Programma di pura eccellenza quello proposto dalla OTO diretta da Alexander Lonquich. Due giganti come Mozart e Beethoven accostati con due opere a modo loro simili, che segnano un approccio tutto basato sull’armonia e l’equilibrio che Lonquich pare portare avanti. La serata è in realtà iniziata con un altro pilastro della storia della musica: Franz Joseph Haydn e l’overture dell’Armida, una breve composizione che è servita da antipasto per i due piatti forti principali. Dapprima l’ottava sinfonia di Beethoven, composta nel 1812, che in maniera del tutto inattesa lo vedeva tornare indietro agli esordi del suo percorso sinfonico, rifacendosi nuovamente ai maestri classici, Haydn e Mozart soprattutto. Dopo che dalla terza fino alla settima aveva inanellato una serie di sinfonie di inaudita bellezza ed importanza, il Titano pareva ripiegare su se stesso e cercare di chiudere un cerchio che forse le prime due sinfonie aveva lasciato aperto. Soprattutto nel primo movimento (eseguito molto bene dalla OTO) si sente una sorta di dialogo tra un formalismo (per altro mai manierato) che a quel punto egli dominava e la forza impetuosa del dramma beethoveniano che si insinua nel corpo della composizione, altrimenti quasi galante. Qualche inciampo dell’orchestra si è sentito nel quarto e ultimo movimento, dove gli scambi tra fiati ed archi avevano bisogno di più dinamica e di un gioco più marcato sui chiaroscuri.
La poca “muscolatura” dell’ensemble si è fatta sentire anche nel primo movimento dello splendido Concerto per piano n. 24 (K 491) che Mozart compose nel 1786. Il tema iniziale infatti non ha una tonalità e una direzione ben definite, e viene presto ripetuto “forte” da tutta l’orchestra, con un’energia che non ne attenua ma anzi ne sottolinea l’instabilità. Quel “forte” non si è sentito appieno ma l’orchestra (e il Direttore Lonquich al pianoforte) ha ampiamente superato la prova nel terzo movimento, l’eccezionale allegretto in otto variazioni che chiude uno dei più bei concerti del genio viennese.
P.S. molti spettatori (decisamente troppi) hanno applaudito dopo il primo e (un po’ meno) dopo il secondo movimento della sinfonia di Beethoven. Il loro non era entusiasmo irrefrenabile ma scarsa conoscenza delle regole del caso. Riflettiamo sull’educazione musicale del nostro pubblico…