventata una gran bella realtà! E lei, nonostante gli acciacchi, continua a farne parte, continua ad impegnarsi, come Karen Blixen, autrice e protagonista del romanzo, fece per la sua Africa.

Silvia e Piera

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