Vicenza Jazz 2023, giorno 6. It Ain’t Necessarily So

Quando i fratelli Gershwin composero quel capolavoro chiamato “Porgy And Bess”, decisero di affidare ad un protagonista nero delle idee assai scettiche sulla religione. Si chiamava Sportin’ Life ed era uno spacciatore di droga di colore, che irrideva la presunta serietà dell’America bigotta. Insomma, di fronte alla pesantezza del perbenismo a stelle e strisce, rispondeva “Ok, d’accordo, sono tutte baggianate”. Le cose non sono mai come sembrano, sono sia peggio che meglio, verrebbe da dire, ma di certo vanno sempre prese cum grano salis. In una Vicenza immersa nell’atmosfera elettorale, con chi gioisce e chi si preoccupa, chi soffre e chi spera, la vita reale scorre in disparte e pare dire “It ain’t necessarily so” al circo politico che si prende troppo sul serio. Il programma del festival per fortuna offre di che meditare e pure spunti per un sano e scomposto divertimento. Alle 21 siamo al Comunale dove un buon pubblico ha il privilegio di immergersi nelle atmosfere sinuose del Tania Giannouli Trio.

Potremmo definire questo trio, un ensemble per due pianoforti e tromba. Questo perché i maghrebini chiamano l’oud, terzo strumento qui presente, il “pianoforte del deserto”. Esso è solitamente costituito da cinque coppie di corde più una di bordone e in questa sua struttura c’è qualcosa che lo rende simile al liuto del nostro passato rinascimentale. Abbiamo imparato a conoscere l’oud attraverso le mani di musicisti come Anouar Brahem, Dhafer Youssef, Rabih Abou Khalil, tanto per citare i più famosi. Le sue corde, risonanti e piene di armonici, evocano gli esotici paesaggi desertici e i suoi silenzi. Proprio il silenzio è il protagonista paradossale del concerto, segnato da una tromba che ricorda tantissimo il lavoro di un gigante come Jon Hassell. Nebbie intossicanti, timbri di spaventosa liricità, sonorità arcaiche e al tempo stesso modernissime.

Il secondo set rappresenta anche l’unico concerto in Italia di Anne Paceo, una band leader, batterista e compositrice francese che si è presto affermata per il suo stile personale e fortemente identificativo. Uno stile che varca i confini della musica jazz, del pop, della musica elettronica e della world music. La bellezza di serate come questa svela anche il controsenso di molte critiche aprioristiche. Se porti artisti molto noti viene fuori che porti “sempre gli stessi”. Se omaggi i giganti della storia allora sei colpevole di “passatismo”. Poi se ti apri a contaminazioni, confini inesplorati e un jazz di ricerca allora diventi subito “elitario”. Ma non è affatto così, it ain’t necessarily so! Un festival contiene stili diversi, suggestioni diverse, rischi e azzardi vicino a proposte più sicure e consolidate. Il pubblico dovrebbe semplicemente fidarsi della bontà della direzione artistica, che in 27 anni è stata di livello decisamente alto, e seguire gli eventi scoprendo quel che non sapeva prima senza per forza cercare la comoda posizione dell’ascolto già digerito. Ma andiamo avanti e usciamo dal Comunale verso il centro.

Al bar Borsa imperversa, come un vento di bora, come un’energica danza, come una risata spalancata sulla notte, il set dei Vertical. Lo ammettiamo, per questa band abbiamo un debole. Già ne abbiamo parlato qui e quando ne abbiamo l’opportunità non ci perdiamo mai un loro concerto. Vedere Toni Gallucci terminare un solo di sax infernale e poi accennare il tema di “Careless Whisper” è ogni volta un’esperienza quasi d’amore. I Vertical suonano da Dio, sono uno spasso da vedere, hanno un’identità forte, non sono mai banali, superano gli steccati dei generi, coinvolgono il pubblico nei loro live fino a portare tutti a ballare, sono un gruppo talmente atipico e fuori dalle mode che è quasi impossibile non esserne fan.

Lasciamo un Bar Borsa strapieno (come sempre) e via verso il Jazz Cafe Trivellato, di nuovo al chiuso del Teatro Astra. Doppio show in programma, una presenza femminile tra i componenti di entrambi i set. Lei si chiama Rita Brancato ed è una delle più promettenti batteriste della scena italiana. Forte di un drumming molto funk e acid, ma anche della capacità di trattare coi guanti il repertorio “sacro” di Gershwin che chiuderà la serata. Prima, i MOI – GEA (da leggersi come “moighea”, si insomma smettila!) progetto tutto nostrano dal grande fascino etno. Ci spiegano loro stessi nome e stile: “MOI- GEA nasce come attività ludico-sportiva nella primavera del 2022. Prevede che quattro giocatori, disposti a semicerchio, interagiscano avvalendosi di una tra due sole tipologie di attrezzo, il sassofono o la batteria. Aspirante disciplina olimpionica, l’attività combina tecniche di improvvisazione volte alla pratica agonistica, ma anche intese come forma di meditazione e filosofia di vita”. Niente da dire, un manifesto surreale il giusto che però illustra quanto questo doppio duo porta sul palco. Due batterie e due sax (uno tenore e uno baritono) che si sfidano in un ring.

Si chiude con i classici e con la THELORKESTRA, Big Band della Scuola Thelonious di Vicenza diretta da Ettore Martin che porta in scena un omaggio a George Gershwin. E ora cosa diavolo vuoi scrivere su Gershwin? Come puoi dire ancora qualcosa su Beethoven, o Caravaggio o Michel Platini? Dai su, lasciamo stare i santi e parliamo solo di noi mortali. Ettore Martin è una vera istituzione in città da diversi decenni, sassofonista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra, nonché ottimo insegnate.

Andiamo verso casa con in cuffia “Un americano a Parigi” e i clacson che Gershwin mise su consiglio di Maurice Ravel, per rappresentare il traffico della ville lumière. Qui tutto tace, non passa neanche una macchina, Vicenza va a letto assonnata così come si era svegliata. Eppure anche oggi, musica stupenda e una comunità di gente che pensa che in fondo le cose serie sono altre, hanno allietato queste vie e queste piazze. Cosa volete sia una croce su una scheda elettorale di fronte all’infinito profondo e viscerale piacere di ascoltare ancora la rapsodia in blu? Siamo seri, la musica è tutto. Il resto è meno, molto meno. It ain’t necessarily so.

Aprile 2024

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