Di carcere e in particolar modo del carcere di Vicenza ci siamo occupati già qui e continueremo ad occuparci. La situazione è talmente grave che nonostante un colpevole e duraturo silenzio di chi potrebbe affrontare il problema, molto si sta già muovendo, grazie anche alla Camera Penale. Abbiamo incontrato Stefano Tolio, responsabile della sanità penitenziaria dell’ULSS 8, in una conferenza tenuta a Villa Tacchi. Ci ha fatto un po’ il quadro della situazione e non è affatto confortante. “Fino a 15 anni fa il SSN svolgeva le sue funzioni direttamente in carcere. Poi col DPCM del 2008 ci fu il passaggio di competenze alle ULSS. Oggi gli interventi sono tra gli 8 e i 9 mila all’anno. I più frequenti sono dentistici, psicologici e psichiatrici. In carcere di fatto lavora un piccolo reparto medico. All’inizio non pensavo fosse una regola aprire una cartella clinica per ogni detenuto. All’arrivo la casa circondariale funziona come un porto di mare. Il medico segna il passaggio tra quello che c’era prima e quello che viene dopo. Il ruolo del medico/legale è di documentare la condizioni in cui uno arriva in carcere. Tutto quello che succede dopo è responsabilità del carcere. I detenuti arrivano con lesioni, con infezioni, con problemi mentali. La tubercolosi è il primo dei motivi d’urgenza. E poi c’è il tema suicidi. Sta al medico far partire l’allerta alla struttura e poi scatta la stretta sorveglianza”.
Quella che descrive il Dott. Tolio è una società dentro la società fatta di puro disagio e di innumerevoli fattori di rischio. Isolamento sociale, assenza di lavoro, tossicodipendenza, alcolismo, solitudine. “Siamo noi! Potremmo essere noi! È come se mettessimo sotto una lente di ingrandimento tutte le persone in difficoltà. E allora mi chiedo: cosa vuole fare l’istituzione carcere? Il problema è che noi li conosciamo solo nel momento del reato. Come se nascessero solo nell’istante in cui entrano nella mura del carcere”. Quello che si chiede e ci chiede il Dott. Tolio, in sostanza, è se il carcere può essere un anello di una catena che si va a costruire tra il prima e il dopo. “Oggi il carcere – conclude Tolio – agisce secondo logiche lontanissime e le difficoltà individuali si scontrano contro un’istituzione obsoleta. Non viene approfondita e rispettata l’individualità. In questo modo non si riabilita affatto”.
Matilde Greselin è avvocata e membro dell’osservatorio carcere della Camera Penale Vicentina e si occupa di diritto penitenziario. “Abbiamo partecipato a un incontro pubblico, in Sala Consiglio a Palazzo Trissino con la quarta e quinta commissione consiliare con l’intervento della direttrice del carcere dott.ssa Luciana Traetta e della dott.ssa Angela Barbaglio, garante per le persone private della libertà nella casa circondariale e per tutte quelle che sono in stato di arresto. È stata l’occasione per raccogliere alcuni dati. Innanzitutto sul tema del lavoro della polizia penitenziaria perché sono in arrivo nuove unità e un nuovo educatore è stato appena inserito”. Il tema lavoro, ci dice Greselin, è assolutamente centrale per tutti i detenuti ma soprattutto per coloro i quali rimangono relativamente poco in carcere e vedono le partenze di progetti lavorativi molto rallentate. “Esistono tre tipologie di detenuti: alta sicurezza, media sicurezza e collaboratori di giustizia. Per tutti il tema è aiutarli senza stiano lì a non far nulla. Solitamente le persone in attesa di giudizio sono inserite nell’amministrazione a turnazione ma in tempi brevi. I definitivi invece hanno più possibilità. La direttrice dice che verrà inserita una nuova unità contabile che è fondamentale ed in autunno arriverà un comandate stabile”.
“Io penso che le persone detenute possano diventare una risorsa – prosegue Matilde Greselin – quindi investire nel carcere è importante per la società. È gente che deve avere la possibilità di lavorare, con alle spalle talvolta una storia difficile e che merita un’opportunità. Non possono però migliorarsi se non lavorano e se non sono messi nella condizione di reinserirsi perché i numeri di sovraffollamento sono spaventosi, tali da impedire di fatto un’opera trattamentale individualizzata. Poi c’è la questione sanità carceraria che qui a Vicenza è molto valida ma bisogna comunque alzare l’asticella con la psichiatria in modo rapido -ad esempio- visto che i suicidi sono determinati dal sovraffollamento e da tante altre concause e così non si può andare avanti”.
Tornando al lavoro, oggi sono miseramente solo tra i 20 e i 25 gli impiegati tra il forno e la saldatura e gli altri si dividono tra piantoni e amministrazione. Quelli fissi sono questi. Poi ci sono i semiliberi che lavorano fuori dal carcere ma il report della garante approfondirà questi aspetti. “Per il tema dei suicidi il punto nodale è l’assistenza psicologica e creare una varietà di interventi e presa in carico di queste persone. Chi si toglie la vita è mediamente molto giovane o in attesa di giudizio o ha fine pene brevi. Il carcere di Verona ha redatto un protocollo per attenzionare i casi di suicidio ed è importante venga attuato. Vanno valorizzate le persone della penitenziaria che sono a contatto coi detenuti ogni giorno e serve un mediatore linguistico per affrontare il tema dello straniero e per evitare l’isolamento che è la causa principale di grandi disagi. Le etnie più presenti sono albanesi, tunisini e nigeriani e oltre al ruolo del parroco c’è anche un imam per garantire libertà di culto”. Poi c’è il mondo scuola. Matilde ci dice che chi più richiede scolarizzazione di solito sono i detenuti di alta sicurezza e i collaboratori di giustizia. “Io penso siano le persone più interessate perché sono italiani e hanno fine pena più lunghi quindi si può pensare al lungo periodo”. Domani, 25 giugno, presso la Loggia del Capitaniato, avrà luogo una maratona oratoria per sensibilizzare la cittadinanza.